Come l’industria mineraria prevede di trarre profitto dalla transizione energetica/1
E’ probabilmente raro che la maggior parte di noi ci ragioni sopra con cadenza quotidiana, ma la manciata di società transnazionali che dominano l’industria mineraria svolge un ruolo chiave nel fornire i materiali per i beni che ogni giorno usiamo, dagli smartphone al cibo.
I loro profitti derivano dal loro ruolo nella produzione di questi beni: il controllo dell’estrazione di minerali, a partire dalle vaste catene di approvvigionamento globali che si estendono dai paesaggi minerari cileni e congolesi fino – nel caso degli smartphone – alle nostre tasche.
di Mads Barbesgaard e Andy Whitmore da EcorNetwork
L’Agenzia internazionale per l’energia ha affermato che, affinché la transizione energetica possa avvenire, è vitale un massiccio “aumento degli investimenti in nuove strutture minerarie e di lavorazione“.
Ciò riguarda in particolare i cosiddetti “minerali di transizione”, ad es. elementi come rame, nichel, manganese, litio, cobalto e terre rare, che dovrebbero far fronte alle carenze dell’offerta causate della loro importanza per la produzione e l’espansione delle tecnologie dei combustibili non fossili, dalle turbine eoliche alle batterie dei veicoli elettrici.
Per le società minerarie che estraggono e forniscono questi minerali questa prospettiva futura promette enormi profitti potenziali e, di conseguenza, stanno attualmente elaborando strategie su come trarre vantaggio dall’aumento della domanda.
Ma che aspetto hanno queste strategie e quali sfide sollevano per coloro che sono impegnati nelle lotte contro il capitale minerario?
‘Ogni cosa inizia con l’attività mineraria’ [1]
Come per qualsiasi settore, è importante distinguere tra le dimensioni delle imprese, perché le imprese di dimensioni diverse hanno diversi tipi di strategie a loro disposizione nel loro perseguimento del profitto.[2]
All’interno del settore minerario, una distinzione in base ai diversi livelli di capitalizzazione di mercato ed alle quote di mercato del prodotto può essere fatta tra quelle che sono chiamate major, mid-tiers e juniors.[3]In questo articolo, ci concentriamo principalmente sulle attività delle major, le imprese transnazionali su larga scala. Escludiamo anche le principali società minerarie cinesi di proprietà statale.
Come avviene per tutte le società sotto il capitalismo, la produzione è sempre avviata sulla base del profitto potenziale’.[4]
Per questa manciata di società transnazionali, l’attuale gergo predominante alla recente COP26 intorno alla necessità di una transizione energetica’ promette enormi profitti potenziali.
Come ha recentemente osservato l’amministratore delegato della più grande società mineraria del mondo BHP, “la decarbonizzazione è un’attività ad alta intensità di metalli”.[5]
E di certo ha ragione.
Sebbene le allegre dichiarazioni celebrative sul tasso di progressione verso le fonti di energia rinnovabile siano spesso eccessive[6], anche l’attuale crescita insufficiente sta provocando un aumento della domanda di minerali.
Dal 2010, la quantità media di minerali necessaria per ogni nuova unità di capacità di produzione di energia è aumentata del 50% grazie all’aumento della quota di energie rinnovabili.[7]
Se, come sostiene l’Agenzia Internazionale dell’Energia, la quota delle energie rinnovabili continuerà ad aumentare, insieme al previsto passaggio ai veicoli elettrici, ciò significherà che l’aumento dell’ investimento in nuovi impianti minerari e di trasformazione sarà vitale.[8]
Questo perché l’espansione delle tecnologie a combustibile non fossile – dalle turbine eoliche alle batterie nei veicoli elettrici – richiede i cosiddetti minerali di transizione, ad es. rame, nichel, manganese, litio, cobalto e terre rare. Una tipica auto elettrica richiede sei volte la quantità di minerali di un’auto convenzionale, e un impianto eolico onshore richiede nove volte più risorse minerali di una centrale elettrica alimentata a gas.[9]
L’industria mineraria sta attualmente elaborando strategie su come trarre vantaggio da questo aumento della domanda attraverso la rapida espansione della sua produzione, pretendendo anche di ridurre il suo coinvolgimento nella produzione di combustibili fossili.
