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Il problema abitativo è una questione di ordine pubblico?

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Pubblichiamo un contributo scritto da una ricercatrice di Sociologia sull’emergenza abitativa in Italia, nel giorno in cui il nuovo governo ha ricominciato a sgomberare gli stabili occupati a Roma.

L’Italia è colpita da una grave emergenza abitativa. Ma il Governo reagisce con un’acutizzazione della repressione finalizzata a ristabilire un presunto ordine pubblico. È ciò che sta accadendo in questi giorni con una circolare del Ministero dell’Interno con oggetto “Occupazione arbitraria di immobili. Indirizzi”. Per l’ennesima volta il problema abitativo viene affrontato come una questione di ordine pubblico e non come un una problematica sociale che colpisce un numero crescente di persone.
Dalla metà degli anni Novanta le politiche territoriali e sociali sono state inefficienti, se non del tutto assenti. Lo ammette anche il Ministero dell’Interno nella Circolare Ministeriale pubblicata il 1 settembre 2018: “L’occupazione abusiva degli immobili costituisce da tempo una delle principali problematiche che affliggono i grandi centri urbani del Paese, conseguenza a volte della difficoltà di porre in essere politiche territoriali, urbanistiche e sociali” (1). Quindi, per i Governo, il ragionamento conseguente è rinforzare la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, incentivando gli sgomberi. Come se occupare immobili abbandonati e in disuso per uno scopo abitativo costituisse una situazione pericolosa per il Paese. Non sarebbe, invece, più pericoloso se migliaia di persone e famiglie restassero senza casa? Come potrebbero continuare a vivere, a trovare un lavoro, a crescere i propri figli? Cosa si fa con le persone in stato di fragilità sociale e disagio economico? Ci si penserà, le amministrazioni locali dovranno farsi carico di valutarle e risolvere eventuali situazioni problematiche. Non è ben chiaro con quali risorse e con quali mezzi.
Per ora è più giusto difendere il diritto di proprietà che tutelare il benessere delle persone.

Dati alla mano, confermano l’aggravarsi della questione abitativa.
I costi per il mantenimento dell’abitazione si fanno sempre più pressanti. I dati Istat ci dicono che la quota maggiore della spesa è per la casa, che assorbe il 35% del totale: nell’ultimo anno, i costi per abitazione, acqua, elettricità e altri combustibili è pari a 898 euro mensili (2). Se si calcolano le variazioni della spesa media mensile per l’abitazione e di quella media mensile totale delle famiglie italiane, in rapporto al 1997, osserviamo che la spesa per la casa (incluse le utenze) è cresciuta molto di più della spesa totale: negli ultimi anni la variazione della spesa per abitazione e utenze è stata mediamente del 50% in più rispetto a 20 anni fa (3).

Quanto non si riesce più a sopportare i costi della casa, subentra lo sfratto. Nel 2015 i provvedimenti emessi ammontano a 65.344, nel 2016 calano a 61.718.
Nel 2017 si contano 50.609: uno ogni 419 famiglie residenti. Torino, Milano, Venezia, Verona, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Catania e Palermo raccolgono il 40% dei provvedimenti di sfratto emessi.
Oggi, la numerosità degli sfratti è ritornata ai livelli degli anni Novanta, ma con un aumento netto dei provvedimenti emessi a causa del ritardo nel pagamento del canone di affitto: una media annua di 25 mila sfratti per morosità nella seconda metà degli anni Novanta contro una media di 60 mila negli ultimi cinque anni, più del 200% dal 1995 al 2017 (4).

E le politiche? Quasi inesistenti. Dagli anni Novanta, oltre all’abolizione dell’equo canone (5), si avvia un processo di cartolarizzazione e vendita del patrimonio pubblico (6) e un processo di liberalizzazione del mercato degli affitti (7). Difatti, anche i dati Federcasa ci dicono che, negli ultimi due decenni, agli aumenti dei prezzi del mercato immobiliare è corrisposta una riduzione dell’offerta abitativa pubblica: in totale si contano meno di un milione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, di cui circa 800 mila gestite dalle Aziende Casa (ex IACP). A causa del processo di dismissione avviato con la legge 560 del 1993, l’offerta è calata del 22%; negli ultimi anni sono state perse 56 mila unità del patrimonio residenziale pubblico (8).

