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La battaglia di Trani

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Diario della battaglia:

– 28 dicembre 1980 – ore 8- Dopo la conta del mattino, fuori da ogni consuetudine e dopo la perquisizione generale del giorno precedente, veniamo sottoposti ad una nuova perquisizione indirizzata specificamente alla ricerca di materiale esplosivo, Nonostante il minuzioso e capillare controllo degli Agenti di Custodia (A.d.G.) i depositi logistici del CdL (Comitato di Lotta) reggono ancora una volta, permettendoci di mantenere intatto l’armamentario che ci sarà poi indispensabile per la realizzazione della battaglia.

– ore 15,20 – I nuclei armati del CdL del kampo di Trani prendono possesso del secondo piano, catturando 13 sbirri, di cui uno, nella colluttazione, rimane ferito in modo leggero. Quindi scendono al primo piano e, mentre alcuni compagni aprono le celle e predispongono il barricamento viene occupato anche questo piano catturando altri 5 agenti. In totale le guardie fatte prigioniere sono 18.

– ore 15,35 – Mentre i due piani sono interamente occupati e barricati, ha luogo il primo attacco da parte degli sbirri, all’altezza della rotonda del piano terra. L’attacco viene respinto con il lancio di una molotov e di una leggera carica libera di esplosivo plastico in modo da evitare feriti gravi. le barricate vengono rafforzate e si organizzano i turni di guardia e i vari servizi.

– ore 16,00 – Primo contatto telefonico con la Direzione, alla quale vengono comunicati gli obiettivi politici della nostra azione, sollecitandola ad astenersi dal prendere iniziative. Si fa una seconda telefonata chiedendo alla Direzione di mantenere la luce e l’acqua, che nel frattempo sono state tolte ed informandola che entro breve tempo sarebbe stato consegnato un comunicato del CdL sull’operazione in corso. Una volta verificate le condizioni delle guardie catturate (tutti sani, tranne uno ferito in modo leggero) si decide di liberare il ferito per evitare ogni possibile complicazione clinica. Vengono comunicate alla Direzione le modalità per il rilascio del ferito, modalità tutte a vantaggio della Direzione. Ma la risposta è negativa. La Direzione accampa pretesti, attribuendo al CdL l’intenzione di voler occupare anche il piano terra: inutilmente i compagni chiariscono che non è loro intenzione occupare questo piano e che in caso volessero farlo, potrebbero far saltare il cancello con l’esplosivo. In realtà, la Direzione non vuole avere il ferito, tanto da smentire pubblicamente persino la sua esistenza. Il perché di questo comportamento le si capirà in seguito: il Governo, attraverso il Ministero di Grazia e Giustizia (MGG) aveva già deciso di intervenire mettendo nel conto anche una strage e pertanto non poteva permettere il rilascio di alcun ostaggio.

– ore 17,00 – Viene consegnato il Comunicato n.1 – Arriva l’Avv. Todisco al quale si fa presente la situazione e in particolare lo si mette al corrente del rifiuto della Direzione di riprendersi il ferito. Si ottiene il riallaccio della luce e dell’acqua.

– ore 17,30 – Alcune guardie catturate chiedono di poter telefonare alle rispettive famiglie. Il CdL concede di telefonare ma il Direttore, che controlla il centralino, blocca le telefonate in uscita. Il rifiuto della Direzione e del Ministero di consentire alla richiesta delle guardie, insieme al rifiuto di recuperare il loro collega ferito, innesca una insanabile contraddizione tra le guardie imprigionate ed il Ministero, che si acutizzerà fino alla rottura.

– ore 18,00 – Vengono recuperate in una cella-sgabuzzino una mola ed una saldatrice, con cui si provvede alla fabbricazione di nuove armi ed al rafforzamento delle barricate attraverso la saldatura dei cancelli. Nel corso dell’occupazione del kampo riprende il dibattito sviluppatosi nei giorni precedenti sui contenuti della lotta e sintetizzati nel Comunicato n.1 del CdL. – Tutti sono consapevoli della necessità di porre fin da subito, al centro dello scontro, la parola d’ordine: GUERRA ALLA STRATEGIA DIFFERENZIATA e di vedere questa battaglia come un momento di questa guerra.

29 dicembre 1980- La mattina viene consegnato il comunicato n.2, in cui si chiede la presenza di giornalisti , avvocati, magistrati e parlamentari, per una conferenza stampa. La Direzione si dichiara disponibile ed accoglie le disposizioni formulate nel comunicato.

– ore 10,00 – L’appuntato delle guardie ferito viene portato oltre le barricate fino alla rotonda, dove un solo cancello lo divide dai suoi colleghi, ma la Direzione non li autorizza a prelevarlo. L’appuntato, ormai libero, rimane così tra le barricate e il cancello della rotonda, senza che nessuno lo voglia.

