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Torino: il popolo nigeriano in piazza per dire #EndSars, un reportage

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Il 25 ottobre 2020 in Piazza Castello a Torino, c’è stata una manifestazione in solidarietà al popolo Nigeriano che nell’arco di questo mese sta protestando contro il governo di Buhari e la corruzione sistemica presente all’interno di ogni apparato istituzionale, tra cui le forze dell’ordine. Le manifestazioni hanno contato molte vittime perchè l’esercito ha sparato sulla folla.

La manifestazione ha visto, nei momenti di più alta partecipazione, attorno alle 2000 persone. Quasi tutti immigrati dall’ Africa, principalmente nigeriani. L’età dei partecipanti era assolutamente eterogenea, ma va sottolineato che erano presenti moltissimi giovani, nati o cresciti qua con genitori nigeriani.

Di seguito un brevissimo riepilogo di quanto sta succedendo in Nigeria e un racconto soggettivo della piazza Torinese, in dialogo con alcune interviste rilasciate durante la manifestazione.

COSA SUCCEDE IN NIGERIA?

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Dal 7 ottobre in tutta la Nigeria migliaia di persone sono scese in strada per chiedere l’abolizione del reparto SARS della polizia.

Cos’è la SARS?
La sigla significa Special Anti-Robbery Squad, un reparto antirapina che dalla sua nascita nel 1992 viene accusato dalla popolazione di essere uno tra i più corrotti.
Da anni infatti si sono ripetute le proteste contro gli omicidi, gli stupri e i sequestri della SARS.

Dopo la diffusione della notizia dell’ennesima esecuzione da parte dei polizziotti le persone hanno iniziato a moblitarsi per chiederne l’abolizione, è stato forte il protagonismo delle donne nigeriane stanche degli abusi subiti.
Dalla prima fase le proteste hanno coinvolto migliaia di persone in tutto lo stato, in tutto il mondo personaggi famosi hanno dato il proprio appoggio alla popolazione, i calciatori Victor Osimhen e Nwanko Simy dopo aver segnato un gol hanno mostrato una maglietta con scritto #endpolicebrutalityinnigeria.
Fin da subito il presidente Buhari ha represso con violenza le manifestazioni che comunque non hanno smesso di crescere.

Il 20 Ottobre durante il blocco del casello autostradale di Lekki a Lagos l’esercito ha sparato sulla manifestazione uccidendo divere persone e ferendone centinaia.
La popolazione non ha interrotto le manifestazioni ma anzi con ancora più rabbia ha ripreso le strade, allargando le proprie rivendicazioni contro il presidente Buhari.
La solidarietà alla Nigeria in questi giorno arriva da tutto il mondo, come è successo a Torino ieri moltissime piazze si riempiono in favore della popolazione nigeriana.

LA PIAZZA A TORINO

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Dalle tre di pomeriggio Piazza Castello comincia a riempirsi di gente e il via vai continua a crescere senza fermarsi oltre il tramonto fino a quasi le sette di sera.

Nei momenti di massima partecipazione si arriva a toccare la partecipazione di 2000 persone.

Sventola la bandiera della Nigeria, ci sono tante facce dipinte. Le persone che animano la piazza sono tutti Neri. Una maggioranza più che schiacciante. Dei pochissimi bianchi che ci sono non si capisce se sono solidali, curiosi o gente che passa di li per caso. Sono moltissimi i nigeriani, ma sono presenti anche molte persone provenienti da altri stati dell’Africa. Si tratta di immigrati di prima e di seconda generazione. Ognuno scende in piazza con sue modalità diverse e creative, portando qualcosa: bandiere, cartelli, carretti, bici cargo. La quantità di casse blutu è indescrivibile. Al centro della piazza c’è un palco improvvisato (non si capisce se con un carretto o altro) su cui decine e decine di persone si danno il cambio per tenere discorsi, raccontare la situazione in Nigeria, riportare la testimonianza di un parente lontano fisicamente ma vicino con il cuore, lanciare slogan o intonare canzoni. L’epicentro della manifestazione è quello ma l’aria intorno è elettrica, eccitata e dinamica.
Non parte un corteo per la città, ma in compenso le persone che partecipano al presidio continuano a muoversi facendo cortei in giro per la piazza. I comizi si moltiplicano: qualcuno sale su una panchina o anche rimane fermo esponendo un cartello e comincia a parlare. Subito viene circondato da decine telefoni che riprendono. A parlare le persone si danno il cambio continuamente. Alcuni ballano e suonano, per poi farsi seri per spiegare ai passanti che centinaia di persone in Nigeria stanno morendo per mano della polizia e per la mala gestione di un pessimo governo.

Si parla in pidgin english, o in inglese, qualcuno parla anche in italiano. Ci sono signore e signori anziani, di mezza età, giovani adulti, ma anche moltissimi/e ragazzi/e giovanissimi/e, che pur essendo nati in Italia (o arrivatici giovanissimi/e) sentono di scendere in piazza per qualcosa che li riguarda.

