InfoAut
Immagine di copertina per il post

Mosul: cosa nasconde la diga di Renzi

I lavori potrebbero essere il preludio di ulteriori problemi per Mosul e per l’Iraq; ma per comprendere ciò che sta accadendo è necessario fare un salto indietro, fino alle origini della costruzione della diga, che ebbe radice – per una concatenazione di circostanze – non in eventi riguardanti l’Iraq, ma l’Iran. Nel 1979 infatti, mentre Saddam Hussein assumeva la presidenza dell’Iraq, in Iran trionfava la rivoluzione contro lo Scià di Persia, monarca autoritario sostenuto dagli Usa, che trovò riparo a Washington. Ciò causò la protesta di migliaia di persone a Teheran, che ne chiesero la consegna per processarlo a causa dei crimini commessi contro il popolo iraniano. Un gruppo di studenti occupò l’ambasciata statunitense a Teheran, sequestrandone tutto il personale e inducendo gli Stati Uniti ad articolare una strategia per rovesciare il nuovo governo iraniano.

Reduci dalla recente e bruciante sconfitta in Vietnam (1975), gli Usa tentarono una strategia di intervento indiretto, strumentalizzando le tensioni regionali che, proprio a causa della rivoluzione in Iran, non mancavano. All’interno della rivoluzione iraniana aveva prevalso infatti la fazione religiosa sciita, che decretò la repubblica islamica incoraggiando gli sciiti di tutto l’oriente a insorgere contro i propri governi e instaurare analoghe forme statuali. La presenza di musulmani sciiti era particolarmente rilevante (come lo è tutt’oggi) in Iraq, in Kuweit e nelle monarchie della penisola araba (Arabia Saudita, Qatar, Bahrein): tutti stati governati da elite autoritarie e brutali di confessione sunnita. Gli Stati Uniti decisero di spingere, con il sostegno di questi paesi, l’Iraq ad invadere l’Iran – ciò che avvenne nel 1980.

In questo quadro si inserisce la vicenda della diga di Mosul. La guerra durò otto lunghissimi anni e, nonostante le centinaia di migliaia di morti, non condusse a nessun risultato. Fu combattuta dall’Iraq con armamenti moderni e nuovi di zecca acquistati quasi interamente da aziende statunitensi grazie a prestiti del governo americano. L’Iraq non avrebbe potuto, senza questi aiuti, combattere una guerra contro un paese due volte più popoloso, anche considerato che la maggioranza degli iracheni, essendo sciiti, erano contro la guerra, e che i curdi, popolazione non araba in Iraq, erano insorti contro il governo. Il sostegno all’Iraq contro l’Iran dovette quindi essere anche economico: nel 1981 le monarchie del golfo finanziarono la costruzione della diga (allora chiamata “Saddam”) per permettere una maggiore produzione di energia elettrica e un’irrigazione più efficiente del nord del paese, sperando che ciò aiutasse l’Iraq a far fronte alla guerra.

La costruzione della diga, però, fu affidata ad un’azienda italiana, l’Impregilo (nota per i suoi ecomostri italiani, non ultimo il coinvolgimento nel progetto Tav in Val Susa), in collaborazione con una ditta tedesca. Come da costume italico, Impregilo non si curò delle caratteristiche non idonee del territorio scelto per la “grande opera” dal governo di Saddam Hussein, e iniziò a costruire l’infrastruttura in un’area dove il fondale del fiume Tigri presenta un’accentuata connotazione carsica (è pieno, cioè, di cavità idrogeologiche attraverso cui si infiltra l’acqua marina). Gli ingegneri italiani, non preoccupati delle gravissime conseguenze di un simile atto, ma semmai di intascare più denaro, iniziarono i lavori e li estesero, in modo pericoloso ma redditizio, a improbabili tentativi di iniettare cemento nelle falle carsiche per turarle. Naturalmente, nella stupida e malaugurante lotta tra Impregilo e natura, la natura vinse.

