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Sulla lotta per la casa e sulla fase di movimento in Spagna: intervista alla PAH di Barcellona

 

Ciao e benvenuta a Palermo Lucia. Innanzitutto vorremmo chiederti di parlarci della PAH, come nasce e quale il suo percorso di crescita.

La PAH nasce nel 2009, in seguito all’esplodere della crisi, organizzando le lotte per la casa già presenti nei territori nelle sue varie forme (collettivi politici, associazioni, etc). Ma il radicamento e la presenza della PAH sono notevolmente aumentate in questi anni (esistono 230 PAH all’oggi in tutta la Spagna), grazie principalmente a due fattori: il devastante impatto della bolla immobiliare e dei mutui privati (il mercato degli affitti è un fenomeno marginale in Spagna e circa il 90% della popolazione vive in una casa di proprietà) che ha colpito e impoverito un’ enorme fetta di ceto medio e non solo; e i movimenti degli Indignados e del 15M , che ci hanno lasciato (in eredità) un più ampio attivismo politico e partecipativo.

All’incontro di sabato al centro sociale ci hai proposto un interessantissimo video sulla PAH e sulle forme di lotta portate avanti. Vorremmo ce ne parlassi per i nostri lettori.

Innanzitutto il primo incontro collettivo e assembleare con chi perde (o sta per perdere) la casa e mantiene il debito dell’ipoteca anche dopo la restituzione alla banca dell’immobile (a differenza che in Italia), ha una funzione quasi di “terapia”. Anche se all’oggi il dibattito pubblico e mediatico sul diritto alla casa ha visto un’ importante crescita e attenzione, chi perde la casa perché non più in grado di pagare il mutuo con le banche e viene sfrattato (sono stati più di 500.000 gli sfratti eseguiti negli ultimi 5 anni in Spagna, uno ogni 15 minuti), vive una certa “intrinseca ed etica colpa”(costruita e aggravata dalle campagne mediatiche del governo). Il primo passo allora, per chi si rivolge direttamente a noi, è quello di vero e proprio incontro e confronto in grado di trasformare questa “colpa” in attivismo alla lotta che identifichi le banche e il governo come i veri responsabili.

La lotta quotidiana è fatta di picchetti antisfratto, occupazioni delle banche responsabili, occupazioni a scopi abitativi e iniziative come i cortei di denuncia pubblica del disastro sociale che le banche protette dal governo portano avanti. Un importantissimo ruolo della PAH è quello di sfruttare tutte queste attività e pressione sulle banche per esercitare un vero e proprio potere di trattativa con le stesse.

In che senso, spiegaci meglio.

I nostri intermediari contrattano tutto con le banche: la possibilità di rinviare o evitare lo sfratto, la drastica riduzione se non cancellazione dell’ipoteca, la diminuzione o cancellazione degli affitti (da un po’ di tempo ci preoccupiamo anche di sfratti per morosità in continuo aumento), l’immediata individuazione di una soluzione alternativa – anche solo temporanea – per le famiglie che rimangono senza un tetto sotto cui vivere.

Quali i risultati di tali pratiche? Inoltre ti chiediamo di spiegarci il ruolo e il peso nei vostri percorsi di lotta di quella che nel movimento italiano per il diritto alla casa è “la” pratica maggiormente diffusa, ovvero quella dell’immediata riappropriazione con l’occupazione.

I risultati si ottengono, soprattutto si riesce quasi sempre ad ottenere, anche se temporaneamente una soluzione per chi è sfrattato.

La PAH occupa (a scopo abitativo) degli stabili di proprietà delle banche, vuoti e sfitti (sono circa 30 le occupazioni in tutto il Paese); e anche in quel caso, dopo l’occupazione parte la trattativa con la banca interessata (molto spesso si riesce a ottenere, anche tramite mediazione delle istituzioni comunali, il pagamento di un affitto che non superi il 30% del reddito familiare); ma in generale questa è una pratica che manteniamo come ultima possibilità. Molto più spazio e tempo dedichiamo alle occupazioni e azioni contro le banche.

