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Missouri: studenti afroamericani in sciopero della fame fanno dimettere rettore razzista

L’onda lunga del movimento #BlackLivesMatter non accenna a placarsi e, dopo le grandi proteste contro le violenze della polizia, ad essere attraversati dalla lotta antirazzista degli african-american sono i più prestigiosi college statunitensi. L’avanguardia di questa nuova fase di mobilitazione è l’Università del Missouri, già attraversata dalle proteste in seguito all’omicidio di Mike Brown nella vicina Ferguson nel 2014, e diventata nelle ultime settimane un vero e proprio punto di riferimento per gli studenti neri che sfidano la supremazia bianca e il razzismo istituzionale nei luoghi di istruzione superiore.

A scatenare le polemiche due episodi in particolare: il primo risale ad alcuni mesi fa, quando un professore della Mizzou (come è meglio conosciuta l’università del Missouri) è stato chiamato “nigga” (negro, ndr) mentre camminava nel campus; il secondo, di appena due settimane fa, riguarda il ritrovamento di una svastica disegnata con delle feci sul muro di un dormitorio. In seguito a questi avvenimenti gli studenti hanno deciso che era arrivato il momento di prendere parola. I primi a mobilitarsi sono stati i membri afroamericani della squadra di football dell’università, che – con il sostegno dell’allenatore e degli altri compagni di squadra – hanno giurato di non scendere in campo fino a quando il rettore, Tim Wolfe, non si fosse dimesso. Un vero problema, soprattutto per un ateneo che ogni anno ricava 20 milioni di dollari dalle partite giocate nelle Southeastern Conference, una delle più importanti federazioni di football americano intorno alla quale gravita un circuito d’affari di oltre mezzo miliardo.

Il rettore Wolfe è diventato così la prima controparte degli studenti neri in lotta per la giustizia razziale nel campus, organizzatisi all’interno del gruppo “Concerned Student 1950”. Nei giorni successivi si sono susseguite le iniziative di contestazione nei confronti dei vertici dell’Università, che si sono più volte rifiutati di interloquire con gli studenti (addirittura, il 10 ottobre, il rettore ha fatto intervenire la polizia contro un gruppo di studenti che aveva bloccato la sua auto). Il 2 novembre, infine, il dottorando Jonathan Butler ha annunciato che sarebbe entrato in sciopero della fame per costringere Wolfe alle dimissioni. Nello stesso giorno centinaia di studenti si sono accampati nel cuore del campus universitario, il Carnahan Quadrangle, a sostegno dello sciopero della fame di Butler.

La partecipazione degli studenti afroamericani (ma anche di molti bianchi) alla lotta della Mizzou è quindi cresciuta di pari passo con la diffusione del comunicato dello “sciopero del football”, il cui gesto è stato immediatamente paragonato con quello di icone afroamericane dello sport come Muhammad Ali o i campioni olimpici Tommie Smith e John Carlos. Negli stessi giorni intanto, alla prestigiosa Yale University, oltre 300 studenti chiedevano risposte al rettore Peter Salovey rispetto ad alcuni vergognosi episodi di razzismo verificatisi nelle settimane precedenti.

La mobilitazione permanente degli studenti della Mizzou si è così rapidamente trasformata in un caso nazionale, riattivando molte persone sul tema del razzismo e dell’implicito apartheid al quale sono tuttora sottoposti i cittadini afroamericani degli states. Come è stato fatto notare dal alcuni reportage di questi giorni, esiste un doppio filo che lega i protagonisti dei riot di Ferguson e Baltimore (quelli che Obama definì “teppisti”) agli studenti dei campus universitari in lotta. Molte delle persone che abbiamo visto lanciare sassi ed espropriare supermercati al grido di “Fuck the police!”, sono in buona parte le stesse che oggi vediamo impegnate in una delle più vaste campagne per i diritti civili negli USA degli ultimi trent’anni. Il dato di fatto rimane quello puro e semplice: trentadue uomini e donne african-american (i membri di “Concerned Student 1950”) sono riusciti a bloccare un organismo burocratico che impiega 25.000 persone e forma più di 77.000 studenti semplicemente dicendo: “No”.

 

Sì, perché proprio nella giornata di ieri il rettore Tim Wolfe ha finalmente deciso di rassegnare le dimissioni prendendosi “la piena responsabilità per la frustrazione degli studenti e per l’immobilismo che ne è conseguito”. Immediatamente dopo sono giunte anche le dimissioni, effettive a partire dalla fine dell’anno, del cancelliere dell’Università R. Bowen Loftin. Una vittoria importante che è stata accolta con entusiasmo dagli scioperanti della Mizzou (i quali nel frattempo hanno istituito una “no-media-area” intorno all’acampada del campus per impedire ai giornalisti di fornire una visione distorta della mobilitazione) ma ha avuto soprattutto il merito di rilanciare la battaglia contro il razzismo nelle università.

Qui di seguito riportiamo la lettera scritta dalla Missouri Students Association in seguito alle dimissioni del rettore Wolfe: 

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