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Torino, 17 novembre: direzione Bankitalia!

Mentre le prime scuole cominciano ad essere occupate, ed altre si preparano a compiere questo passaggio, mentre nelle facoltà universitarie si continuano a tenere assemblee e dibattiti, con l’obiettivo dell’attraversamento delle scadenze di lotta ma soprattutto il tentativo di riscaldare un autunno di mobilitazione ancora troppo al palo… A Torino domani il 17 novembre sarà segnato dal battito dell’opposizione alla crisi, puntando il dito contro lo strapotere finanziario che comanda il mondo i governi e le vite di tutt*: direzione Bankitalia!

La manifestazione studentesca che partirà da piazza Arberello, che sarà partecipata anche dalla presenza dello sciopero generale indetto dai Cobas e dalla Cub, prenderà la strada in direzione della Banca d”Italia, un obiettivo lanciato dagli studenti medi, assunta dalla piazza dell’11.11.11 di Occupy Torino, fatta propria anche dai collettivi autorganizzati dell’università.

Seguendo l’onda degli indignati americani di Occupy Wall Street, anche a Torino, domani proseguirà la sperimentazione, ripartendo dalla giornata del 17 novembre, per cambiare di segno l’autunno nostrano!


Interviste verso il 17 novembre

Nanni, liceo Gobetti – Kollettivo Studenti Autorganizzati

 

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Francesca, Collettivo di Scienze Politiche

 

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“Anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti”

E la verità è che c’è qualcosa di terribilmente marcio in questo paese. Crudeltà e ingiustizia, intolleranza e oppressione. E lì dove una volta c’era la libertà di obiettare, di pensare, di parlare nel modo ritenuto più opportuno, lì ora avete censori e sistemi di sorveglianza, che vi costringono ad accondiscendere e sottomettervi. Com’è accaduto? Di chi è la colpa? Sicuramente ci sono alcuni più responsabili di altri che dovranno rispondere di tutto ciò; ma ancora una volta, a dire la verità, se cercate il colpevole… non c’è che da guardarsi allo specchio.

