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Minniti, Gentiloni e quella voglia di riaprire i CIE..

Dopo il lancio del piano salva Monte Paschi di Siena che in attesa delle opinioni UE indebiterà di 20 miliardi di euro ulteriori il paese (ma mica non c’erano i soldi?), è il momento di un nuovo provvedimento che dovrà senza dubbio vedere una risposta se dovessero essere confermate le indiscrezioni di queste ore.

Secondo il Sole 24 Ore infatti, il ministro dell’Interno Minniti avrebbe suggerito la possibilità di rilanciare, attraverso lavori di ristrutturazione di alcuni mesi, alcuni dei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) presenti sul nostro paese per far fronte all'”emergenza migranti”.

Lavori di ristrutturazione che a quanto pare sarebbero necessari anche per sistemare i danni provocati dalle proteste delle persone a loro tempo internate in questi moderni lager, il che la dice lunga sul loro successo.

Sarebbero infatti in corso “le verifiche e le valutazioni per far ripartire i CIE a Milano, Bologna, Potenza, Gradisca”, che non sono mai stati abrogati definitvamente ma piuttosto lasciati nel limbo fino ai nostri giorni, a differenza di strutture tuttora attive come quelle di Torino, Roma, Bari.

Il fine è ottenere 1200 nuovi posti entro alcuni mesi, in una misura che come siamo purtroppo abituati di questi tempi unisce all’obiettivo repressivo un importante piano mediatico, volto a dare in pasto all’opinione pubblica l’impressione di un governo forte e deciso sulla questione sicurezza.

E’ servita così la risposta alla psicosi post-attentati di Berlino e la conseguente vicenda Amri: bisogna fare più controlli, bisogna tenere sotto controllo i clandestini, bisogna quindi allargare la capienza delle carceri. Una spirale già sconfitta dalla storia per i propri non-risultati, ma sempre utile in tempi di shock mediatico come questo.

Istituiti nel 1998 dalla legge Turco-Napolitano (proprio lui) e resi simbolo ulteriore del controllo e della stretta sulle libertà dei migranti dalla seguente legge Bossi-Fini, i CIE si sono dimostrati oltre che luoghi di tortura e incarcerazione illegittima anche strumenti di fatto inutili.

Del resto soggiogare con bombe e ricatti economici aree enormi del globo non è la soluzione migliore per evitare massici flussi di migranti verso i nostri lidi, al di là del fatto che nonostante ciò il numero delle persone che cercano fortuna in Occidente sarebbe assolutamente gestibile da politiche dettate dalla solidarietà e non dal razzismo istituzionale di chi cerca consenso sulla messa in schiavitù.

Simboli della Fortezza Europa, i CIE sono dei veri e propri lager dove si produce ulteriormente nuova segregazione nei confronti di scappa da guerre e miseria. Ed è proprio l’Europa a chiedere con forza l’aumento della capienza dei CIE, con il prode Gentiloni che non manca di scodinzolare all’istante, magari sperando che questo favorino alla Merkel – incrementare i controlli e la detenzione sul nostro territorio, aumentare i rimpatri via volo charter – possa permettergli di avere mano libera dalla Germania sulla vicenda Monte Paschi.

La tragedia è che si continua a negare, con provvedimenti di questo tipo, la natura politica e sociale sottostante al jihadismo, continuando a legarlo con un “allarme clandestini” fuori dalla storia e dalla realtà; non prendendo inoltre atto della natura radicalizzante della detenzione in carceri o in strutture del tutto similari come gli stessi CIE.

Come se gli attenatori di Parigi e di Bruxelles non fossero cittadini degli stessi paesi che hanno colpito, come se nella radicalizzazione di Amri non fossero stati necessari i quattro anni passati nelle celle italiane. La risposta continua ad essere unicamente e solamente iper-securitaria, in un vortice che non farà altro che produrre gli stessi effetti e a produrre nuovi appelli dalle forze politiche che porteranno ad ulteriori dispositivi repressivi…

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