– ore 14,00 – Il direttore Brunetti, il sostituto procuratore De Marinis e gli onorevoli Cioce e Scamarcio della Commissione Giustizia del Senato, vengono per parlamentare con noi. Gli si fa presente la situazione dell’appuntato (ferito) Telesca, gli si ribadiscono i termini politici dell’operazione in corso e le condizioni per il rilascio delle guardie. Questi danno ampia assicurazione sul fatto che non ci sarà una soluzione di forza, ma si arriverà ad un epilogo basato sulle trattative. Mentre in realtà come Scamarcio stesso dichiarerà su Lotta Continua del 3.1.1981, era già stato deciso diversamente. L’obiettivo del MGG era quello di prendere tempo in modo da disporre le manovre politiche e i mezzi tecnici necessari all’attuazione dell’intervento dei GIS (Gruppi di Intervento Speciale dei Carabinieri). L’occupazione militare del kampo da parte del CdL, rappresentava un grosso successo per il movimento dei PP ed uno smacco per il nemico il quale, inizialmente, era rimasto disorientato e spiazzato politicamente e militarmente. Ciò lo costringeva a tentare di recuperare una parte della credibilità perduta mediante un’avventura militare i cui esiti erano del tutto incerti e imprevedibili. Se questa avventura non si è trasformata in un massacro senza precedenti, non è certo dovuto all’efficienza e alla preparazione militare dei GIS e di chi aveva fatto la scelta politica di utilizzarli, ma esclusivamente all’intelligenza politica e al comportamento del CdL e dei PP, che pur subendo l’offensiva del nemico, hanno sempre saputo mantenere saldamente il controllo della situazione.

– ore 15,00 – Viene steso il comunicato n.3 del CdL con allegata una lettera autografa che annuncia le dimissioni e il pentimento dei 18 AdC (guardie); in essa erano contenute frasi di disprezzo verso il MGG, il Governo, i CC e la Direzione e implorazioni rivolte ai loro colleghi e superiori affinché bloccassero ogni eventuale intervento di forza, che avrebbe messo a repentaglio la loro vita. Oltre la stesura di questa lettera, gli AdC avevano glà ampiamente collaborato, fornendo informazioni utili al movimento dei PP.

– ore 16,00 – Il Direttore Brunetti annuncia che verranno a ritirare il ferito, il quale per tutta la giornata è rimasto sui gradini della scala, dietro il cancello della rotonda. Annuncio falso e tendenzioso.

– ore 16,20 – GIS, CC, AdC attaccano simultaneamente dall’alto (elicotteri) e dal basso, fregandosene della vita degli ostaggi. Il primo attacco alla rotonda del piano terra viene respinto dal lancio di una molotov e di una bomba al plastico. I mercenari attaccanti volano per aria. Apprendiamo in seguito che più di 20 resteranno feriti. A questo punto, davanti al cancello della rampa che immette sulla rotonda, vengono portati da noi due ostaggi, allo scopo di ricordare al nemico che non avremmo permesso un massacro senza adeguata rappresaglia. Nel frattempo i GIS sono calati sul tetto del carcere dagli elicotteri, mentre un elicottero copriva l’operazione sparando sui finestroni della rotonda del primo e secondo piano, in modo da impedire il presidio da parte dei proletari prigionieri armati di bombe. Nelle rampe delle scale, inoltre, vengono fatte esplodere una serie di saponette di esplosivo davanti ai finestroni, di cui una davanti alla finestra della stanza del telefono dove la Direzione pensava fossero riuniti i responsabili del C.d.L. C’è un terzo tentativo di irruzione dalla “rampa uno” del piano terra, tentativo che viene bloccato con la minaccia di una bomba. Mentre i CC si ritirano dalla “rampa uno” , un gruppo di questi fa saltare il cancello della “rampa due” con una carica di esplosivo. Contemporaneamente a questi attacchi, il gruppo di CC calati sul tetto fa saltare la botola della scala a chiocciola che si affaccia sul cancello della rotonda del secondo piano. Coperti da raffiche, con una carica di esplosivo fanno saltare il cancello che immette nella rotonda del secondo piano. Intanto, al piano terra, tentano un’irruzione dalla “rampa uno” ma vengono ancora fermati dal lancio di una bomba. A questo punto, però, il gruppo di CC che aveva attaccato la “rampa due”, riesce a salire con il lancio di bombe a mano e saponette di esplosivo fino al primo piano. I proletari prigionieri incaricati della difesa del kampo cercano di ostacolare l’irruzione dei CC lanciando le ultime bombe al plastico nei corridoi in direzione del nemico. Nel frattempo si decide di convogliare tutte le guardie prigioniere in un braccio del primo piano: l’irruzione dei CC sulla rotonda del primo piano interrompe questa operazione e divide le forze degli occupanti del kampo. Il nemico, dai cancelli delle tre scale, spazza con raffiche di mitra, colpi di fucile a pompa, bombe a mano SRCM, saponette al plastico, le rotonde del primo piano e del secondo e lo specchio dei corridoi; in tal modo i proletari prigionieri ed i compagni sono costretti a ritirarsi, divisi in quattro tronconi, nelle celle delle quattro sezioni, portando con loro le guardie prigioniere. Nel corso di questa operazione vengono colpiti alcuni proletari prig. di striscio alla testa ed in pieno in vari punti del corpo. Anche una guardia prigioniera, in divisa, viene colpita all’addome da un colpo di mitra. Mentre procede l’avanzata dei mercenari di Stato, di fronte alle minacce di rappresaglia sulle guardie prigioniere lanciate da alcuni prolet. prig., la risposta dei CC è chiara: “Abbiamo carta bianca, possiamo ammazzarvi tutti, guardie comprese”. In effetti questa affermazione viene avvalorata da numerosissime raffiche sparate ad altezza d’uomo e da un nutrito lancio di bombe a mano. Dopo essersi impossessati anche dei corridoi delle sezioni, i CC cominciano ad aprire le celle e a rastrellare con le armi spianate i prolet. prig. e le guardie in ostaggio, sparando raffiche nelle celle non solo a scopo terroristico.

