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Dalle province maxi tagli ai fondi per la scuole

In diversi casi per pagare le bollette degli istituti i presidi hanno già dovuto utilizzare contributi proveniente dalle famiglie degli studenti, che si trovano in questo modo a dover pagare due volte: con le tasse e poi direttamente alla scuole per poter coprire le utenze. Il fenomeno è distribuito sul territorio nazionale sia a Nord che a Sud, per ora, a macchia di leopardo: nel 2014 è successo, per esempio, a Verona, Venezia, Biella, Savona e Taranto.

E nel 2015, con l’entrata in vigore dei nuovi risparmi stabiliti dalla manovra, quello dei fondi potrebbe diventare una vera e propria emergenza su scala nazionale.

Dal 1996 gli istituti secondari sono di competenza delle Province, quindi nel loro bilancio rientrano le spese di manutenzione e le spese per il funzionamento ordinario, ciò che serve per mandare avanti una scuola: bollette, internet, cancelleria e segreteria e via dicendo. Tuttavia negli ultimi anni i sempre maggiori tagli hanno ridotto i fondi disponibili per le scuole. I tagli sono stati 444 milioni nel 2014, 576 milioni nel 2015. E nell’ultima legge di stabilità il governo rincara la dose: un altro miliardo di tagli nel 2015, poi due nel 2016 e tre nel 2017. Tuttavia la legge targata Graziano Delrio riafferma tra le funzioni fondamentali delle Province il mantenimento degli istituti superiori.

È evidente che la morsa a tenaglia mossa dal governo stia producendo una situazione che prima di tutto va a gravare sugli studenti e sulle loro famiglie, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista della qualità del servizio offerto. Infatti, oltre a richiedere di pagare di tasca propria le spese per il mantenimento ordinario delle scuole, da anni vengono impiegati i fondi che dovrebbero servire a migliorare il servizio offerto agli studenti.

Anche in questo caso le manovre del governo Renzi non fanno gli interessi di giovani, studenti e famiglie.

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