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I ragazzi della barriera

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Il 25 settembre 1967 a Milano si consumò una sanguinosa rapina, la notizia rimbalzò su tutti i notiziari e le cronache del tempo si occuparono a lungo di quella che venne chiamata la banda Cavallero. Ciò che tali resoconti hanno omesso di dirci è come quegli uomini sono arrivati a compiere quelle rapine, e soprattutto perché. Negli anni Cinquanta alla Barriera, in un sobborgo operaio di Torino, chiamarsi compagno aveva un significato ben preciso. Di quella comunità proletaria faceva parte Pietro Cavallero, tutti però lo chiamavano semplicemente Piero.

Danilo Crepaldi, Adriano Rovoletto e Sante Notarnicola erano sempre al suo fianco nelle battaglie. Insieme formarono una banda, la banda Cavallero. La loro storia parte proprio da lì, dalla primavera del 1953 a Torino nel quartiere Barriera con Sante Notarnicola, ha quattordici anni, è appena giunto dalla Puglia, frequenta la Casa del Popolo subendo il fascino dei racconti partigiani. Incontra Crepaldi, Rovoletto e soprattutto Cavallero. Questi attivisti comunisti sono molto critici nei confronti della linea ufficiale del Pci, prende corpo l’idea di formare una banda e compiere rapine per finanziare i movimenti di liberazione e se stessi. Il 15 maggio 1959 rapinano l’ufficio paghe della Fiat e iniziano una lunga serie di rapine arrivando a compierne anche due o tre nello stesso giorno: la “doppietta” e la “tripletta”. Milano, 25 settembre 1967: la banda Cavallero rapina il Banco di Napoli. ma la polizia è pronta, ha predisposto una trappola. I banditi riescono però a fuggire dopo una sparatoria con morti e feriti. Durante i giorni di latitanza Cavallero arriva a confessare a Notarnicola che i soldi delle rapine sono stati sperperati. Il 3 ottobre 1967 vengono arrestati e in pochi mesi si arriva al processo. Alla lettura della sentenza dell’ergastolo la banda Cavallero intona “Figli dell’officina” un vecchio famoso canto della tradizione operaia. Cavallero e Notarnicola usciranno dalla prigione nel 1988.

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