InfoAut
Immagine di copertina per il post

Siamo un po’ più uguali ai movimenti globali

Con intelligenza rara, Guido Viale coglie gli aspetti fondamentali delle manifestazioni di questi giorni a Torino, senza pregiudizi, ammettendo la sorpresa, individuando i temi posti sul tappeto e la dimensione di anticipazione che potrebbero rappresentare… 
 

di Guido Viale (Il Manifesto)

So ben poco, oltre a quanto cia­scuno di noi può desu­mere da foto, fil­mati, repor­tage e com­menti pub­bli­cati da gior­nali e inter­net in que­sti giorni, o da qual­che incon­tro for­tuito, sul movi­mento “Fer­miamo l’Italia” ovvero “9 dicem­bre”; ma non mi sento per que­sto in una con­di­zione molto diversa da altri com­men­ta­tori, per­ché tutti sono (siamo) stati presi alla sprovvista.
Que­sta è una rivolta, covata, ma anche pre­pa­rata e cre­sciuta per più di un anno, fuori dal cono di luce dei media. Quanto scrivo non ha quindi la pre­tesa di un’analisi di que­sto movi­mento. E’ solo un mode­sto ten­ta­tivo di aprire una discus­sione con qual­che let­tore di un’area poli­tica e cul­tu­rale a cui di fatto appar­tengo, anche se ne con­di­vido sem­pre meno peri­me­tro e impostazioni.
Innan­zi­tutto, non chia­mia­moli “For­coni”. For­coni è il sim­bolo delle jac­que­ries di un tempo – un arnese peral­tro un po’ attem­pato, come lo sono la falce e il mar­tello – ovvero la sigla di una delle com­po­nenti di que­sto movi­mento. La mag­gior parte dei coloro che par­te­ci­pano al movi­mento l’hanno chia­mato – e non a caso — “Fer­miamo l’Italia” o “9 dicem­bre”. Rispet­tia­mone la volontà.
Per mesi si è svolto su rivi­ste e blog di sini­stra un dibat­tito sul per­ché in Ita­lia non ci siano stati movi­menti di piazza ana­lo­ghi a quelli di Gre­cia, Spa­gna o Stati uniti, nono­stante il nostro paese sia uno tra i più col­piti dalla crisi, dall’economia del debito e dal mal­go­verno. La rispo­sta più intel­li­gente e com­pleta – ma non per que­sto la più con­vin­cente – è stata quella del col­let­tivo WuMing: il movi­mento Cin­que stelle avrebbe di fatto assor­bito e inca­na­lato una ten­sione pre­ve­nen­done l’esplosione in piazza.
Adesso eccolo quel movi­mento! In forme com­ple­ta­mente diverse da quelle che chiun­que – e in par­ti­co­lare la cul­tura della sini­stra e il movi­mento dei comi­tati, dei cen­tri sociali e delle asso­cia­zioni; ma in gran parte anche il movi­mento Cin­que stelle – se lo sarebbe potuto o voluto aspet­tare. Ma pro­dotto incon­te­sta­bile della crisi, dei debiti e del mal­go­verno. Non è e non sarà la sola mani­fe­sta­zione di rivolta con­tro que­sto stato di cose. Quella rivolta l’abbiamo già vista, in forme più ordi­nate e pro­dut­tive, in Val di Susa (là dove le “lar­ghe intese” sono state pro­get­tate e spe­ri­men­tate per imporre il Tav, uno dei più deva­stanti pro­dotti a cui è appro­data quella cul­tura della cre­scita senza obiet­tivi che impronta di sé tutto il pen­siero unico); oppure tra i lavo­ra­tori e i cit­ta­dini liberi e pen­santi di Taranto; o, in forme più con­formi a una visione con­so­li­data del con­flitto di classe, tra di dipen­denti dell’Atm di Genova. Ne vedremo altre nei pros­simi mesi, com­presa l’evoluzione che assu­merà quella di que­sti giorni, e in forme che non man­che­ranno di sor­pren­derci e — per­ché no? — di spa­ven­tarci. Il con­flitto di classe, diceva un tale a pro­po­sito della rivo­lu­zione, che qui non è all’ordine del giorno, «non è un pranzo di gala».