La manifestazione era chiamata per esprimere la solidarietà al popolo Nigeriano che sta protestando per chiedere le dimissioni del presidente e la fine di un’ organizzazione dello stato basata sulla corruzione a tutti i livelli. Ma la piazza che si è vista non era solamente un’attestato di solidarietà al popolo Nigeriano, ma ERA il popolo Nigeriano. Gli interventi dal palco erano tutti in prima persona, diretti contro Buhari e contro la SARS. La lingua che si sentiva parlare era principalmente peegee english.

Probabilmente nella storia di Torino, Piazza Castello non aveva mai visto così tanti nigeriani tutti assieme. Qualcuno scherzando diceva “Piazza Castello is the New Nigeria”.

Già da un primo colpo d’occhio si capiva quindi che non si trattava di una manifestazione di solidarietà a qualcosa di lontano, ma una manifestazione che riguarda in prima persona tutti/e i/le partecipanti. Sicuramente la vicinanza è dovuta innanzitutto a una questione di appartenenza e vicinanza emotiva: molti conoscenti, partenti amici di chi si trova in Piazza Castello stanno prendendo parte alle proteste.

Ma non è solo quello: la forza propulsiva delle proteste, la voglia di far saltare il governo e di costruire un paese migliore per la prima volta rappresenta il barlume un’alternativa tra restare nel proprio paese, che si ama, tra i propri affetti e radici ma con prospettive di vita difficili, o emigrare e sperare di accedere a un futuro migliore, se non per se stessi almeno per i propri figli.

“Noi chiediamo i nostri diritti, siamo qui per manifestare, perchè abbiamo un cattivo governo. I cittadini non sono trattati bene nel nostro paese. Il governo non si comporta nel modo in cui dovrebbe. E’ molto meno preoccupato dei suoi cittadini che delle proprie tasche. Pensano solo a se stessi. Siamo qui anche per chiedere aiuto per costruire una Nigeria migliore.

[..] Uno dei grandi problemi della nigeria è che c’è un gap troppo alto tra chi è ricchissimo e chi è molto povero. C’è una pessima distribuzione delle risorse, non esiste nemmeno una classe media a cui è possibile accedere. I poveri diventano sempre più poveri ogni giorno, i ricchi diventano sempre più ricchi ogni giorno. Questa è una cosa molto grave. E’ questo il motivo per cui molta gente va via.”

[Intervista a donna attorno ai 40 anni, rilasciata in inglese e successivamente tradotta]

A partire dallo slogan “STOP SARS” il tema si allarga a quello del mal governo e mala gestione dello stato della Nigeria, come molti altri stati in Africa. Un governo corrotto, che invece di guardare agli interessi dei cittadini nigeriani, si è impegnato per anni solo a svendere le risorse dell’Africa ad altri stati.

Questa gestione malata ha portato all’impoversi sempre maggiore della popolazione e all’impossibilità ad aspirare a una vita dignitoasa. Ciò rappresenta una delle principali cause dell’emigrazione verso l’Europa.

Le proteste di questi giorni trasmettono la voglia di una cambiamento totale e radicale. Le parole che si sentono in Piazza Castello sono piene di entusiasmo e di energia, traspare l’orgoglio per il proprio popolo che si ribella a un governo oppressivo e corrotto. Si sente la speranza di una vita dignitosa in Africa per la gente comune. Traspare la voglia di partecipare e prendere parte in prima persona a quello che sta accadendo.

“In Nigeria we says END. End Sars, end police brutality, end bad governament, end Buhari, end bad leaders in Nigeria, we don’t need it anymore. We want to grow up. We are the soul of Nigeria. We want go back to Nigeria to take care of our country. We are coming back to take care our country. Buhari trembels.”

Traduzione:

In Nigeria noi diciamo BASTA. Basta Sars, basta alla brutalità della polizia, basta cattivi governi, basta Buhari, basta cattivi leades in Nigeria, non abbiamo bisogno di loro mai più. Vogliamo crescere. Siamo noi l’anima della Nigeria. Vogliamo tornare in Nigeria e occuparci del nostro paese. Stiamo tornando in Nigeria per avere cura del nostro paese. Buhari trema.

[estrapolato di uno dei tanti comizi spontanei dentro la Piazza]

Una delle istanze che si impone in maniera forte è quella dell’istruzione come diritto fondamentale. E’ uno dei problemi più gravi, che spinge molte persone a emigrare per se stessi (in caso di ragazzi molto giovani) o per i propri figli.

“ We are here to protest about bad leaders. We, nigerians, we don’t have good right, we don’ have good root, no good education. My country is not good. The leaders take their children to London, to Europe to have a good education but we, the nigerians, the common people, they don’t care about us, they don’t care about our education.

[..] We have to protest against the governament who oppres us. “

Traduzione


Siamo qui per una protesta contro i nostri leader. Abbiamo un pessimo governo e noi in Nigeria non abbiamo buoni diritti, non abbiamo una buona educazione. I figli dei leades, vengono mandati in Europa , a Londra per avere una buona educazione. Però noi, la gente comune, a loro di noi non interessa nulla, della nostra educazione.

