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La Costituente cilena in ginocchio

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La dichiarazione dello stato di emergenza in Cile e in Ecuador è il miglior esempio del fallimento delle cosiddette democrazie. In Ecuador succede dopo che i Pandora Papers hanno rivelato che il presidente Guillermo Lasso ha dei conti nascosti in paradisi fiscali e protegge militari e poliziotti da qualsiasi azione giudiziaria per le loro azioni.

Di Raúl Zibechi

In Cile, il presidente Sebastián Piñera invia soldati, carri armati ed elicotteri da guerra in territorio mapuche, per fermare il recupero di terre da parte del movimento. Questo fatto si verifica mentre la Convenzione Costituente si riunisce per redigere un testo che superi la Carta ereditata dal regime di Pinochet. La cosa più discutibile è che la maggioranza di sinistra della Costituente, i movimenti sociali che ne fanno parte e il settore dei popoli originari che hanno deciso di partecipare hanno fatto solo qualche dichiarazione senza prendere nessuna misura energica contro lo stato di emergenza.

Mesi fa ho detto che la Costituente avrebbe potuto essere la tomba dei movimenti (https://bit.ly/3C0mHuT). Mi sbagliavo. In realtà, la lotta popolare sta mostrando i limiti del processo avviato nel novembre 2019 per dirottare verso le istituzioni la lotta di strada. Il 12 ottobre, la Comunità autonoma di Temucuicui ha diffuso un comunicato in cui descrive la realtà nei termini più chiari. “È la dimostrazione oggettiva del fallimento della Convenzione Costituzionale e dei seggi riservati, nel cui contesto la lotta storica del popolo mapuche è stata relativizzata e ridotta a un’astrazione di popoli; ora, nel pieno della discussione e della proclamazione dello Stato plurinazionale, sono state dichiarate ufficialmente la militarizzazione e la continuazione del genocidio di cui il popolo mapuche è stato storicamente vittima” (https://bit.ly/3mVgTw8).

In un comunicato del 16 ottobre, il Coordinamento Arauco Malleco ribadisce la sua linea storica di “recupero delle terre basata sul controllo del territorio e sulla trasformazione di quei luoghi in modo tale da recuperare spazi vitali per la vita mapuche” (https://bit.ly/3jl8eT0). 

Il testo, firmato da decine di comunità, aggiunge che “il nemico è il grande capitale estrattivista inserito nei nostri territori e non le chiese, né la comune popolazione contadina”, e osserva che la militarizzazione imposta da questo governo fascista risponde alla sostanziale intensificazione del processo di recupero politico e territoriale.

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Di fatto, la dichiarazione dello stato di emergenza mira a frenare il recupero di terre che si è moltiplicato negli ultimi due anni. Infatti, nei primi mesi del 2021 sono state occupate cinque volte più tenute agricole rispetto all’anno precedente, e la mobilitazione del popolo mapuche non fa che ampliarsi.

Possiamo trarre alcune conclusioni da questa deriva dello Stato del Cile, dalla paralisi della Costituente e dalla persistenza delle comunità autonome.

La prima è che il governo di Sebastián Piñera e lo Stato non trovano altre risorse se non quella di ripetere e intensificare la militarizzazione per risolvere un conflitto storico. A medio e lungo termine, non raggiungeranno i loro obiettivi, come sta accadendo ogni volta che compiono atti di repressione. Al contrario, otterranno che crescano il sostegno e la solidarietà nei confronti del popolo-nazione mapuche.

La seconda è il fallimento della Convenzione Costituente. Da un lato, è paralizzata dalla destra e dall’estrema destra che cercano il suo fallimento. Ma soprattutto è paralizzata dalla debolezza di quei costituenti che fanno parte della sinistra e dei movimenti sociali, che non riescono a prendere misure drastiche, almeno altrettanto radicali quanto la decisione del governo di inviare l’esercito in territorio mapuche.

Piñera ha seguito l’onda dei camionisti che hanno paralizzato il traffico nel sud e che esigono misure contro l’incremento del sabotaggio mapuche dei trasporti. Un sindacato di estrema destra, che vive della spoliazione del territorio da parte del modello estrattivo delle grandi piantagioni di pini per l’esportazione.

Ma il fallimento della Convenzione è anche la sconfitta della grande manovra per ricondurre la lotta nelle strade all’ovile delle istituzioni, uno sforzo in cui si è distinto Gabril Boric, il candidato della sinistra alla presidenza nelle prossime elezioni di novembre. A rigor di termini, Boric ha tradito la lotta di milioni di persone contro il modello post-Pinochet, dal momento che ha firmato un Accordo per la Pace Sociale e una nuova Costituzione senza consultare nemmeno il suo stesso partito.

La terza conclusione è quella fondamentale: come dimostra l’ampia mobilitazione del 18 ottobre, nel secondo anniversario della rivolta, ampi settori della gioventù cilena stanno ricominciando a scendere in strada per esprimere il loro rifiuto del neoliberismo militarista cileno. Ci sono stati due morti, ma Boric ha condannato fermamente i danneggiamenti, i saccheggi e gli scontri (https://bit.ly/3G1gT6L). 

È chiaro che se diventerà presidente continuerà con l’estrattivismo, continuerà a militarizzare il territorio mapuche e reprimerà con la stessa durezza coloro che continueranno a dimostrare per le strade.

22 Ottobre 2021

La Jornada

Traduzione a cura di Camminardomandando.

tratto da Comune-info

 

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