Volendo invece allargare un po’ i termini della discussione, e riconoscendo la capacità della PAH di creare sia una notevole attenzione mediatica che un’effettiva “massa critica” sulla questione della casa e del debito ipotecario, quanto l’organizzazione guarda e si interessa ad altri ambiti di movimento e di lotta? O meglio, volendo essere molto diretti e concreti: a partire dal fatto che a nostro modo di vedere individuare la controparte in banche e governo al momento descriva di per se una lotta antisistema, quanto la PAH si pone il problema di cambiare radicalmente questa società e questo sistema appunto?

Si guarda poco alle altre lotte, a volte è già difficile far superare paure e timori a chi lotta con noi quando si utilizzano alcune pratiche.

Negli ultimi mesi stiamo seguendo ad esempio quella che è la lotta sulla “questione energetica” (intesa come bene comune diremmo noi) e che sempre più spesso significa lotta contro il taglio delle utenze, autoriduzioni sulle bollette, fino alle volte agli allacci abusivi. Tutto spesso è strettamente legato alla lotta della PAH. Ovviamente poi, siamo stati quelli che, almeno a Barcellona, hanno cercato maggiormente di mobilitare/si contro l’approvazione della cosiddetta “Lay Morzada” (legge bavaglio).

Ti chiediamo infatti a questo punto della discussione, quale l’attuale fase di movimento in Spagna alla luce delle prossime elezioni amministrative di maggio e quelle politiche di novembre; e quali a tuo modo di vedere le realtà e le dimensioni più interessanti e significative.

Come potrete immaginare, l’ascesa di Podemos nell’ultimo anno ha molto frenato, e fatto diminuire la partecipazione diretta in tante delle lotte che dopo il 15M si erano sviluppate in generale contro le politiche governative d’austerity; c’è molta fiducia nel progetto elettorale di Pablo Iglesias, anche in molti attivisti della PAH. Interessanti come politica che parte dal basso penso alle realtà municipali, cioè il crescere di liste civiche costituite da semplici cittadini, e tante di queste a Barcellona, riunitesi sotto la sigla di Barcelona en comun correranno alle elezioni amministrative il prossimo maggio.

Si tratta pur sempre di realtà che agiscono all’interno della rappresentanza e degli ambiti istituzionali quindi?

Si, certamente, ma c’è moltissimo in queste municipalità che proviene direttamente dalle assemblee e dai comitati di quartiere che se a Barcellona hanno una grande tradizione storica, hanno conosciuto un grande sviluppo e radicamento dopo i movimenti del 15M.

Quale però la composizione di tali realtà di quartiere: si tratta effettivamente di protagonismo dal basso e rappresentativo di bisogni reali in grado di sviluppare una soggettività contro per un vero e radicale cambiamento, o di momenti partecipativi strumentalizzati da “professionisti della politica” (politici, sindacalisti, etc) in vista del prossimo appuntamento elettorale?

Certamente le strumentalizzazioni esistono, ma la partecipazione e composizione alle assemblee e ai comitati è molto trasversale, anche per quella tradizione di cui parlavo. Anche le precise regole che stabiliscono la trasversalità e la rotazione democratica delle candidature aperte a tutti e ai vari livelli di partecipazione nelle istituzionali mirano a questo, ad una partecipazione democratica e trasversale.

Su cosa possano diventare…non saprei. Ripeto, al momento c’ è molta fiducia e aspettativa su Podemos, che oltretutto, almeno a parole, da molto spazio sul dibattito pubblico alle realtà municipali, ma al movimento tutto, direi.

Parliamo di Podemos appunto. Quali i rapporti della PAH con Podemos? E quali a tuo modo di vedere gli scenari possibili con un Podemos al governo.

