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Le SDF dilagano, Manbij corre verso la liberazione!

Ma già nelle scorse ore l’esito della battaglia è sembrato segnato, respinti una serie di tentativi di spezzare l’assedio, tranciata in due tra centro città e zona industriale la ridotta dell’ISIS e convocato un consiglio interetnico tra SDF e forze locali del Consiglio Militare di Manbij (MMC) per discutere il futuro della città.

La lunghezza dell’assedio rispetto ad altre operazioni delle SDF come la presa di Shaddadi (che ha fatto dubitare i detrattori della loro effettiva capacità di combattimento in una grande area urbana) è stata dovuta al tentativo di risparmiare più vite possibile da parte dei partigiani curdi ed arabi. L’ISIS non ha esitato a disseminare il territorio di mine e veicoli esplosivi ed a farsi scudo della popolazione locale (liberata palmo a palmo assieme ad ogni metro dell’abitato), rifiutando di deporre le armi dopo molteplici appelli. Non sono mancate le polemiche per l’utilizzo arbitrario da parte degli Stati Uniti, le cui forze speciali hanno partecipato all’operazione, dell’arma aerea.

Manbij rappresentava il principale punto di raccolta del sedicente califfato per i jihadisti stranieri transitanti dalla Turchia, ed era soprannominata “Little London” per l’ampia fetta di questi che finiva per risiedervi. Ora verrà reclamata dai suoi legittimi abitanti, tra i quali purtroppo mancherà il comandante Faisal Abu Leyla – stratega dell’operazione per la liberazione della sua città, fautore del dialogo interetnico e caduto sul campo lo scorso 5 giugno.

La battaglia contro l’ISIS nella regione di confine di Sebha non è tuttavia ancora finita. Restano i valichi di frontiera di Jarabulus ed Al-Rai e la città di Al-Bab, centro dell’intelligence estera jihadista. Ma un nuovo, enorme passo avanti è stato appena compiuto dal Rojava in lotta contro settarizzazione ed oscurantismo. Biji Berxwedana SDF!

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