E l’andazzo continua fino al 2014, anno in cui viene approvato il Piano Casa Lupi che all’articolo 3 contiene “misure per la alienazione del patrimonio residenziale pubblico”. E per chi la casa la vuole comprare? Il Cresme – Riuso pubblica i dati di una sua ricerca relativa al mercato immobiliare e conclude: “In definitiva, l’analisi storico-quantitativa ci dimostra come si è giunti alla forte compressione della capacità di acquisto passando da un periodo in cui i redditi erano in grado di sostenere consumi e investimenti a un periodo in cui solo grazie al ricorso sempre più massiccio all’indebitamento si era in grado di acquistare un alloggio fino all’attuale momento in cui, con redditi reali in contrazione, è diventato difficile anche l’accesso al credito e il sostegno del servizio al debito. Gli elementi di rottura si riscontrano già alla fine degli anni ’90 quando è evidente che i consumi stanno salendo oltre le capacità della crescita reddituale. Il periodo più recente, con l’incremento dei prezzi in presenza di moderata inflazione ed in assenza di crescita reddituale hainasprito ulteriormente la situazione facendo precipitare le possibilità di accesso all’abitazione in modo particolarmente intenso per le fasce deboli della domanda abitativa” (Cresme-Riuso, 2012, p. 102) (9). In risposta all’aumento vertiginoso delle procedure di sfratto, dal 2013 è stata istituita la figura del “moroso incolpevole” (10). Lo Stato ammette che la causa degli sfratti per morosità è dovuta a fattori di natura strutturale e congiunturale tali da determinare situazioni di disagio economico che rendono difficile, fino a diventare impossibile, il pagamento dell’affitto. Ma al contempo, le situazioni che cercando di risolvere autonomamente e dal basso il problema abitativo vengono ostracizzate. Niente può esistere al di fuori dello Stato e del mercato!

Nel 2014, di fronte alla necessità di migliaia di famiglie senza case che si sono autorganizzate per occupare immobili abbandonati, il Governo approva un provvedimento legislativo (“Piano casa Lupi”) (11), contenente l’articolo 5 sulla “lotta contro l’occupazione abusiva”. Questo provvedimento preclude il diritto di residenza e allaccio ai pubblici servizi (acqua, gas, luce) a chi occupa case, quindi, impedisce – l’iscrizione al Servizio Sanitario Regionale che garantisce l’assistenza sanitaria, – l’accesso alle prestazioni socio-assistenziali, – l’accesso al sistema scolastico e – l’ottenimento dei documenti di soggiorno per gli stranieri.

Oggi, continua l’attacco del Governo e del Ministro degli Interni Matteo Salvini verso i più poveri e i più “deboli”: immigranti, stranieri, occupanti di case. E anche qui la retorica è sempre la stessa: l’illegalità. Ma cos’è l’illegalità quando l’ingiustizia sociale diventa dilagante? Chi è che definisce cosa èillegale e e cosa è giusto? E quindi, “quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere (12)?

Contributo di Chiara D., Ricercatrice di Sociologia

Note:

(1): Cfr. http://www.interno.gov.it/sites/default/files/circolare_2018_0059445.pdf
(2): Istat (2018). Spesa per consumi delle famiglie. In Statistiche Report < http://www.istat.it >
(3): Dati Istat, 2017, Spese per Consumi in https://www.istat.it/it/files//2017/07/CS_Sese-per-consumi-2016.pdf 
(4): Dati pubblicati dal Ministero degli Interni, in  < http://ucs.interno.gov.it/ucs/contenuti/Andamento_delle_procedure_di_rilascio_di_immobili_ad_uso_abitativo-168224.htm168224.htm >
(5): Strumento di politica abitativa che prevede la determinazione dell’ammontare massimo del canone di locazione non sulla base dai prezzi di mercato e dalla libera contrattazione delle parti, ma sulla base delle condizioni dell’alloggio. La legge del 1978 prevedeva che l’affitto e il subaffitto di un’abitazione non potesse superare il 3,85% del valore locativo dell’immobile.
(6): 1993 legge n. 560 (liquidazione patrimonio edilizio pubblico); 1996 d.lgs. n. 104 (avvio dismissione degli enti previdenziali); 2001 legge n. 410 (recante disposizioni in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico). La finanziaria del 2003 che permetteva la vendita del patrimonio di Regioni, Comuni ed Enti locali hanno contribuito ulteriormente all’affermazione del concetto di “fare cassa” per il risanamento del debitopubblico. E infine, 2014, l’articolo 3 del Piano Casa Lupi (Misure per la alienazione del patrimonio residenziale pubblico)
(7): 1998 legge n. 431 (doppio mercato delle abitazioni, istituzione del Fondo nazionale per il sostegno all’accesso delle abitazioni in locazione)
(8): Cfr. Federcasa (2014). Abitazioni sociali Motore di sviluppo – Fattore di coesione. In < http://www.federcasa.it/documenti/archivio/Federcasa_DOSSIER_alloggio_sociale_agg_04_2014.pdf >
(9): Cfr. Cresme – Riusa (2012). Il mercato immobiliare in Italia e nelle città. Estratto da < www.ordinearchitetti.mi.it/download/file/11106 >. 
(10): Perdita del lavoro per licenziamento, riduzione dell’orario di lavoro in seguito ad accordi aziendali o sindacali, cassa integrazione ordinaria o straordinaria, mancato rinnovo di contratti a termine o di lavoro atipici, cessazioni di attività libero-professionali o di imprese registrate, malattia grave, infortunio o decesso di un componente del nucleo.
(11): D.L. n. 47/2014, poi convertito con modifiche dalla L. n. 80/2014
(12): Rif. Bertolt Brecht.

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