Da V for Vendetta

L’autunno che timidamente si affaccia alle nostre finestre porta con sé aria di cambiamento ma anche perplessità e spaesamento di fronte a quello che sta accadendo negli ultimi giorni. Occorre fare un’analisi approfondita e coordinata degli avvenimenti che ci coinvolgono: il governo con la sua politica di austerity, la crisi che dilaga senza dare cenni di assestamento e la nostra condizione di studenti e studentesse che risente già dei primi effetti del post Gelmini. L’otto novembre abbiamo avuto la conferma ancora una volta dall’assenza di una maggioranza in quanto, in occasione dell’approvazione del disegno di legge di rendiconto generale dello Stato del 2010, i voti favorevoli sono stati 308, otto in meno rispetto alla quota di sopravvivenza dell’esecutivo; dopo pochi giorni il presidente del consiglio si è visto costretto a dare le dimissioni. A questo punto sorge la possibilità di creazione di un cosiddetto governo tecnico che andrà ad approvare la legge di stabilità proposta dall’Europa, provvedimento ancor più lacrime e sangue di quanto ormai stiamo sopportando. Disegno neoliberista che prevede liberalizzazione dei servizi pubblici locali, trasformazione del progetto della Torino-Lione in area di interesse strategico nazionale e quindi difficilmente accantonabile e soprattutto zona totalmente militarizzata, maggiore flessibilità dei contratti di lavoro e aumento dell’età pensionabile per gli uomini e per le donne a 67 anni; tutto ciò strizzando l’occhio alle banche che si inseriscono in un programma di privatizzazioni ormai avviato da tempo. Naturalmente la fine di Berlusconi non fa tirare un sospiro di sollievo ma riporta alla mente la presenza (da leggersi “assenza”) di un’opposizione che canalizzava la sua unica forza contro un nemico inflazionato e quanto mai scontato e che andrà a mettere in atto una serie provvedimenti lesivi nei confronti di tutto ciò per cui i movimenti nazionali si sono battuti e si stanno battendo. La finanza globale è lo spettro che prenderà il posto dei governi fantoccio che mangiano sulle nostre spalle ed è contro l’austerity generalizzata che le reti di movimento internazionali devono mobilitarsi. Abbiamo avuto un primo appuntamento il 15 ottobre che ha visto declinarsi in maniere diverse nei vari Paesi la lotta e l’indignazione sull’onda delle acampadas spagnole e ne abbiamo avuto un altro un altro l’11.11.11 che ha riproposto i temi della protesta di Wall Street e che ha come parole d’ordine OccupyEverywhere.A Torino piazza Castello ha accolto un’assemblea partecipata , aut organizzata e molto eterogenea: dagli studenti, ai precari della scuole, ai lavoratori, ai noTav, giovani e meno giovani. Dopo un primo momento di confronto sulle motivazioni dell’essere in piazza, che avevano come filo conduttore il rifiuto di pagare la crisi e la consapevolezza che il governo Monti non sarà tanto diverso dal precendente, si è passati al proporre azioni concrete per manifestare l’insostenibilità di questo periodo storico. Dunque, facendo propria la proposta di uno studente, si è deciso di inserirsi nella data del 17/11 con #OccupyBankItalia, luogo simbolo del malessere generalizzato che ci coinvolge tutti e tutte. Ma non ci si deve fermare alla lotta contro una crisi globale che si abbatte sulla quotidianità di ognuno e che si traduce in affitti inavvicinabili, in trasporti troppo cari, nel carolibri, in una cultura che non possiamo permettere e in un’università scadente o per pochi privilegiati: proprio nel nostro Paese questa battaglia deve andare a focalizzare un colpevole specifico, ossia la riforma Gelmini con i suoi già evidenti effetti devastanti. Innanzitutto il ddl è stato definito “a costo zero” , ciò significa che le spese ricadono sui singoli atenei e questo crea immediatamente gravissimi problemi: i borsisti edisu sono i primi a essere colpiti con pesanti tagli alle borse di studio, con revisione dei già ristretti criteri per entrare in graduatoria e senza la garanzia di avere una casa o di continuare ad averla. In secondo luogo le tasse continuano ad aumentare imponendo rate dai costi proibitivi per avere un servizio inefficiente e sempre meno formativo e l’assenza di finanziamenti fa correre il reale rischio di cadere nelle mani di banche e privati che chiaramente non lavoreranno nell’interesse della creazione di un libero e pubblico sapere. Non da ultimo ci cade sulla testa il nuovo programma delle lauree magistrali per l’insegnamento: un tunnel di intricata burocrazia per accedervi, un iter interminabile, una formazione troppo limitante (se vuoi insegnare alle superiori non insegnerai mai alle medie, se decidi di entrare nella classe di insegnamento per il liceo classico non potrai mai cambiare idea), il tutto coronato da due anni di tirocinio non pagato (sempre se supererai le tre prove abilitanti previste una sola volta all’anno). Ecco come far rinunciare alla maggior parte degli studenti e delle studentesse a intraprendere un percorso per la propria vita futura che porterebbe alla realizzazione nell’insegnamento.Il problema non colpisce solo la nostra facoltà di Lettere e Filosofia ma è generalizzato e ne risentiranno tutti i corsi di laurea. Questo ci fa capire quanto sia importante ora non stare a guardare e non aspettare che qualcun altro risolva (forse) la questione al posto nostro. L’abbiamo già sperimentato con la riduzione degli appelli, per quanto ci riguarda, e non dobbiamo rischiare un’altra volta di accontentarci di soluzioni fittizie quando possiamo (e dobbiamo) volere di più. Basta con i falsi compromessi: è tempo. È tempo di prendere in mano la situazione: crisi, austerity, post Gelmini sono spettri che vanno abbattuti e questo sarà possibile in una prospettiva di mobilitazione che ci vedrà, ancora una volta, protagonisti attivi. Il 17 novembre, data storica per il diritto allo studio, diventa a questo punto fondamentale in quanto scendendo in piazza, student* medi e universitari, porteranno i loro contenuti che non si riferiscono solo ad una mera sfera studentista ma si allargano facendo proprio il grido “Que se vayan todos (ma proprio todos)” così come vediamo che sta accadendo a Parigi e Londra e in tutta Europa. Siamo tutt* coinvolti,  è inutile credersi assolt*.

Editoriale della fanzine del Collettivo di Lettere e Filosofia

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