
L’occhio oltre la vetrina: cosa (non) resta a Rio dopo le Olimpiadi
Chi vive e ama Rio sa bene che gli sgomberi e le rimozioni forzate di case di fortuna e baraccopoli moltiplicatesi in questo ultimo anno non si vedevano dagli anni ’60 del secolo scorso, una fase storica non certo rosea per il popolo brasiliano. Ora decine di migliaia di persone si ritrovano da un mese all’ altro sballottate chilometri e chilometri dai distretti in cui hanno costruito la loro vita e le loro relazioni sociali, sbattute all’ esterno nei nuoi complessi urbani che foraggiano la speculazione edilizia. L’ impiego di esercito e l’uso sistematico della violenza contro i poveri tramite la mano armata dello Stato sottende ai grandi interessi speculativi dei cartelli edilizi, gli stessi che hanno tratto i maggiori benefici dalla costruzione a ritmi vertiginosi e a dir poco insostenibili dei mega-impianti, che già in edizioni olimpiche passate in altri Paesi non sono stati poi riutilizzati e messi a disposizione quali prodotti di welfare, ma andati in dismissione, se non abbandonati. Una sorta di mega-modello Expo, insomma.
Spostamenti forzati di decine di migliaia di persone in precarietà abitativa e condizione di povertà pressoché assoluta; pulizia sistematica dei quartieri da persone di colore, il tutto in un regime economico e politico che prevede tagli nei settori chiave per gli standard di vita della popolazione: sanità, istruzione e trasporti. L’istantanea esemplare del sistema-Olimpiadi a Rio è quella che si può “ammirare” con i propri occhi dinanzi al Parco Olimpico: una mega-opera che resta, un intero quartiere (Vila Autodromo) svuotato delle persone che ci vivevano.. Stessa scena, ancora più cruda, nella zona del Maracanà, ombelico della metropoli, con il distretto di Uerj e la favela in totale stato di abbandono, in cui gli unici soldi spesi sono stati quelli dei raid militari contro gli abitanti (e in cui si sono consumate parte delle uccisioni denunciate dal comitato di osservazione dei diritti umani dei giochi olimpici brasiliani a partire dallo scorso anno). Mentre lo Stadio ha visto ingenti finanziamenti per la sua ristrutturazione, tutto intorno al complesso è dismissione e grigiore, ivi compresa l’ Università Statale di Rio, falcidiata da tagli al personale e disinvestimenti strutturali. E’ (anche) in questa zona che la lotta per il diritto all’ abitare, strettamente connessa a quella per la garanzia di un trasporto pubblico accessibile, è stata fortemente repressa dal 2013 in poi.-
Il costo complessivo dell’ accoppiata Giochi-Mondiali a Rio sarà di oltre 25 miliardi, dunque. Un investimento faraonico che non sarà mai ripagato, e di cui rimarranno benefici per pochissimi e miseria per tante, tantissime persone : si stima che per garantire un sistema di trasporti efficiente e alla portata di tutti nella metropoli brasiliana ci vorrebbero ben 42 miliardi, ma risulta chiaro che non ci sarà alcunché, nemmeno le briciole, per gran parte della popolazione locale..
C’ è chi parla di modello di città escludente-snob, c’è chi pensa sia opportuno parlare di città classiste in cui la criminalizzazione delle povertà in nome dei privilegi può essere sanata solo con forme di conflittualità radicale e al contempo massificata.
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