InfoAut
Immagine di copertina per il post

La parte del torto

Una riflessione che parte da alcune studentesse e studenti della Sapienza in merito alla mobilitazione per il boicottaggio degli accordi università-Israele.

da Global Project

“Voi che di voi vi dite, “Più buoni”

Voi che di voi vi dite, “Più civili”

Voi che da voi vi imbellettate di cultura Noi che di noi premiamo la paura..”

La ricerca, la logistica e la produzione di armi sono i punti chiave da bloccare, per sabotare le guerre, fermare il genocidio del popolo palestinese, sostenere concretamente le popolazioni che subiscono la violenza della guerra sulla propria pelle.

Gli studenti e le studentesse della Sapienza hanno individuato questo obiettivo: bloccare gli accordi di ricerca tra l’istituzione accademica romana e quelle israeliane, consapevoli che la ricerca e la cultura non sono neutrali. La chiave di lettura è il ruolo duale delle tecnologie avanzate che vengono studiate ed elaborate all’interno del complesso accademico per poi riversarsi sia sul suolo civile, sotto forma di controllo e disciplinamento capillare, che in campo militare tramite l’innovazione tecnologica delle armi.

Mentre il Rettorato scrive che, per amore della ricerca e della pluralità, gli accordi non possono essere disdetti, l’industria militare e della sicurezza trae vantaggio da questo “amore per la ricerca e per l’innovazione” potendo testare direttamente sul campo bellico (e sui civili) le tecnologie militari che, nel contesto di guerra, avanzano e si affinano esponenzialmente. 

La commistione tra università e industria bellica è evidente dall’appartenenza di professori e rettori (tra cui la Rettrice Polimeni) alla fondazione Med-Or di Leonardo Spa, azienda che conduce sia Master che colloqui tra studenti di ingegneria e non solo, per influenzare e sfruttare la produzione di conoscenza a loro vantaggio. Parallelamente gli accordi Maeci promuovono e concretizzano la collaborazione e la complicità con Stati come Israele per far avanzare la produzione scientifica e tecnologica. Che l’università cosiddetta “pubblica” si nutra in realtà di finanziamenti privati e della cooperazione con istituzioni belliche e repressive, nazionali ed estere, e soccomba dinnanzi ai loro interessi, mostrando pubblicamente il volto democratico della “difesa della libertà”, è un altro fatto a noi ben noto che le contestazioni di questi giorni rendono sempre più evidente.

Mettere sabbia negli ingranaggi dell’apparato bellico vuol dire bloccare: bloccare la produzione di accordi tra istituzioni al soldo dell’industria militare e degli interessi degli Stati belligeranti; bloccare il trasporto di armi e mezzi militari come avviene nelle lotte dei portuali; bloccare la produzione di armi o di componenti singole che assemblate diventano strumenti per la guerra, il controllo o la repressione.

Dalla prima occupazione del Rettorato, il 26 marzo, ad oggi, la mobilitazione in Sapienza ha cambiato forme e intensità. Risulta evidente come il confronto e la dialettica richiesta dal corpo studentesco attivo, nei confronti della Rettrice Polimeni, siano stati declinati facendo interporre tra l’istituzione accademica e i “suoi” studenti la polizia. Quell’apparato repressivo che si allarga sull’ateneo attraverso la capillare presenza di telecamere, di guardie private e del commissariato di polizia ha dimostrato la sua funzione.

Nella giornata di martedì 16 aprile, durante il secondo Senato accademico, gli studenti e studentesse che si sono mobilitati si sono scontrati coi limiti fisici che la polizia pone all’interno di uno spazio sedicente autonomo e dialettico. Un corteo ha attraversato la città universitaria fino al Rettorato dove si trovavano le barricate della Digos in difesa dell’edificio. Il livello di tensione e di scontro è aumentato per la forte determinazione degli studenti che la polizia non è stata in grado di arginare. 