Cinquant’anni fa, nel 1962, e pro­prio a Torino, una rivolta di piazza inne­scata da una mani­fe­sta­zione indetta dalla Cgil con­tro la Uil, (fir­ma­ta­ria di un accordo sepa­rato con la Fiat per bloc­care la lotta ope­raia in una fab­brica che era stata per più di un decen­nio tea­tro della più spie­tata oppres­sione padro­nale) era “dege­ne­rata” in quelli che sono pas­sati alla sto­ria come i fatti di Piazza Sta­tuto. Sor­pren­dendo tutti, per­ché nes­suno se li aspet­tava; anche per­ché ai primi mani­fe­stanti si era aggiunta, tenendo la piazza per alcuni giorni, una folla ster­mi­nata di attori di incerta clas­si­fi­ca­zione sociale: non la classe ope­raia inqua­drata da sin­da­cati e par­titi, ma una folla ano­nima di ope­rai di pic­cole e pic­co­lis­sime fab­bri­che, di immi­grati e disoc­cu­pati, di gente “senza arte né parte”: subito tac­ciati come “pro­vo­ca­tori” dal Pci, che pure avrebbe poi dovuto con­tare tra gli arre­stati anche diversi suoi mem­bri e per­sino un fun­zio­na­rio. Eppure, a distanza di anni, gli sto­rici con­cor­dano nel vedere in quei moti la scin­tilla di un risve­glio e la mani­fe­sta­zione di una nuova com­po­si­zione sociale che di lì a qual­che anno sareb­bero stati pro­ta­go­ni­sti dell’autunno caldo del ‘69 e delle lotte sociali del ’68 e degli anni Settanta.
Quello che si può dire oggi di que­sti mani­fe­stanti che si dichia­rano “popolo” e che si rico­no­scono nella ban­diera tri­co­lore è che — al di là dell’indignazione che li acco­muna alle mani­fe­sta­zioni di Gre­cia, Spa­gna e Stati uniti, ma anche di Tur­chia e Bra­sile, e prima ancora, di Tuni­sia ed Egitto, e che in Ita­lia non si erano ancora viste — è che a venire in primo piano è la loro iden­tità di poveri o di impo­ve­riti: la mani­fe­sta­zione nuova e dila­gante — ma trat­tata finora dai media solo con numeri e per­cen­tuali – di per­sone che non ce la fanno più. E non solo per­ché sono esa­spe­rati (in una maniera o nell’altra, lo siamo tutti o quasi); ma pro­prio per­ché non sanno più come cam­pare: non hanno più lavoro né impresa (ambu­lanti, auto­tra­spor­ta­tori e agri­col­tori sono il cuore della rivolta); né red­dito, né pos­si­bi­lità di stu­diare, né pen­sioni suf­fi­cienti, né casa; né, soprat­tutto, pos­si­bi­lità di intra­ve­dere un qual­siasi futuro diverso dal pro­trarsi all’infinito di que­sta loro con­di­zione. Sono il pro­dotto maturo della finan­zia­riz­za­zione e della glo­ba­liz­za­zione dell’economia, di quei poteri che hanno fatto terra bru­ciata di tutto quanto ancora esi­steva tra la loro nuda vita e il potere di Stati, isti­tu­zioni e capi­tale; il segno più tan­gi­bile del fatto che «così non si può più andare avanti». Sono l’avanguardia che lo grida e che lo fa capire a tutti.
