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Euro 2016, aspettavano l’Isis sono arrivati gli hooligans

Come afferma il sito storico (diciamo) ufficiale il concetto di “giorno del caos” ha cambiato il linguaggio e la cultura politica in generale. Anche quindi quella del potere istituzionale che, una volta perimetrato spazialmente e temporalmente il caos in qualche giorno e in un’area precisa, usa spesso il linguaggio della meteorologia per descrivere caos, conflitti e scioperi. La televisione francese infatti non usa in modo infrequente il concetto di “perturbazione”, come per le piogge, per descrivere gli effetti degli scioperi. Sterilizzando la portata politica in un evento. Il quale si ritrova così ad essere caldo sulla piazza, fonte infinita di immagini sui social e sterilizzato negli effetti della comunicazione politica (il piano del potere reale). Nel senso più pieno, quello dei giorni del caos alla Sterling come sovrapposizione di molteplici conflitti, il G8 di Genova del 2001 è stato l’incarnazione immediata delle produzioni sul futuro delle rivolte di piazza della letteratura cyberpunk degli anni ’90. Con buona pace dei fori sociali, capaci solo di condannare ogni sospiro, figuriamoci gli incidenti, e strutturalmente inabile a comprendere ogni dinamica profonda delle società.

E qui si entra in un altro tipo di giornate del caos, quelle provocate dai comportamenti istituzionali, che ci porta dritti a Euro 2016. Già, perchè in realtà le giornate del caos, quelle dove si sovrappongono conflitti che neanche si parlano o si conoscono, non si formano come nella letteratura di Sterling, dove la sovrapposizione dei comportamenti, l’overlapping, in un significativo rovesciamento di Rawls per il quale questo fenomeno avviene solo per definire la molteplicità codificabile dei diritti liberali, genera i giorni del caos. Al contario sono gli eventi istituzionali, o i grandi eventi come gli europei di calcio che generano quella sovrapposizione dei comportamenti di reazione che, a sua volta, genera i giorni del caos. Questo, nonostante ci si trovi nel 2016, con una scienza e delle tecnologie di polizia ad elevata complessità, anche se caotiche nella loro connessione reciproca e nella stessa operatività, quanto non sempre capaci di contrastare differenti occasioni di “perturbazione”. Già perché ogni evento produce effetti indesiderati ed Euro 2016 ne ha prodotti tre, frutto dell’overlapping di differenti criticità: l’effetto Isis, quello dei conflitti contro la legge che favorisce i licenziamenti, l’effetto hooligan che è sempre un’incognita.

L’effetto Isis, lo chiamiamo così per semplicità espositiva, si è già prodotto, tragicamente, con ikamikaze allo Stade de France durante la notte del Bataclan nel novembre 2015, quello dei conflitti contro la Loi Travail a causa dell’attacco alle classi subalterne da parte di Hollande (su consueta licenza Eurozona) e, alla fine, sono arrivati gli hooligan. Il Leviatano tecnologico dell’organizzazione dell’evento, costituito da una compenetrazione impressionante di istituzioni e sponsor, aveva istituito il set degli europei pensando all’Isis: quindi all’opinione pubblica è apparso lo spettacolo mediale della sicurezza diffusa, che avrebbe sigillato gli eventi allo stadio in funzione anti-Isis, assieme alla festa delle fan zone dove si vedono le partite sullo schermo e si brinda tra tifosi di differenti nazioni. Poi un paio di imprevisti: gli scioperi diffusi contro la Loi Travail, alcuni nei trasporti molto incisivi, e gli hooligans. Già, questi ultimi parevano scomparsi dalla letteratura, e dallo spettacolo mediale, sulla sicurezza. Si pensi ai due derby madrileni, tra il 2014 e il 2016, finali di Champion’s League giocati in sigillata e tecnologica tranquillità tra Lisbona e Milano. Per fare un raffronto, negli anni ’70, senza toccare l’Heysel che fu un evento avvenuto dentro lo stadio e non per le strade di Bruxelles, la finale di Coppa dei Campioni a Parigi, oggi sede della finale di Euro 2016, fu anche sede di incidenti molto gravi. Tali da provocare una dura squalifica del Leeds, squadra a cui appartenevano i tifosi che provocarono gli scontri, da ogni competizione europea. Oggi, invece, nel calcio dei grandi tornei l’hooliganismo sembrava un problema ormai secondario rispetto a quello della puntualità del traffico aereo con il quale far affluire i tifosi durante gli eventi. L’incasellamento efficiente del tifoso in ogni percorso, identificativo, logistico, dei pagamenti finanzari, della collocazione spaziale allo stadio sembrava assicurare questa scenario.