Dal Rettorato è poi partito un corteo molto numeroso all’interno della Sapienza, interrompendo lezioni e improvvisando assemblee sul posto. Proprio durante una di queste, si è saputo dell’arresto di uno studente. Si è così deciso di recarsi in corteo alle porte del commissariato interno alla Sapienza per richiederne la liberazione, appurato che il ragazzo non era stato portato in quello spazio, la manifestazione si è indirizzata verso il commissariato di San Lorenzo. Prima di uscire dalla città universitaria la polizia, incitata dai dirigenti e dalla Digos, ha caricato più volte il corteo, picchiando violentemente, trascinando via e arrestando una ragazza. A quel punto la determinazione dei manifestanti ha invaso le vie di San Lorenzo, chiedendo la liberazione degli arrestati, si è poi radunata in presidio sotto il commissariato di San Lorenzo fin quando i due fermati sono stati riaccompagnati nelle proprie case e non trattenuti nelle celle in attesa del processo per direttissima. Il giorno successivo un nutrito presidio si è radunato davanti al tribunale, in attesa delle udienze, per non lasciare nessuno e nessuna sola.

La violenza contro la componente studentesca che si è mobilitata è stata la naturale risposta delle istituzioni, intenzionate a reprimere ogni narrazione sulla guerra in Palestina che si discosti dalla propaganda dominante. Ed inoltre a silenziare le accuse di collaborazionismo dell’università con il massacro a Gaza. La repressione mira a dividere in “buoni” e “cattivi”: da una parte i bravi studenti che vanno a lezione dall’altra quelli cattivi che scendono in piazza.

I due giovani arrestati e processati per direttissima sono stati rinviati a giudizio nonostante l’inconsistenza di ciò che viene loro imputato. Questo attacco repressivo non è diretto solo a punire dei fatti attribuiti a degli individui, ma vuole condannare politicamente la giornata e la mobilitazione, vuole intimidire e frenare la potenza che questa ha dimostrato avere.

Negli ultimi giorni sono state notificate le prime denunce agli studenti e alle studentesse (per la contestazione alla conferenza del sionista Parenzo, chiamato da Azione Universitaria, e per l’occupazione del Rettorato), di cui una è stata notificata proprio all’interno del commissariato in Sapienza. 

In quel momento non è mancato un buon numero di giovani solidali in presidio, fuori dal commissariato, che poi si è spostato di fronte alla Facoltà di Lettere e Filosofia per restituire e comunicare l’accaduto. In questi casi la forza di avere una base comunitaria e solidale è fondamentale, permette di non lasciare che il carico materiale ed emotivo delle denunce ricada sulla singola persona. Il senso di amicizia e di solidarietà tra giovani studenti, che vada al di là delle organizzazioni di appartenenza, sedimenta la convinzione di essere potenza e controparte, unendo laddove l’intento del nemico (individuato dai più e dai “nuovi” nell’apparato poliziesco interno all’università) è dividere.

L’altro apparato repressivo che viene individuato dagli studenti attivi è quello mediatico. Quei giornalisti invadenti che accusano gli studenti di essere violenti e allo stesso tempo li infantilizzano e depotenziano, rappresentandoli come fagocitati da frange estremiste (anarchici, filo-Hamas, ex brigatisti, mancavano solo i filo-putiniani e i no-vax insomma). 

Questa mistificazione della realtà e demonizzazione dello studente che, per la prima o per l’ennesima volta, decide di mobilitarsi, è un tentativo di indebolire e screditare l’individuo e di conseguenza la collettività. Da quest’ultima invece, se costruita sulla convinzione di essere dalla parte giusta e sul disconoscimento dell’autorità pseudo-democratica (in questo caso il Rettorato), può nascere la coscienza di essere controparte e un intuito da usare nelle situazioni di piazza per raggiungere gli obiettivi decisi in assemblea.

L’assemblea pubblica del giovedì successivo si è rivelata fallimentare nella misura in cui sono risaltate più le strutture organizzative e l’impostazione politica di chi la mobilitazione l’ha promossa, piuttosto che la spontaneità e le intuizioni collettive esplose durante la giornata di martedì. 

