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La prima intifada palestinese

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L’8 dicembre 1987 scoppiò in tutta la Palestina occupata la prima Intifada palestinese. La rivolta, durata per oltre sei anni, portò alla morte di migliaia di palestinesi uccisi dalle forze di occupazione israeliane, insieme alla detenzione di decine di migliaia di altri.

L’8 dicembre 1987, un colono israeliano identificato come Herzel Boukiza lanciò la propria auto contro dei lavoratori palestinesi che tornavano a casa attraverso il check-point di Erez/Beit Hanoun tra Israele e Gaza. I quattro lavoratori di Jabalya e Maghazi, nella Striscia di Gaza, rimasero uccisi nell’attacco terroristico.

Il giorno seguente, dopo i funerali delle quattro vittime, i palestinesi scesero in piazza a Jabalya per manifestare la loro rabbia contro l’attacco premeditato. Mentre i leader palestinesi si riunivano per discutere della situazione, le proteste e gli scontri si accesero anche nei campi profughi, diffondendosi rapidamente in Cisgiordania e Gerusalemme Est.

I palestinesi presero il controllo dei quartieri, mettendo barricate nelle strade per impedire l’ingresso ai veicoli dell’esercito israeliano. In gran parte disarmati, si difesero solo lanciando pietre contro i soldati e i loro carri armati. I commercianti chiusero i loro negozi e gli operai rifiutarono di recarsi nei luoghi di lavoro in Israele.

Dopo sei anni di scontri quotidiani e di massacri da parte dell’esercito israeliano, il totale di vittime palestinesi fu di 1550, i feriti oltre 70.000, i detenuti tra i 100.000 e i 200.000, tra cui oltre 18.000 furono trattenuti in detenzione amministrativa per lunghi periodi di tempo senza prove, imputazioni e processi.

L’Intifada delle pietre” si fermò solo dopo la firma degli accordi israelo-palestinesi di Oslo, nel settembre 1993, che portarono alla creazione dell’Autorità Palestinese e che permisero a migliaia di palestinesi della Diaspora di tornare a casa per la prima volta, dopo che furono costretti a lasciare la Palestina nel 1948.

 

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