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Violenza di genere e il potere che si autoassolve

Questa mattina i maggiori quotidiani nazionali riportavano la notizia degli abusi sessuali subiti da una giovane donna in una caserma nella periferia romana. Trattenuta dopo un arresto per furto, la notte tra il 23 e il 24 febbraio la donna è stata stuprata da un carabiniere e da un vigile urbano mentre altri due carabinieri stavano a guardare. I quattro uomini sono ora indagati per violenza sessuale, ma già si scatenano le retoriche autoassolutorie.

Le parole, come sempre, sono indicative. Il sindaco di Roma si dice “sconcertato” (!?) e rassicura tutti dicendo che “eventuali mele marce non possono incrinare la fiducia che i romani hanno nei confronti dei carabinieri”. Questi ultimi, dal canto loro, si dicono “imbarazzati” (!?) e garantiscono di fare chiarezza sula situazione.

La situazione, in realtà, è chiarissima. Conosciamo bene la violenza di genere, ancora più feroce se protetta da rapporti di forza radicalmente asimmetrici, come nel caso di una donna rinchiusa e abusata da tre uomini difesi dalle loro divise e dalle mura di una caserma. Mura e divise che non li proteggono soltanto mentre commettono la violenza, ma che cercano di sottrarli da ogni responsabilità. Mura e divise che permettono loro di perseguire una linea difensiva insopportabile che non si premura di negare i “rapporti sessuali”, ma che li definisce “consenzienti”. La donna infatti – secondo i quattro uomini – avrebbe mostrato la sua accondiscendenza.

La vittima diventa così un’imputata: la macchina della giustizia, per fare chiarezza, dovrà verificare se effettivamente la donna era consenziente oppure no. Ma se una donna si reca sconvolta in ospedale e denuncia uno stupro, resta forse un dubbio su quale fosse la sua volontà? Eppure sarà sottoposta a interrogatori, da sola contro quattro uomini pronti a spalleggiarsi tra loro. Sarà costretta provare/giustificare il suo NO. Ogni suo gesto usato contro di lei, ogni sua parola messa in dubbio. La sua voce cancellata, la sua volontà annichilita una seconda volta.

Faremo di tutto perché quella voce non venga soffocata. Nessuno ci convincerà con la logica delle “mele marce” perché sappiamo quanto ricorrenti siano questi episodi di violenza. Nessuno ci annebbierà con la retorica degli accertamenti perché sappiamo come certi rapporti di potere vengano reiterati nella prassi giuridica. Nessuno ci consolerà con il pretesto dell’eccezione perché sappiamo che la violenza sulle donne non è mai un fatto isolato di cronaca, ma un prodotto sociale.

Laboratorio Sguardi sui Generis

http://sguardisuigeneris.blogspot.com/

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