
Spagna, il paradossale dramma dell’ austerità aldilà di qualsiasi governo
Ora i rubinetti da parte di Bruxelles si stanno man mano chiudendo, e le condizioni imposte si fanno più stringenti, facendo presagire nulla di buono all’orizzonte in un paese dove il risicato aumento del livello occupazionale è significato stagnazione al ribasso dei salari e una deflazione monetaria che non conosce sosta dal 2014.
In una spirale di consumi al ribasso congiunta ad una produzione industriale a crescita zero, il paradosso drammatico delle politiche lacrime e sangue dell’ultima decade è che Madrid dovrà rispondere del mancato rispetto dei trattati di austerità (sigh!), con una situazione politica in stallo, dove la decisionalità finanziaria in Europa rivela tutta la sua potenza di ricaduta materiale a breve termine nei territori con il bypass della rappresentanza politica, che nel caso iberico – da destra al centro, passando per Podemos – considera la “crescita” del PIL come indicatore neutro e non come foriera di ulteriore disuguaglianza sociale.
Nel Paese Reale, frattanto, si stima che un terzo delle famiglie spagnole con a carico almeno tre figli (568 mila totali) viva con meno di 1500 euro al mese, con molti casi crescenti di impossibilità delle famiglie stesse nel poter pagare i libri dell’educazione scolastica dei figli.
Un dato allarmante che si accompagna alla costante cronicità del problema dell’abitare, con pressoché tremila famiglie sfrattate al mese senza soluzione di ripiego da parte istituzionale.
Nel frattempo, da Bruxelles iniziano a diventare sempre più insistenti per l’appunto i moniti del presidente della Commissione Europea Juncker al paese iberico. Anzi, ai paesi iberici per l’esattezza. Sia a Spagna che Portogallo vengono suggerite difatti accelerazioni in materia di riduzione del deficit relativamente all’anno in corso, pena il congelamento del 50 % dei fondi strutturali destinati ai due Stati nell’ anno successivo; una spada di Damocle che incombe su qualunque ipotesi credibile e possibilmente stabile di esecutivo a Madrid, sia esso imposto tramite i patti tra le grosse forze partitiche o, ipotesi sempre più lontana, tramite nuove tornate elettorali.
Una costante della politica spagnola continua a essere il non compimento dei patti interstatali all’ interno dell’ Unione Europea per quanto riguarda il tema dei rifugiati. In linea con tanti altri paesi del Vecchio Continente, Madrid si macchia per non aver accolto nemmeno il 3% dei rifugiati complessivi come stabilito nei patti stipulati l’anno scorso. Se da questo punto di vista la situazione non è tanto peggiore rispetto alla media degli altri paesi europei, c’è da evidenziare che le tendenze e gli impulsi xenofobi scatenati dall’avanzamento dei discorsi dell’ estrema destra da una parte, e dalle martellanti campagne massmediatiche a difesa del razzismo istituzionale dall’altro non stanno ad ora divampando come in altre aree di un continente dove sorgono sempre più barriere e reticoli con filo spinato.
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