Scatta la rappresaglia del nemico: ad ogni singola cella, uno alla volta, i prigionieri vengono fatti scendere dalle sezioni fino ai cortili attraverso un imponente schieramento dei CC e Agenti di Custodia che con calci, canne dei fucili e dei mitra, spranghe di ferro, bastoni e manganelli, iniziano un pestaggio a sangue sui prigionieri. Il massacro è violentissimo e nei cortili dei passeggi saranno in pochissimi a reggersi in piedi alla fine del pestaggio. Moltissimi presentano ferite lacero-contuse alla testa e in varie parti del corpo, denti rotti, labbra spaccate, mani fracassate, costole rotte o incrinate ed un enorme numero di ematomi su tutto il corpo. Il pestaggio, oltre ad essere furioso ed interessare tutti i prigionieri, è anche selettivo, nel senso che all’uscita dalla sezione e all’ingresso dell’aria, vengono identificate secondo una lista nominale, provvista di fotografia, dai CC e dai brigadieri degli A.d.C. che danno indicazioni sul “trattamento differenziato” da applicare a quelli compresi nella lista. Così i compagni ed i proletari più combattivi identificati nel corso della lotta come dirigenti, vengono minacciati di morte e massacrati con particolare ferocia ed accanimento. – ore 20.00 – Dopo il pestaggio tutti i prigionieri vengono lasciati divisi nei corridoi, ad affrontare il freddo della notte. Quattro prigionieri, in condizioni più gravi, vengono portati in ospedale; gli altri saranno curati in seguito nell’infermeria del carcere e serviranno da cavie al dirigente sanitario il “macellaio” Vincenzo Falco, ed i suoi lerci aiutanti. Giunge notizia che proprio durante la battaglia era uscito il comunicato n.6 delle B.R. che faceva proprio il comunicato n.1 del C.d.L. di Trani.

30 dicembre 1980

Dopo essere rimasti per una notte ed un giorno all’addiaccio i prigionieri vengono sistemati in due sezioni del piano terra (che contenevano in precedenza i lavoranti) in condizioni igienico-sanitarie al limite della sopportabilità. Appena stipati nei cameroni del piano terra, accalcati come bestie, i proletari prigionieri istintivamente e senza alcun coordinamento, individuano in sezione le guardie che avevano condotto il pestaggio; queste vengono scacciate dalla sezione a furor di popolo. Alcuni di questi bastardi vengono raggiunti da ceffoni e da mattoni e da altri oggetti. Questo esercizio di contropotere proletario spontaneo dimostra quanto poco il pestaggio omicida avesse fiaccato la volontà ed il morale combattivo dei proletari prigionieri.

31 dicembre 1980

La risposta all’intervento armato dei GIS è immediata e tempestiva: il Super -generale dei CC Galvaligi, braccio destro e successore di Dalla Chiesa nella carica di responsabile dei servizi di sicurezza delle carceri, viene individuato e giustiziato dalle Brigate Rosse, quale maggiore responsabile militare dell’intervento armato contro i prigionieri di Trani.

Questa azione, strettamente collegata alla battaglia di Trani, spegne sul nascere ogni illusione di vittoria tra le fila del nemico.

Guarda “Rivolta nel carcere di Trani: Intervista alla madre di Domenico Iovine – 10 gennaio 1981“:

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