Ha indi­gnato molta stampa ben­pen­sante – soprat­tutto di centro-sinistra – la chiu­sura for­zata, per lo più senza epi­sodi di vio­lenza, impo­sta dai mani­fe­stanti a negozi e pub­blici eser­cizi. Ma per chi il con­flitto lo deve fare in piazza per­ché non ha o non ha più un luogo di lavoro da cui far sen­tire le sue richie­ste, quella è una forma di lotta. Come un pic­chetto ope­raio: quello che alcuni chia­mano un’arbitraria limi­ta­zione alla libertà di lavo­rare; ma vai poi a vedere che cosa suc­cede di quella libertà in una ordi­na­ria gior­nata lavo­ra­tiva, una volta che i can­celli della fab­brica si sono rin­chiusi. L’Ilva non ha inse­gnato niente?
Scan­dalo e soprat­tutto timore anche per­ché i poli­ziotti si sono levati i caschi e hanno depo­sto gli scudi di fronte ai mani­fe­stanti con­tro cui si erano scon­trati fino a pochi minuti prima. Non è forse un atto di soli­da­rietà nei loro con­fronti, pre­lu­dio – dio non voglia! – a una diser­zione dai loro com­piti? Sì; è un atto di soli­da­rietà e di fra­tel­lanza, chec­ché ne dicano i sin­da­cati di poli­zia, anche se pro­ba­bil­mente sug­ge­rito — o impo­sto e con­cor­dato con le orga­niz­za­zioni fasci­ste che par­te­ci­pano alle mani­fe­sta­zioni — dai supe­riori o dagli alti comandi delle “forze dell’ordine”. Pro­prio quei coman­danti a cui si rivolge a Grillo, per­ché per lui la soli­da­rietà non può nascere da un atto di ribel­lione, ma solo dall’obbedienza a un ordine; men­tre andrebbe invece colta l’occasione per dire a quei tutori dell’ordine pub­blico: «la soli­da­rietà che avete mani­fe­stato a Torino e a Genova, la pros­sima volta datela anche ai NoTav della Valle di Susa. Ne vale la pena».
La rivolta del 9 dicem­bre non andrà avanti a tempo inde­ter­mi­nato, ma nem­meno si dis­sol­verà come neve al sole. Dopo le gior­nate della mobi­li­ta­zione soprag­giun­gerà il tempo del ripie­ga­mento e della rifles­sione. E’ quello in cui potrà diven­tare pos­si­bile avvi­ci­narsi ai suoi pro­ta­go­ni­sti non solo con una pre­senza in piazza, ma anche e soprat­tutto attra­verso un con­fronto e uno sforzo con­di­viso per enu­cleare obiet­tivi e riven­di­ca­zioni comuni.
Le forme assunte da que­sta mobi­li­ta­zione, che non è spon­ta­nea ma nean­che frutto di una pre­cisa orga­niz­za­zione, ci pos­sono far capire quanto distino le forme reali della par­te­ci­pa­zione dalle forme strut­tu­rate della demo­cra­zia: quella rap­pre­sen­ta­tiva dei Par­la­menti e dei con­si­gli comu­nali o regio­nali, ma anche quella par­te­ci­pa­tiva, di una gestione con­di­visa ben orga­niz­zata di riven­di­ca­zioni o di “beni comuni”. Non che vadano messe in con­trap­po­si­zione; ma certo avvi­ci­narle non è un pro­cesso né auto­ma­tico né facile.
Altret­tanto signi­fi­ca­tiva è la dis­so­lu­zione, in que­sto ambito, delle tra­di­zio­nali con­trap­po­si­zioni tra destra e sini­stra. Non che ciò debba signi­fi­care mischiarsi e con­fon­dersi con le orga­niz­za­zioni fasci­ste che a que­sti moti, o alla loro pre­pa­ra­zione, hanno preso parte. Quelle orga­niz­za­zioni sono radi­cate anche, e ben di più, nelle destre fasci­ste e nazi­ste più tra­di­zio­nali, con cui nes­suna com­mi­stione è pos­si­bile. Ma per la mag­gio­ranza di coloro che par­te­ci­pano a que­sti moti destra e sini­stra, come pure poli­tica, se non nell’accezione più pura di auto­go­verno, non hanno più alcun signi­fi­cato. Con­tano le distin­zioni tra alto e basso, one­sto e ladro, povero e ricco, sfrut­tato e sfrut­ta­tore. Impa­riamo a riusarle.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