[..]Stiamo protestando contro il governo che ci sta opprimendo.

[Intervista a un ragazzo attorno ai 20 anni, in Inglese]

“Mi chiamo X e ho 13 anni, io voglio protestare per il mio paese, la Nigeria, e per tutta l’Africa. Perchè sta succedendo questa cosa in tutta l’Africa, ma specialmente in Nigeria, che i poliziotti stanno diventando sempre più aggressivi e uccidono le persone. E’ successa questa cosa perchè hanno iniziato a protestare per cambiare il presidente. [..] Sta succedendo questa cosa in Africa, vedo molte persone che non conoscono questa cosa, ma per favore se ci volete aiutare, tutta l’Africa, tutti i Neri, dite END SARS. Vi prego aiutateci, per cambiare tutta l’Africa. Come sapete c’è molta povertà , nessuno ha cibo, i bambini della mia età non possono più andare a scuola a studiare… sapere questo mi fa molto male… Io ho 13 anni e dico end sars.. i stand with my country.. “

[Intervista a una ragazza di 13 anni, in Italiano]

In queste interviste esce in maniera evidete come le proteste per le dimissioni del governatore della Nigeria Buhari e la questione dell’immigrazione siano due facce della stessa medaglia: l’accesso a una vita dignitosa in Africa per le persone comuni.

LE SECONDE GENERAZIONI DENTRO LA PIAZZA

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Un dato molto interessante della piazza di domenica è la presenza di moltissimi/e ragazzi/e di seconda generazione. Anche per loro questa protesta è la LORO protesta. Per il LORO paese. Rilasciano le interviste in italiano, ma parlano tra di loro in inglese. Passano da una lingua all’altra. Molti sono nati e/o cresciuti qua, e vi hanno frequentato le scuole. Ma in quella piazza non ci sono dubbi su qual’è la loro appartenenza: il popolo nigeriano. Il popolo nigeriano che si ribella e protesta contro il presidente, contro la polizia corrotta e violenta, per condizioni di vita migliori e per l’istruzione. E’ una protesta che tocca i loro parenti, vicini e lontani. I loro coetanei. Sanno che se i loro genitori non avessero fatto la scelta coraggiosa e difficile di partire e cambiare stato loro sarebbero li, in quella protesta a pretendere esattamente quelle cose.

E’ ovvio: quella non è la loro unica appartenenza. L’identità di un/una ragazzo/a di seconda generazione è qualcosa di molto complesso, delicato, a volte doloroso. La ricerca di un identità se sei nato in Europa e i tuoi genitori sono Africani ti mette di fronte a uno scontro di culture, spesso provoca una repulsione per entrambe, oltre che una doppia appartenenza.

I/le ragazzi/e di seconda generazione parlano in prima persona, della loro gente, del loro paese, dei loro diritti. Anche se è un paese in cui hanno passato poco tempo, non ci sono nati, non ci hanno frequentato la scuola.

Anche se apparentemente può sembrare strano, questo è un dato che restituisce la complessità e l’intensità di quello che vuol dire essere un/una ragazzo/a di seconda generazione.

In casi come questi esse ragazzi/e di seconda generazione è una forza. Quella di essere un ponte, un veicolo di comunicazione tra mondi che sembrano lontani, ma sono collegati a filo stretto da rapporti economici neocoloniali e dalla questione dellemigrazioni.

Nel cuore di questi/e ragazzi/e questi due mondi sono vicinissimi, e la forza della loro voce, dei loro racconti in prima persona è in grado di spiegare con un’ immediatezza unica i temi e le proteste che sono importantissimi per la Nigeria e le ripercussioni che hanno in Italia.

“Come dicevo in non sono nato li. Sono nato e cresciuto qui in Europa, ma per un ragazzo con genitori Nigeriani, quella è casa anche se magari ci sei stato poco. La Nigeria ti lascia qualcosa dentro, un senso di appertenenza troppo profondo. Il legame che ho è forte perchè gran parte della mia famiglia è li, conosco la lingua, il cibo, le tradizioni…

Sento che la Nigeria ha bisogno di nuovi spiriti e nuove menti, giovani, pronte a cambiare. Sono orgoglioso della nuova generazione che vuole cambiare le cose. Sento una spinta emotiva a “tornare” li, congiungermi con la mia famiglia, e far parte di questa nuova generazione che vuole un cambiamento.

[…]Io come figlio di immigrati cresciuto in Italia sento di avere uno sguardo sia interno che esterno rispetto alla Nigeria, è strano…

[..]Trovo assurdo che a 60 anni di distanza dall’indipendenza, in Nigeria non c’era ancora stata una rivolta. “

 

[intervista a un ragazzo attorno ai 25 anni, cresciuto in Italia da genitori nigeriani, che ha avuto i suoi primi documenti a 17 anni]

Il dato importantissimo che ci restituisce questa piazza italiana è che, in questo mondo globalizzato, dove le migrazioni sono uno dei fenomeni di mutamento sociale e trasformazione principale, se qualcosa succede lontano da noi, ci riguarda comunque da vicino.

 

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