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Anonymous attacca azienda Usa produttrice di lacrimogeni Cs

Tratto da E – Il Mensile Online


Il cyberattacco, che ha messo temporaneamente fuori uso il sito dell’azienda del gruppo Carlyle, è stato sferrato in occasione dell’anniversario della prima violenta repressione poliziesca delle proteste popolari in Bahrain, condotta con un massiccio uso di candelotti prodotti proprio dalla Combined Systems Inc. (ex Combined Technical Systems).

Lo scopo dell’azione era infatti denunciare i profitti che questa azienda di Jamestown (Pennsylvania) ha fatto e continua a fare vendendo i suoi prodotti antisommossa alle brutali forze di sicurezza di regimi come quello del Bahrain, Egitto e Tunisia, che impiegano i gas Cs per reprimere le proteste abusandone a tal punto da provocare spesso la morte per asfissia dei dimostrati.

I lacrimogeni Cs (a base di ortoclorobenzalmalononitrile) sono un’arma da guerra chimica (lo ha riconosciuto anche la Cassazione italiana in una sentenza del 30 gennaio 1982) il cui uso militare è espressamente proibito dalla Convenzione internazionale sulle armi chimiche del 1997.

Ciononostante, in molti Paesi le forze di polizia ne fanno regolare uso a scopo di ordine pubblico: non solo i regimi arabi e tante dittature militari, ma gli stessi Stati Uniti o l’Italia. La polizia italiana ha sparato candelotti Cs a Genova nel 2001, a Terzigno nel 2010, in Valsusa e a Roma nel 2011. Solo per citare i casi più noti.

Il principale produttore italiano di granate Cs è l’azienda abruzzese Simad, di Carsoli (AQ). Nella pagina del suo sito web dedicata agli ‘artifizi antisommossa’ i gas Cs “che producono una temporanea capacità anatomico-funzionale causata dalla forte azione sulle membrane mucose e sugli organi della vista e della respirazione” sono considerati “un mezzo moderno ed umano per le operazioni antisommossa”.

Stando alle cartucce rimaste a terra in Valsusa, le forze dell’ordine italiane sono dotate anche di lacrimogeni Cs di produzione francese, fabbricati dall’azienda Nobel Sécurité di Finistère, in Bretagna.

 

Enrico Piovesana

 

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