La PAH è, e continuerà ad essere una realtà di movimento e apartitica, non ci diamo quindi nessun obiettivo elettorale. In questo senso proponiamo invece a diversi partiti di sottoscrivere un impegno su di alcune nostre rivendicazioni; una sorta di impegno pre-elettorale che alla PAH serve a costringere i partiti a prendere una posizione chiara sulla lotta per la casa (evitando facili strumentalizzazioni). Inevitabilmente dobbiamo interrogarci e confrontarci su e con una realtà (Podemos) in grado di prendersi la quasi totalità dell’idea stessa di movimento e di partecipazione collettiva pur mantenendo la radicalità delle rivendicazioni. Tanti militanti della PAH partecipano attivamente al progetto politico di Podemos; qualcuno come sapete, ha anche abbandonato la PAH per la candidatura con Podemos. Ben altra è la realtà, dove se Iglesias si fa rappresentante di un movimento che ha grossa attenzione mediatica e anche consenso, tanta, spesso tantissima è la distanza tra base e partito: dove sono i militanti di Podemos durante i picchetti antisfratto? E durante le occupazioni delle banche? Una cosa è sostenere i movimenti, altro è esserci.

In termini elettorali, cosa pensi accadrà?

Difficile prevederlo, mancano ancora molti mesi alle elezioni di novembre, tutto può cambiare. Volendo esprimere una mia personalissima opinione, credo che Podemos si sostituirà ben presto, come bacino elettorale, al partito socialista (PSOE) in pieno declino e sfiducia di consensi.

————-

Ringraziando Lucia per il suo contributo, proviamo a trarre delle conclusioni, parziali e limitate ovviamente, relative ad alcuni degli aspetti affrontati nell’intervista e che certamente ci aiutano a comprendere meglio la fase politica e di movimento in Spagna.

Se guardiamo direttamente alla lotta per la casa portata avanti dalla PAH, inevitabilmente ci si confronta con condizioni e con un tessuto in lotta profondamente diversi che dalle nostre parti. La bolla immobiliare in stile subprime ha letteralmente impoverito quando non gettato in malora parte di un ceto medio che all’oggi si ritrova senza casa e con un debito a vita. Ciò, unito all’assenza della radicalità di bisogni propriamente di classe e a una vera e propria composizione proletaria, ci fa parlare di un’organizzazione assolutamente militante in grado di costruire si un’estesa massa critica tra l’opinione pubblica e una certa “abitudine” alla lotta, si di portare avanti una lotta immediatamente antisistema e in grado di raggiungere e inseguire gli obiettivi datisi, ma che probabilmente, al momento, sedimenta poco quella soggettività antagonista da cui, almeno per quanto ci riguarda, passa inevitabilmente il radicale cambiamento dell’esistente.

Interessanti potrebbero poi essere le candidature municipali, molto diffuse a quanto sembra, ammesso che queste siano anche qui, vera espressione di bisogni e rivendicazioni provenienti dal basso, da quelle assemblee e comitati di quartiere che cercano – nei limiti dello strumento rappresentativo – di estendere i processi partecipativi forzando uno strumento e una strutturazione socio-politica della controparte: le istituzioni. Anche qui bisogna stare attenti, perché solo questa consapevolezza e programmaticità dell’essere dentro e contro, può destabilizzare e costruire i presupposti del radicale cambiamento. Perché piuttosto, si incorrerebbe nell’ennesima sussunzione capitalista.

Su Podemos ci dice già molto Lucia. La capacità del partito di Iglesias di tradurre elettoralmente (appropriandosene attraverso il dibattito pubblico non certo in quanto espressione di vera rappresentatività) le tante rivendicazioni di movimento (dall’autodeterminazione del popolo catalano alla lotta per la casa) con un sostanziale spostamento partitico a sinistra, sta certamente e incredibilmente estendendo la volontà collettiva di partecipazione ai processi decisionali. Quanto Podemos, in un possibile governo, sarà in grado di migliorare in stile redistributivo socialdemocratico la società spagnola, poco ci interessa; quanto questi processi siano in grado di creare un tessuto soggettivo favorevole (nonostante al momento l’aspettativa anestetizzi le lotte) a quell’agognato radicale cambiamento nella processualità delle lotte, è però qualcosa a cui dobbiamo guardare con attenzione.

 

 

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