Quando la diga fu completata il 24 luglio 1986, infatti, essa rappresentava già uno dei più gravi pericoli per l’umanità: se avesse ceduto a causa della continua infiltrazione di acqua marina dal sottosuolo, l’immensa quantità di acqua accumulata avrebbe raggiunto Mosul in pochi minuti con onde di dieci metri, e Baghdad dopo 38 ore con onde di quattro metri, uccidendo di schianto – è stato stimato da varie fonti scientifiche, anche recentemente – almeno 500.000 persone. Per questo la diga-truffa, o diga-crimine, è da allora assistita “da 24 macchinari che, con fragore, lavorano 24 ore al giorno per pompare malta liquida nelle fondamenta della diga” scrive il Washington Post, aggiungendo che “periodicamente si formano delle doline a inghiottitoio, dal momento che il gesso si dissolve sotto la struttura”. Il costo che l’Iraq deve da allora sostenere per questa manutenzione abnorme è equivalente – si pensi – a 30mln di dollari al mese.

Il governo iracheno iniziò subito, per far fronte al disastro, la costruzione di una nuova diga più a sud, per frenare l’acqua in caso di inondazione. Era il 1988: finiva la guerra contro l’Iran e si completava lo sterminio dei curdi con gas chimici, proprio nella regione della nuova diga “di salvataggio”, situata stavolta nella località di Badush. Gli irriconoscenti Stati Uniti, nel frattempo, pretendevano i soldi che avevano prestato per la guerra: se non avevano potuto riprendersi l’Iran, almeno si sarebbero presi l’Iraq. Per l’Iraq, però, restituire quel denaro era impossibile, con un paese al collasso economico per aver appena patito un’ecatombe bellica. Per indiretta rappresaglia, la mossa dei paesi della penisola araba (che a loro volta rivolevano i propri prestiti) abbassarono improvvisamente il prezzo del petrolio, annullando la concorrenzialità di quello iracheno, ultima fonte di guadagno per il paese martoriato. L’Iraq rispose con l’invasione del Kuweit, e le Nazioni Unite approvarono una guerra d’aria e di terra contro l’Iraq a guida statunitense (cui partecipò anche l’Italia) nei primi mesi del 1991.

La costruzione della diga di salvataggio a Badush fu per questo interrotta. Terminati i bombardamenti sull’Iraq, gli Stati Uniti imposero un durissimo embargo economico al paese (cui l’Italia aderì), riprendendosi i propri soldi attraverso l’infame campagna “oil for food”, con cui l’Onu centellinava viveri e medicinali per la popolazione civile irachena in cambio di petrolio a prezzi stracciati. In un simile, drammatico contesto (che causò l’impoverimento e/o la morte per malattia di migliaia di persone) i lavori della diga di Badush restarono bloccati. La precaria manutenzione della diga di Mosul continuò in modo sempre più altalenante fino al 2003, quando gli Stati Uniti invasero definitivamente l’Iraq e iniziarono a denunciare al mondo l’ovvietà del pericolo rappresentato dall’ecomostro. Molteplici aziende hanno iniziato da allora ad arricchirsi con i lavori di iniezione cementifera nelle falle che si aprono in continuazione sotto la struttura, pagati ora dai contribuenti statunitensi, ora da quelli iracheni, ora attraverso un ulteriore indebitamento dell’Iraq con la Banca Mondiale (200mln di dollari per questi interventi). Nessun lavoro, in compenso, è stato intrapreso per completare la diga di Badush, strutturalmente stabile e completa al 40%.

Eccoci arrivati, dunque, al grande successo politico-diplomatico del governo Renzi di qualche giorno fa, motivo di tanto orgoglio per l’immenso potere che dimostra la nostra italietta: nonostante sia responsabile in prima persona del disastro, dopo 25 anni è venuto il suo turno di prendersi una fettina della torta della manutenzione. Il totale sprezzo del ridicolo di Renzi e dell’omologo iracheno Al-Abadi li ha portati a giustificare l’assenza di una gara d’appalto (immaginiamo cosa questo può voler dire con un governo, come quello iracheno, tra i più corrotti del pianeta) con “l’urgenza” dei lavori. Urgenza? Abdullah Taqi e Jassim Mohamad, dirigenti dell’equipe di ingegneri che si occupano quotidianamente della diga, hanno negato vi fosse specifica urgenza per questo tipo di intervento, e maggior luce sulle ragioni è stata gettata dal prof. Nadir Al Ansari, maggiore esperto al mondo della diga, nel suo articolo “Il mistero della diga di Mosul, la diga più pericolosa del mondo” pubblicato con quattro colleghi dell’Università di Lulea, in Svezia.