9dicembrecrisiforconiitaliatorino

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Più conflitti, meno conflitti di interesse

“Le mie mani sono pulite” ha detto il sindaco Sala nella seduta del consiglio comunale dove ha sacrificato il suo capro – l’assessore all’urbanistica Tancredi, coinvolto nelle indagini della procura milanese su alcuni (parecchi) progetti di trasformazione urbana.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

STOP RIARMO “Se la guerra parte da qua, disarmiamola dalla città!”

Riprendiamo e pubblichiamo il documento uscito sul canale telegram del percorso @STOPRIARMO che a Torino ha organizzato una prima iniziativa qualche settimana fa. Il documento traccia un quadro composito del sistema guerra nei vari ambiti della produzione e della riproduzione sociale oltre a lanciare alcuni spunti rispetto a ipotesi di attivazione.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Robert Ferro – Dove va l’Europa? Crisi e riarmo nel cuore dell’Unione

Dal welfare al warfare, dall’automotive al carroarmato, dall’«Inno alla gioia» di Beethoven alla «Marcia imperiale» di Dart Fener. Nel cambio di tema che fa da sfondo all’Europa, l’imperialismo colpisce ancora. 

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Raffaele Sciortino – L’imperialismo nell’era Trump. Usa, Cina e le catene del caos globale

Che cos’è l’imperialismo oggi, nell’era di Trump? da Kamo Modena Non è una domanda scontata, né una mera speculazione teorica; al contrario, siamo convinti che sia un nodo fondamentale, tanto per chi vuole comprendere il mondo, quanto per chi mira a trasformarlo – partendo, ancora una volta, da dove si è, da dove si è […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Dal margine al centro: ripensare il/i Sud tra giustizia sociale e territoriale

Parlare del margine, per Jacques Derrida, significa, in realtà, parlare del centro.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

I Costi Planetari dell’Intelligenza Artificiale

“Artificial Intelligence is neither artificial nor intelligent.” – Kate Crawford, Atlas of AI

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Mimmo Porcaro – L’Italia al fronte. Destre globali e conflitto sociale nell’era Trump

La tendenza alla guerra delle società capitalistiche è diventato un fatto innegabile, lo vediamo sempre più concretamente; ed è una dinamica che arriva a toccarci sempre più direttamente.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Los Angeles, o la fine dell’assimilazione

“Non è nostro compito inventare strategie che potrebbero permettere al Partito dell’Ordine di respingere il diluvio. Il nostro compito è piuttosto quello di individuare quali compiti necessari ci vengono assegnati giorno per giorno, quali forze di creatività, determinazione e solidarietà vengono chiamate in causa, e quali forme di azione appaiono ora ovvie a tutti.”

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’autunno braudeliano dell’America

Riprendiamo dal sito Phenomenalword questo interessante contributo sulle antinomie della Trumpeconomics a cura di Di Benjamin Braun (Assistant Professor of Political Economy, LSE), Cédric  Durand (Professor of Political Economy, University of Geneva).  Fazioni del capitale nella seconda amministrazione Trump. Secondo lo storico Fernand  Braudel, il declino egemonico è storicamente accompagnato dalla finanziarizzazione. Di fronte a una […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Una resa dei conti coloniale: come la guerra di Israele contro l’Iran riapre vecchie ferite

Riprendiamo di seguito questo articolo di Soumaya Ghannoushi, apparso su Effimera. Condividiamo in gran parte quanto scritto nel testo e nell’introduzione di Effimera, ci teniamo a sottolineare per quanto riguarda il nostro punto di vista che sicuramente quello del multipolarismo rappresenta un orizzonte del desiderio tra le masse del sud del mondo (ed anche qui […]

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Compaiono scritte per denunciare le falsità dei manifesti dell’amministrazione: la riqualificazione del Comune targata Politecnico non è verde!

Pubblichiamo il comunicato stampa congiunto a firma Comitato Salviamo il Meisino, Comitato Salviamo gli Alberi di Corso Belgio, EsseNon e Ecologia Politica Torino in merito a un’iniziativa per denunciare la narrazione falsa del Comune di Torino rispetto alla riqualificazione “verde” della città.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Dopo il 5 luglio il percorso Stop Riarmo continua!

Riprendiamo il comunicato uscito su @STOPRIARMO e alcuni articoli sulla giornata del 5 luglio scorso a Torino contro guerra, riarmo e gencidio.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

“Guerra o Clima?”: Extinction Rebellion sulle colonne e le statue del comune di Torino chiede l’interruzione dei rapporti con Israele

Extinction Rebellion ha vestito le statue all’ingresso del Comune di Torino con dei gilet con i colori della Palestina, arrampicandosi sulle colonne e appendendo uno striscione con scritto: “Torino 2030: Clima o Guerra?”.

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Stanza dell’ascolto all’Ospedale Sant’Anna di Torino chiuderà : accolto il ricorso al TAR

A settembre scorso la mobilitazione lanciata da Non Una di Meno aveva raccolto un’importante partecipazione per protestare contro l’apertura della “stanza dell’ascolto” all’interno dell’Ospedale Sant’Anna di Torino

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La Russia formalmente sostiene l’Iran, ma mantiene un difficile equilibrio nello scacchiere mediorietale.

Con l’Iran la Russia ha un accordo strategico che però non prevede l’assistenza militare reciproca formalizzato nel Trattato di partenariato strategico del gennaio 2025, in realtà  è un accorod molto più all’insegna del pragmatismo e degli interessi reciproci anche perchè Mosca continua ad avere buone relazioni con Israele non fosse altro perchè un sesto circa della popolazione israeliana è costituito da russi di origine più o meno ebraica.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Montichiari: cancellato il volo con i missili in transito.

Vittoria per lavoratrici e lavoratori. Revocato lo sciopero.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

l’Occidente che uccide:retoriche vuote per giustificare l’ingiustificabile.

L’idea che si possa “difendere la civiltà” a suon di bombe e crimini di guerra è il paradosso fondativo del progetto coloniale. E oggi è il cuore della propaganda bellica israeliana, e di chi la sostiene in Occidente.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Re-industrializzazione e guerra, a Torino gli operai prendono parola

Un confronto a tema re-industrializzazione e riconversione bellica è in programma per questa sera, giovedì 12 giugno, a Torino.