L’assemblea così fatta ha avuto, volente o nolente, la funzione di recuperare e pacificare, ricomponendo quegli argini che si erano rotti due giorni prima. Rottura che si è manifestata per più fattori. Intanto perché sia alla Sapienza, che a livello nazionale, una mobilitazione di questa portata, sia concretamente che a livello di percezione comune, non avveniva da tempo. 

Inoltre, non era scontata l’esplosione e il mantenimento della rabbia e della determinazione dei partecipanti nel fronteggiare per un’intera giornata, con inventiva e istinto, gli attacchi di contenimento e intimidazione. Questa capacità messa in campo durante quella contestazione è stata in qualche modo recuperata e riportata al di sotto del livello che aveva raggiunto, anziché valorizzarla e porla come punto di partenza per reinventare e continuare la mobilitazione.

Probabilmente manca l’assunzione del fatto che il confronto pubblico con la Rettrice per cessare gli accordi con le università israeliane, arrivati a questo punto, è uno specchio per le allodole che può mantenere solo il piano della contestazione dentro gli argini suddetti. Così facendo vanifica anche quel sentimento di disconoscimento dell’istituzione accademica-autoritaria che aveva possibilità di essere alimentato. 

Se nel sito della CRUI leggiamo che le “università sono luoghi di dialogo e confronto”, appurato l’esatto contrario risulta illogico e debole continuare sia sulla linea della richiesta che su quella dell’evidenza della contraddizione. Anche perché nel caso in cui questo confronto avvenisse realmente, vorrebbe dire prestarsi ad un gioco che ben conosciamo: il recupero di una parte studentesca dipinta come dialogante e la ricerca di un fallace compromesso (che anziché bloccare gli ingranaggi della macchina, li può solo che oliare), buono solo per le telecamere dei mass media e per i volti che vi apparirebbero. 

Dall’altra parte ci sarebbe la frangia “violenta” e “radicale” che sarebbe, dopo questa operazione, stigmatizzata. Da questa mobilitazione potremmo imparare a individuare obiettivi cardine rendendo flessibili le modalità e lo spirito tramite il quale raggiungerli e cogliendo ciò che dalla piazza esce, come la costruzione istintiva di altri scopi all’interno della stessa (come si diceva già in precedenza: individuazione del nemico nel commissariato e nella polizia all’interno dell’Università, pretesa che non possano interporsi tra gli studenti e la dirigenza universitaria). 

Questo senza togliere significato al primo intento, ovvero recidere gli accordi con Israele per lottare al fianco del popolo palestinese. 

Individuando proprio nella questione sollevata e nello stato di guerra, la spiegazione della militarizzazione delle scuole e delle università per arruolare, disciplinare e reprimere.

24/04/2024 Alcuni studenti 

Alcune studentesse

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Formazionedi redazioneTag correlati:

ASSEDIO DI GAZAbdsguerrapalestinaRIARMOuniversità

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Formazione

Torino: sequestrata l’aula occupata dall’Intifada studentesca al Politecnico

Dopo 4 mesi di occupazione l’aula occupata “Shereen Abu Akleh” è stata sequestrata.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Scuola: piattaforme di apprendimento e maestri dotati di intelligenza artificiale

Il corso sperimentale si rivolge a venti studenti di età compresa tra 15 e 17 anni che possono frequentare l’università ogni giorno impegnandosi nello studio utilizzando le piattaforme di apprendimento adattivo basate sull’intelligenza artificiale che personalizzano il loro percorso formativo.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Riforma Bernini dell’università: la campagna 90%

Ad inizio giugno un fulmine si è abbattuto sull’università italiana.  La ministra Anna Maria Bernini ha annunciato che il governo sta lavorando ad una nuova riforma onnicomprensiva dell’università. Dal reclutamento al precariato, dalla didattica alla governance, il governo Meloni non vuole perdere l’occasione di ridisegnare il funzionamento degli atenei.  Il fatto che la coalizione di […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Sapienza per la Palestina: la Rettrice scrive la mobilitazione risponde.