L’intervento di Trevi prevede “un’intensa attività di perforazioni ed iniezioni di miscele cementizie per il consolidamento delle fondazioni della diga” (come si continua a fare da 25 anni) e, secondo una fonte anonima del sito della difesa, “la realizzazione intorno alle fondazioni del diaframma di un muro di contenimento di 60-70 metri”. A p. 109 dell’articolo di Al Ansari, nel capitolo Raccomandazioni per le azioni future, si legge tuttavia: “Abbandonare l’idea di costruire un diaframma, poiché tutti gli studi provano che questa soluzione […] metterebbe in pericolo l’integrità della diga. […] Riprendere la costruzione della diga di Badush è l’unico modo di proteggere la popolazione da un eventuale crollo […]. Iniziare uno studio di fattibilità per lo smentallamento della diga di Mosul”. L’Italia sta ripristinando una diga che bisognerebbe distruggere. Che dire? Avere soldati e influenza in Iraq fa sempre comodo. Un affare per il signor Trevi, forse per Al-Abadi; non certo per gli iracheni – né per noi.

Dai nostri inviati a Erbil, Iraq

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

iraqmediorienteMosulrenzi

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Una luce di speranza

La grande rivolta giovanile nelle università degli Stati Uniti non smette di crescere e mostra una meraviglia di organizzazione e l’incredibile diversità di coloro che vogliono fermare il genocidio a Gaza, arrivando a contagiare anche l’Europa.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La diffusione del dengue, l’agroindustria e il cambiamento climatico

Le cause dell’epidemia di dengue sono molteplici, conosciute e anche poco affrontate: cambiamento climatico, deforestazione, uso di pesticidi, impatto sui predatori delle zanzare e mancanza di pianificazione territoriale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il ciclo breve dei Csoa, tra spontaneità e organizzazione

Quello di Giovanni Iozzoli, militante e fondatore di Officina 99, uno dei più importanti centri sociali degli anni Novanta, è uno sguardo di parte ma laico.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Andare oltre l’inferno planetario – di Gennaro Avallone

“Non è l’Uomo, ma è il Capitale il responsabile dell’inferno planetario”

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Le “collaborazioni” delle Università: ma la scienza è neutrale?

Se la scienza possa o non possa essere neutrale rispetto al suo utilizzo per finalità diverse è un tema che merita qualche riflessione non troppo superficiale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Cronaca e riflessioni sulla mobilitazione per la Palestina a Pisa

In questi mesi Pisa, come molte altre città d’Italia, ha visto e continua a vedere un’intensa e articolata mobilitazione per la libertà della Palestina e per lo stop al genocidio. Dallo scorso autunno, sin dall’intensificarsi dell’offensiva israeliana sulla Palestina e la ripresa dei bombardamenti su Gaza dopo il 7 ottobre, giovani e studentǝ della città […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

“Lavender”: la macchina dell’Intelligenza Artificiale di Israele che dirige i bombardamenti a Gaza

L’esercito israeliano ha contrassegnato decine di migliaia di gazawi come sospetti per l’assassinio, utilizzando un sistema di puntamento AI con scarsa supervisione umana e una politica permissiva per i danni collaterali, rivelano +972 e Local Call.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

ELEZIONI LOCALI DEL 2024 IN TURCHIA

Riprendiamo dall’osservatorio internazionale per la coesione e l’inclusione sociale questo quadro sulle elezioni a livello locale che si sono tenute in Turchia il 31 marzo 2024. Pur non condividendo l’enfasi sulla rinascita della socialdemocrazia, il testo ha il merito di fornire un panorama chiaro sulla sconfitta subita dall’AKP di Erdogan. La Turchia ha vissuto una […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Uscita la legge europea sull’Intelligenza Artificiale: cosa va alle imprese e cosa ai lavoratori

Il 13 marzo 2024 è stato approvato l’Artificial Intelligence Act, la prima norma al mondo che fornisce una base giuridica complessiva sulle attività di produzione, sfruttamento e utilizzo dell’Intelligenza Artificiale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il colore dei manganelli

Quei fatti si inseriscono in un contesto nel quale la repressione – nelle piazze, nei tribunali, nelle carceri, nei centri di detenzione per migranti – è diventata strumento ordinario di governo

