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La crisi nel campo di Yarmouk dopo l’invasione di ISIS

L’assassinio di Yahya Hourani (Abu Suhaib), principale responsabile di Aknaf Beit al-Maqdis nel campo di Yarmouk, avvenuto il 30 marzo, ha esacerbato la crisi e intensificato la situazione e la sofferenza del nostro popolo nel campo di Yarmouk, ed ha anche tagliato la strada al tentativo palestinese di mantenere il campo neutrale di fronte al conflitto in Siria. Dopo l’assassinio uno dei gruppi di Aknaf Beit al-Maqdis ha arrestato combattenti dell’ISIS, nonostante le obiezioni di Jabhat al-Nusra. Questi eventi hanno spinto Jabhat al-Nusra a schierarsi contro Aknaf Beit al-Maqdis, nonostante alcuni di questi elementi si siano coordinati con loro in passato, ed a lanciare un complotto, in piena collaborazione l’ISIS, per invadere al-Hajar al-Aswad e al-Takadom, e per invadere campo di Yarmouk, controllarlo ed eliminare Aknaf Beit al-Maqdis. Questa invasione ha avuto luogo in un breve periodo di tempo, a dimostrazione della portata del coordinamento con Al Nusra, al fine di spianare la strada ad ISIS per raggiungere questo controllo senza alcuna difficoltà o confronto. Questa invasione ha obbligato le persone rimaste nel campo [in origine i residenti di Yarmouk erano 180.000; mentre oggi ne sono rimasti solo 17.000] a fuggire in regioni limitrofe e sotto il controllo di una serie di gruppi dell’opposizione, come Ababil Horan, Liwaa al-Islam, e Sham al-Rasoul; tutte piccole formazioni appartenenti al Fronte islamico nelle aree meridionali sotto Zahran Alloush, che è noto per essere sostenuto dall’Arabia Saudita. Tutto ciò ha imposto una nuova realtà che minaccia direttamente la presenza palestinese nel campo profughi di Yarmouk, scatenando paura, terrore, allontanamenti e saccheggi.
Dopo l’assalto al campo, l’ISIS ha arrestato alcuni membri di Aknaf ed alcuni civili, prendendo il controllo del Palestine Hospital, unico ospedale funzionante nel campo il quale, nonostante la mancanza di medicinali e attrezzature mediche, riesce a continuare ad offrire servizi medici. Infine, terminato l’assedio all’ospedale, durante il quale vi era anche stato intrappolato lo staff medico, il personale medico si è spostato all’ospedale di Al-Bassil, nel quale mancano le apparecchiature mediche, ma che è stato utilizzato per il trattamento di alcuni semplici casi di feriti e negli scontri tra Aknaf da un lato, e l’ISIS e Al Nusra dall’altro.
L’ISIS, dopo aver dominato gran parte del campo, è entrato anche nelle moschee chiedendo la resa dei membri di Aknaf ad Al Nusra, assicurando loro sicurezza nel caso in cui si fossero arresi. Ciò ha fatto sì che alcuni dei membri del Aknaf si siano arresi ad Al Nusra. Aknaf Beit al-Maqdis ha poi annunciato sono stati costretti a scontrarsi contro la cooperazione tra Nusra e ISIS all’interno del campo. I militanti del gruppo Aknaf hanno chiesto aiuto alle forze del Fronte Islamico all’opposizione, ma queste forze hanno ignorato l’appello e non hanno risposto a questa chiamata. Il campo è stato tagliato da tutti i lati, dal crocevia di Tadamon /Palestine, e da quello di di Yalda / Palestine Square.
Aknaf si è trovato a confrontarsi con queste bande che hanno approfittato della possibilità di irrompere nelle abitazioni, rubando cibo alle famiglie sfollate e invadendo uffici che prestavano soccorso alla popolazione del campo, tra cui la sede del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, dove ha sede la società di soccorso civile dell’OLP, nel quale hanno rotto mobili, rubato beni e materiali, bruciato poster dei martiri, striscioni e bandiere palestinesi e scritto slogan sui muri, come ad esempio “riusciremo ad ammazzarvi, infedeli”. Dopo queste invasioni e gli scontri seguiti, i compagni sono stati in grado di ripristinare l’ufficio e di riprendere il lavoro.
Dopo questo, l’ISIS ha posto cecchini all’interno delle abitazioni e sui tetti degli edifici per impedire il movimento di civili, ferendo e uccidendone cinque, alcuni dei quali morti a causa della mancanza di cure mediche e di medicinali. I martiri sono stati sepolti nei luoghi nei quali sono caduti perché il cimitero dei martiri del campo non è accessibile a causa di scontri tra ISIS / Nusra e Aknaf.
ISIS è riuscito a controllare gran parte del campo, Aknaf non è stato in grado di rispondere a questo attacco e ha chiesto aiuto alle fazioni dell’Alleanza in coordinamento con lo Stato Siriano per sconfiggere l’ISIS e per scacciarli dal campo profughi. Alla luce di questa realtà, sarebbe possibile un’alleanza tra i comitati popolari palestinesi da un parte e le altre fazioni e dall’altra Aknaf, ma senza una visione né una posizione palestinese per la liberazione del campo.
Durante la riunione con le fazioni dell’OLP del 7 aprile, così come nella riunione delle 14 fazioni dell’8 aprile, anche la posizione della delegazione dell’Autorità palestinese ha mostrato come non sia possibile una posizione unitaria del fronte palestinese. Nel frattempo, la paura e la sofferenza delle persone intrappolate nel campo prosegue, in quanto temono di essere colpiti da missili, razzi o da bombe degli eserciti stranieri contro l’ISIS e la sua invasione.
Nello stesso contesto, c’è stata una consapevolezza da parte di Aknaf che nessuna assistenza proveniente da Yalda / Palestine Square potrà aiutare Aknaf, ma, come gli eventi hanno dimostrato, sono stati costretti a distendere in modo sparuto la loro presenza al fine di proteggere le loro linee di difesa.
Non possiamo dire con certezza quale sia la situazione attuale; nulla è ancora deciso, ogni partito si attesta sulla sua posizione senza avanzamento: ISIS e Al Nusra nelle zone di Loubia, Aknaf e le fazioni dell’Alleanza in prossimità della Moschea di Salah al-Din. Battaglie e scontri continuano a registrarsi tra le parti. Questo è uno sviluppo pericoloso, complica ulteriormente le cose e obbliga le fazioni palestinesi a muoversi più rapidamente per adottare una posizione unitaria; le fazioni dell’OLP devono cogliere questa opportunità al fine di poter difendere la gente del campo, ed una sua ulteriore dispersione, da questo attacco.
Questa situazione avviene perché per 67 anni ai rifugiati palestinesi è stato negato il diritto di tornare nelle loro case. Il progetto sionista, razzista e colonialista, ha costretto i profughi palestinesi ad abbandonare le loro case e continua a negare loro il diritto al ritorno, ed è pienamente responsabile di ogni attacco contro i diritti e la vita dei profughi palestinesi, che continuano a lottare, in primis, per il loro ritorno e per la liberazione della Palestina.

 

 

Dalla pagina fb del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina

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