Se guardiamo invece a quanto accaduto in Francia, a Marsiglia e non solo, vediamo che è accaduto altro. Prima di tutto l’attenzione del Leviatano istituzionale rivolta principalmente all’Isis ha lasciato scoperte le tradizionali strategie di prevenzione dei comportamenti dei tifo (il focus naturale di questi eventi). Poi, un protagonismo delle tifoserie dell’Est europeo che sembra esprimersi più “sul campo” dei tornei non nazionali rispetto al passato (per motivi di maggiore accessibilità agli eventi); infine per la presenza della effervescenza delle periferie francesi mai estranee ai grandi eventi e, per un ritorno di fiamma dell’hooliganismo britannico. Quello seppellito di politiche securitarie, e di attenzione delle polizie europee, dai tempi della Thatcher ma anche capace di organizzarsi autonomamente in tipologie di viaggi e percorsi. Infatti, prima ancora di Booking.com, internet è stata l’occasione per i tifosi del Manchester United di organizzare una autonoma agenzia di viaggi della quale si sono serviti, e con profitto, anche i nemici storici del Leeds.

Un testo, anzi un capolavoro di lettura delle mutazioni antropologiche della Manchester post-thatcheriana, racconta questa questa storia (John Sugden, Scum Airways https://www.amazon.co.uk/Scum-Airways-Footballs-Underground-Mainstream/dp/1840187832 ). Il testo di Sugden porta un sottotitolo –“all’interno dell’economia underground del calcio”, che ci è utile a capire come si arriva all’oggi. Non è solo questione di comportamenti: c’è tutta una sottile economia non solo di comportamenti ma anche di concrete sterline che si scambiano, pure nell’epoca di Trivago e Tripadvisor, che ha portato i tifosi inglesi, quel tipo di tifosi inglesi a Marsiglia. I tifosi del Leeds amavano l’agenzia di viaggi degli odiati tifosi dello United per un motivo: questa conosceva le esigenze degli hooligans, dal tipo di albergo vicino ai bordelli o ai pub o a come organizzare l’arrivo allo stadio non in modalità “fan zone” ma in quella più consona, diciamo, ad una fama di un certo tipo. Quasi quindici anni dopo il testo di Sugden, queste competenze, e queste economie, della trasferta si sono enormemente sviluppate: booking.com, tripadvisor e google street, nonché una potenza non indifferente di social in grado di fornire informazioni dettagliate sui luoghi da “visitare”, servono agli old-fashioned hooligans molto più di quanto si immagini.

I comunicati stampa sui 1100 tifosi inglesi lasciati a casa perché pericolosi risultano, in questo senso, inefficaci. C’è sempre una mano invisibile dei comportamenti che, a prescindere dai fermi di polizia, che cerca di farsi notare nei grandi eventi. Stavolta, in terra francese, questa mano ha trovato il modo di farsi vedere. Ed è stata subito la nuit debout delle tifoserie. Impolitica certo ma che va a comporre la molteplice composizione delle giornate del caos francesi: tra una raffica efficace di scioperi e l’attesa di possibili mosse dell’Isis spuntano quindi gli hooligans. In un tutti contro tutti -tra tifosi inglesi, russi, polizia e abitanti delle periferie- che è simbolo e indice delle correnti disgreganti di inquietudine che attraversano la società europea. In questo senso Sterling, rappresentando i giorni del caos, non aveva fatto emergere una distopia. Ma una previsione da analista, in forma di narrazione, che non ha trovato molto tempo per veder confermate le proprie ipotesi. Capita a chi sa leggere le società. Il resto è il consueto stupidario sulle “falle della sicurezza”. Lo lasciamo agli Alfano, alle Repubblica di ogni latitudine.

per Senza Soste, Nique la police

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