
La storia si ripete. Riflessioni sulle conclusioni del summit europeo
Gli ultimi sei mesi sono al riguardo esemplificativi. A febbraio, si è raggiunto l’accordo per la rinegoziazione del debito greco, dopo che la Bce ha garantito l’iniezione di due tranche di liquidità di più di 1000 miliardi a favore delle banche per compensare le perdite del default controllato della Grecia e dopo che a fine gennaio è stato approvato il Fiscal Compact per imporre vincoli ancor più stringenti alla gestione dei debiti pubblici nazionali, sotto l’egida tedesca. Ad aprile, entra in sofferenza il debito pubblico e il sistema creditizio spagnolo, oggetto di particolare pressione speculativa al pari dell’Italia. La BCE decide allora di devolvere parte del Fondo Salva Stati, che si era nel frattempo costituito con riluttanza tedesca, per finanziare direttamente la ricapitalizzazione delle banche in difficoltà. Si noti che si tratta di denaro pubblico direttamente concesso, senza alcuna garanzia sull’uso e gratuitamente, a mani private: provvedimento salutato immediatamente come salvifico anche dai più sfrenati liberisti. Ma tutto ciò non è bastato e non basta: le medicine prescritte svolgono solo il ruolo di un pietoso pannicello caldo. Nel frattempo, le previsioni congiunturali peggiorano e non può essere altrimenti in presenza di una, questa sì, unica politica economica europea: quella dell’austerity “lacrime e sangue”. La speculazione al ribasso per lucrare sui derivati non può che goderne, soprattutto se lo smantellamento dello stato sociale incrementa ulteriormente il processo di finanziarizzazione privata della vita. A fronte di questa situazione, ecco allora che comincia a diffondersi il mantra della “crescita”, parola magica, che ricorre in ogni documento europeo e nazionale, favorito anche dal cambio di maggioranza politica in alcuni paesi europei e regioni (Francia e Westfalia, ad esempio). In Italia, per crescita si intende ulteriore precarizzazione del lavoro (legge Fornero), incentivi all’edilizia (!!!) e alle imprese, quando sarebbe stato sicuramente più produttivo rendere più equa la distribuzione del reddito e favorire la stabilità del lavoro.
L’indomani del summit europeo, nell’euforia del supposto cambio di rotta riscontrabile nella maggior parte dei commenti da parte della stampa e del pensiero economico-politico mainstream, non si evidenzia abbastanza il punto che in conferenza stampa la signora Merket ha sottolineato come il più importante, ovvero che la possibilità di un eventuale intervento del cosiddetto “scudo anti spread” potrà essere concesso solo dopo che una commissione della troika europea avrà visionato la richiesta e avrà avuto il benestare della Germania. In altri termini, sarà la stessa Germania (che nella Troika economica è quella che detta legge) a deciderne l’attuazione. Il tutto sarà deciso nella riunione “tecnica” del 9 luglio, dove, lontano dai riflettori mediatici, si sancirà il diktat tedesco in materia fiscale. Occorre sottolineare che su questo punto, c’è piena convergenza anche degli altri leader europei, in primo luogo di Monti. Di fatto, l’egemonia tedesca in politica fiscale è già in atto.
Il mantenimento dell’euro è quindi affidato alla rigorosità dell’assolutismo economico in materia fiscale. Nulla di nuovo dunque, se non che il livello di governance si è spostato più in alto e ed è evidentemente gestito in modo totalitario. Un ennesimo tassello di quella poca democrazia formale ancora rimasta sta sparendo, esattamente come era successo con l’imposizione della moneta unica.
La storia tende quindi a ripetersi. Ma dalla tragedia, stiamo sempre più scivolando nella farsa.
Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.