Qualsiasi espansione estenderà la già vasta scala globale delle operazioni delle società minerarie transnazionali. In genere pensiamo all’estrazione mineraria solo in termini di siti specifici di estrazione, ma l’industria mineraria di oggi comprende le infrastrutture logistiche correlate, i corridoi transoceanici, le reti di intermediazione finanziaria e geografie del lavoro.[10]
Come esemplifica Martín Arboleda, tracciando il rame dal punto di estrazione in Cile attraverso la raffinazione e la produzione fino al consumo finale e all’utilizzo:
“I camion e le scavatrici che lavorano a quasi 4.000 metri sul livello del mare mettono il metallo in un treno semiautomatico, che poi lo porta in un impianto di fusione ed elettroraffinazione, dove i forni computerizzati lo trasformano in catodi di rame.
I catodi vengono messi nei container e inviati a uno dei megaporti dell’industria mineraria nel deserto di Atacama, dove le gru issano il carico su una nave portacontainer. Dopo aver attraversato il Pacifico, il nostro container viene scaricato dalla rapidità dei vasti sistemi meccanici dei porti cinesi ad alta intensità di capitale.
Infine, i catodi di rame finiscono in una delle famigerate fabbriche scure del delta del fiume Zhū Jiāng. Qui, i robot e le macchine utensili a controllo numerico (CNC) operano al buio, trasformando il rame in fili che centinaia di migliaia di lavoratori umani nelle fabbriche di assemblaggio di elettronica in seguito incideranno nei gadget elettronici che portiamo nelle nostre tasche”.[11]
Questa immensa infrastruttura ha già significative implicazioni socio-ambientali nelle aree geografiche associate, modellando la vita e l’ambiente di coloro che ne sono coinvolti, dai contadini diseredati in Cile ai lavoratori migranti in Cina. In che modo queste e altre aree geografiche, vite e ambienti in tutto il mondo saranno influenzati dalle strategie delle major mentre cercano di posizionarsi per beneficiare della transizione energetica?
Pensare a tali implicazioni richiede prima di tutto un esame delle strategie che le compagnie minerarie stanno implementando. Come ha affermato la presidente del TNI, Susan George, lo studio dei ricchi e dei potenti può aiutare i movimenti sociali a sviluppare contro-strategie. Quanto segue esamina più da vicino gli investimenti attuali e le strategie politiche dell’industria mineraria e conclude sollevando questioni pertinenti per le strategie dei movimenti sociali. (Continua)
Smoke and Minerals: How the mining industry plans to profit from the energy transition
Mads Barbesgaard ed Andy Whitmore
Transnational Institute e London Mining Network
Amsterdam/London, Giugno 2022, pp. 20.
Note:
[1] Citazione dell’amministratore delegato della BHP. Intervista durante il Mining Summit del Financial Times (FTMS), 07.10.2021.
[2] Vedi: L. Campling’s, The corporation and resource geography (p. 190) in (eds.) Himley, M., E. Havice and G. Validivia, The Routledge Handbook of Critical Resource Geography, London: Routledge, 2021.
[3] Per la distinzione fra major, mid-tier, junior , vedi: e.g. Julie de los Reyes, Mining shareholder value: Institutional shareholders, transnational corporations and the geography of gold mining, Geoforum, 84, 251-264, 2017.
[4] Shaikh. A, Capitalism: Competition, conflict, crisis, Oxford, Oxford University Press, p. 615, 2016.
[5] Intervista durante il Mining Summit del Financial Times (FTMS), 07.10.2021.
[6] Vedi: Sweeney et al., Energy transition or energy expansion?, Amsterdam, TNI & Trade Unions for Energy Democracy, 2021.
[7] International Energy Agency, The role of critical min[7]erals in clean energy transitions, IEA World Energy Outlook Special Report, France, IEA, 2021, p. 5.
[8] International Energy Agency, World Energy Outlook 2021, France, IEA, 2021.
[9] International Energy Agency, The role of critical min[9]erals in clean energy transitions, IEA World Energy Outlook Special Report, France, IEA, 2021, p. 5.
[10] Arboleda, M., Planetary Mine: Territories of extraction under late capitalism, London: Verso, p. 5 11 Arboleda, 2020, p.16.
[11] Ibidem, p. 16.
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