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Kurdistan: filmato di 70 minuti sull’operazione di guerriglia rivoluzionaria a Zap

Il 12 gennaio Gerîla TV ha diffuso un filmato di 70 minuti dell’operazione di guerriglia rivoluzionaria nella regione di Zap, nel Kurdistan meridionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Unità operativa rivoluzionaria di guerriglieri a Zap: “Noi non ci arrenderemo, ma il nemico sì”

Gerîla TV ha pubblicato un filmato del gruppo d’azione Girê Şehîd Pîrdogan che ha preso parte all’operazione rivoluzionaria per espellere l’esercito turco dalla regione occidentale di Zap, nelle zone di difesa di Medya controllate dalla guerriglia nel Kurdistan meridionale (Iraq settentrionale).

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Levante: la puntata di ottobre 2023. Il decennale della “Via della seta” e la postura cinese in Medio Oriente

La Cina è economicamente il secondo partner di Israele (dopo gli Usa), mentre dal punto di vista diplomatico la Repubblica Popolare, fin dai tempi di Mao, ha un atteggiamento di vicinanza alle istanze del popolo di Palestina.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Kurdistan: si intensificano su tutti i fronti gli attacchi degli stati-nazione contro la rivoluzione confederale

Sebbene il movimento rivoluzionario per la libertà attivo in Kurdistan sia costantemente sotto la minaccia non soltanto della Turchia, ma di tutti gli stati-nazione capitalisti dell’area, i movimenti di truppe che negli ultimi giorni si stanno verificando su tutti i lati di questo accerchiamento, uniti all’intensificarsi, di settimana in settimana, degli attacchi, su più fronti, fanno temere un’ulteriore escalation e devono essere seguiti con attenzione per diversi motivi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La resistenza è vita: il campo di Makhmur continua a lottare contro l’aggressione irachena

La popolazione del campo dopo aver respinto a sassate le jeep dell’esercito ha iniziato subito a smantellare a mani nude il fossato creato dalle forze irachene con lo scopo di circondare il campo e installare filo spinato e torrette di controllo.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La Turchia e le sue dighe: assetare terra e popolazione per l’egemonia regionale

Di fatto la costruzione di queste dighe promuove una forma di controllo del territorio che accompagna sfruttamento coloniale e militarizzazione e ha per conseguenze la distruzione del patrimonio curdo, assiro e armeno;  come l’allagamento pianificato della bimillenaria città di Hasankeyf, seguito alla costruzione della diga di Ilisu, ha dimostrato.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Iraq Distopico

In collegamento con Luca Foschi, giornalista freelance che da anni si occupa di vicino oriente. Dall’esperienza dell’ultimo viaggio fatto di recente in Iraq ci dipinge con il suo racconto l’immagine di paese attraversato da pulsioni centrifughe che si irradiano dalla centrale Baghdad, il cui parlamento è stato occupato dalle forze leali ad Al-Sadr, fino al […]

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

In ricordo di Nagihan Akarsel

La notizia dell’uccisione di Nagihan Akarsel, attivista e studiosa femminista impegnata nella Jineoloji, fuori dalla sua casa di Sulaymaniyah ha sconvolto il mondo martedì mattina. Traduciamo il contributo di Zîlan Diyar, dal Comitato Europeo di Jineolojî e pubblicato sul sito dell’Accademia per la Modernità Democratica. Volevo iniziare con una poesia. Poi ho visto che la […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Il campo di Makhmur si sta trasformando in una prigione a cielo aperto

La co-presidente dell’Assemblea del popolo del campo di Makhmur, Pakistan Bilen, ha dichiarato che, in linea con la richiesta della Turchia il campo è chiuso con recinzioni di filo metallico e che le persone vi si oppongono. Le forze irachene vogliono chiudere l’area intorno al campo profughi di Makhmur, istituito dalle Nazioni Unite (ONU) nel […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Partito da Genova cargo stipato di carri armati americani destinati ai sauditi

L’ingente carico sarà utilizzato per combattere la guerra in Yemen dove è in atto un genocidio Di Antonio Mazzeo per Africa Express   Domenica 14 novembre, poco dopo mezzogiorno, è salpata da Genova la nave cargo “Bahri Abha” battente bandiera saudita con a bordo numerosi carri armati ed elicotteri d’assalto di produzione statunitense, destinati alle forze […]