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Sguardi sulla Spagna post-elezioni, tra rappresentanze e lotte sociali

La difficoltà nelle grandi metropoli, in primis a Madrid, con la perdita di oltre 20mila voti a Barcellona rispetto al 20D, confermano la tendenza per cui se è difficile governare mantenendo tutte le promesse, quanto raccolto in poco tempo a livello di consenso può venire dilapidato in qualche mese per effetto boomerang (può fungere questo da monito anche per il Movimento 5 Stelle a Roma e Torino, sebbene si tratti di contesti tanto diversi?) . Dall’insediamento di Ada Colau, a parte moratorie e sistemi di sanzioni e compravendite immobiliari frutto del portato e dei rapporti di forza dati dal pregresso attivismo nell’ambito della lotta per il diritto all’abitare, la metropoli catalana non ha visto una gestione meno aggressiva dell’ impiego della forza pubblica nei confronti delle lotte e dei militanti anticapitalisti. Tutt’altro. Dal caso del #BancExpropriat e la solidarietà che si è espressa durante e dopo, all’ operazione che ha visto una grossa serie di arresti in questi ultimi giorni legati alla lotta contro l’ Alta velocità catalana, il giro di vite e gli abusi repressivi, in primis contro anarchici e anarchiche, non hanno visto soste o ripensamenti.

Non è difficile, guardando a cosa succede in Catalogna, non poter notare compagni e compagne che storcono il naso di fronte al processo di depotenziamento generale delle lotte sociali: l’ incanalamento di alcune istanze della protesta di massa contro l’austerità – imposta dal Governo Centrale su diktat della Troika – all’interno dei meccanismi della rappresentanza, spesso esclusivi e ed escludenti, ha sgonfiato sicuramente le possibilità di rafforzamento di istanze di contropotere reale in una regione che storicamente e culturalmente ha gli anticorpi sociali per poterle riprodurre. Ciò porta a pensare, e può essere una riflessione utile anche a queste latitudini, seppur da commisurare a contesti socialmente definiti, che – a prescindere – nello sviluppo e nel radicamento di lotte sociali che abbiano incidenza e durata non si può eludere il pensare forme organizzative autonome che sappiano resistere e non essere intaccate dal riflusso provocato da chi in qualche modo incanala energie politiche verso forme di delega sottraendole alla riproducibilità di lotte dal basso.

Altre forme di movimentazione popolare che persistono in questi giorni sono quelle contro la famosa “Ley Mordaza”, un vero e proprio dispositivo di repressione e contenimento preventivo nei confronti delle piazze, adottato un anno fa dal Parlamento a risposta della continuità con cui il post-15M metteva in discussione i rapporti di forza esistenti con manifestazioni molto grandi, frequenti e che puntavano ai palazzi del potere oscillando tra forme simboliche di assedio e momenti di rottura reale con il portato simbolico stesso.

A fare da traino nel protestare contro questa legge liberticida e censoria sono le comunità dei Paesi Baschi, da sempre in prima fila nell’opporsi alla repressione delle lotte sociali dato lo straordinario portato di memoria storica, viva, ben presente e transgenerazionale. E’ qui, peraltro, e in primis nelle province di Bizkaia e Guipuzcoa, che Unidos Podemos e le convergenze locali reggono a livello di numeri rispetto agli esiti elettorali riscontrati nelle altre comunità autonome. La protesta contro la Legge di Sicurezza della Cittadinanza (“ley Mordaza”) sta portando a diversi livelli di insubordinazione, a partire da quello amministrativo formale (il Parlamento di Vitoria – Gasteiz – ha deciso di non applicare gli emendamenti), fino a reclamare il non pagamento dell’incredibile quantità di multe eseguite dall’ Ertzainza – il corpo di polizia speciale operativo nei Paesi Baschi – in meno di 8 mesi (fino a Marzo) avvalendosi di dover far rispettare tale legge-bavaglio voluta dal Governo Centrale.

Andando oltre Barcellona, resta molto dura la lotta contro sfratti e pignoramenti nel paese iberico, con l’uso della brutalità poliziesca contro chi si oppone alla perdita della casa e crea rapporti solidaristici a partire dai picchetti, in particolar modo nelle periferie delle grandi conurbazioni. Un esempio lampante della gestione scellerata degli sfratti è quanto accaduto stamattina ad Alcorcòn, cittadina della cintura periferica di Madrid, governata dal Partido Popular, dove una donna e i suoi cinque figli sono stati buttati in strada senza alternativa alcuna: sul posto sono arrivati trenta agenti della polizia nazionale che hanno rimosso il picchetto e arrestato una solidale della PAH per “resistenza”.

La situazione che si è prodotta in questa conurbazione periferica della capitale è quantomai esemplare: pugno duro contro i deboli da parte di politici gravemente coinvolti in reti clientelari e di corruzione che, nonostante tutto, non hanno intaccato i due partiti storici nell’ esito elettorale (anzi, questi si sono rafforzati a scapito di Unidos Podemos e Ciudadanos); di fatto il braccio destro del sindaco di Alcorcòn era uno dei co-responsabili della gestione dell’ impresa immobiliare comunale, che un anno fa è stata messa nel mirino del fisco per dover restituire quantomeno 2,3 milioni di euro.

Analoghe situazioni di corruzione, scandali e esempi lampanti di clientelismo si ritrovano da decenni in molti municipi delle comunità meridionali, quali l’Andalusia, fino a giungere al clamoroso scandalo che ha coinvolto il Ministro dell’ Interno in combutta con il responsabile della commissione antifrode della Catalogna a pochissimi giorni dal voto. Eppure, il ceto medio spagnolo non ha minimamente direzionato le sue preferenze contro la malapolitica (penalizzando dunque le possibilità di Unidos Podemos nell’aumentare il suo consenso), ma pare essere stata presa per il collo dalla paura dettata dall’instabilità della Brexit e le sue conseguenze nel medio-breve periodo: segno di quanta difficoltà vivano le famiglie spagnole in questa crisi di ristrutturazione del capitale globale, e di quanto la paura di vedere i propri risparmi totalmente dissipati dai dissesti finanziari presti il fianco a pulsioni conservatrici e a chi sa meglio propagandarle.

Da questo punto di vista le personalità politiche vicine al mondo della finanza e appartenenti ai grandi partiti storici del parlamentarismo post-franchista sono state rivalutate da questa tornata elettorale, e spesso corrispondono all’ apice delle correnti clientelari e di corruzione che il 15M aveva saputo mettere seriamente in discussione. Sarà interessante capire se si tratta di una preferenza contingente dettata da paure di pancia dell’elettorato in via di impoverimento o se si sta delineando una tendenza nazional-conservatrice che può allungare il suo afflato ai paesi vicini del sud-Europa, e a cui non si può che rispondere in altro modo se non con una convergenza di lotte dal basso slegate nel loro sviluppo da interessi di rappresentanza e tornaconti particolari..

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