Qualche giorno fa la rettrice Antonella Polimeni ha mandato una mail a tutt* gli/le student* della Sapienza per condannare la tendopoli che si è tenuta al pratone e l’occupazione della facoltà di lettere. Com’è noto entrambe queste iniziative sono avvenute in solidarietà con il popolo palestinese. Riportiamo sia la mail della rettrice Polimeni sia tre […]

Immagine di copertina per il post
Formazione

La guerra entra in classe

I come Intelligence. Il nome del “progetto” non lascia spazi a dubbi o fraintendimenti.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Sui fatti di ieri, rispondiamo ai Ministri.

Sui fatti di ieri, tutti i ministri presenti si sono spesi in dichiarazioni abbastanza perentorie e retoriche ai giornali, come al solito ribaltando la realtà e ricostruendo uno scenario molto fantasioso su quelle che sono state le dinamiche della piazza di contestazione.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Sapienza: un racconto della giornata di ieri (17 aprile)

Il 17 aprile in Sapienza è stata una giornata di lotta e smascheramento dei rapporti che l’università coltiva (e non vuole interrompere) con la guerra e Israele.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Torino: 23 aprile corteo contro il convegno vergognoso del Politecnico

Condividiamo di seguito l’appello degli studenti e delle studentesse universitarie torinesi mobilitati in sostegno al popolo palestinese in vista del convegno che si terrà il 23 aprile al Politecnico alla presenza del Ministro Tajani, di Eni e MAECI.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

5 Ottobre: GPI e UDAP confermano la manifestazione nazionale per la Palestina e il Libano

Manifestazione nazionale per la Palestina e il Libano lanciata da Giovani Palestinesi d’Italia e Unione Democratica Arabo-Palestinese per sabato 5 ottobre 2024 a Roma (ore 14, piazzale Ostiense – metro Piramide).

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libano: Israele ha dato l’ok all’invasione di terra. L’Iran replica con circa 200 missili

Alle ore 18.30 (in Italia) circa 200 missili scagliati dai “Guardiani della Rivoluzione”, i Pasdaran, sono partiti dall’Iran alla volta di Israele e delle basi militari nei Territori Occupati Palestinesi.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sul dibattito verso il 5 ottobre

Fatichiamo a comprendere il dibattito che si è aperto in vista del corteo del 5 ottobre contro il genocidio in corso a Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libano: il copione di Israele si ripete

In Libano continua l’attacco da parte di Israele che ha adottato la stessa narrazione impiegata per “giustificare” agli occhi della comunità internazionale il genocidio nella Striscia di Gaza, la retorica secondo cui l’offensiva avrebbe l’obiettivo di colpire i membri delle organizzazioni di Hezbollah per estirpare il “terrorismo”.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La guerra post-umana

Tra pace e guerra non esiste un sottile confine, ma una vasta zona grigia, dove gli stati danno vita a quella che viene definita competizione strategica, utilizzando in diverse combinazioni i quattro elementi che formano il potere di uno stato: diplomatico, militare, economico e informativo. Proprio quest’ultimo fattore, complice la pervasività delle tecnologie digitali, ha […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Esplosioni in Libano: si apre un nuovo capitolo del genocidio

Dopo le prime esplosioni di migliaia di cercapersone in dotazione a membri di Hezbollah avvenute in Libano, un’ulteriore ondata di esplosioni in contemporanea, di walkie talkie e pannelli fotovoltaici, è stata segnalata dai media libanesi nei giorni scorsi, causando la morte di almeno 20 persone e ferendone a migliaia, anche in Siria.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

USA: sciopero all’azienda Boeing

Lo sciopero alla Boeing, grande azienda statunitense che produce aerei civili e militari, ha coinvolto moltissimi lavoratori nell’area di Seattle che hanno aderito allo sciopero a seguito di una negoziazione sindacale che ha disatteso diversi obiettivi.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Israele fa rotolare il masso della guerra

Il governo israeliano continua imperterrito il suo programma di escalation in Medio Oriente con un attacco che, se fosse avvenuto in qualsiasi paese occidentale, non si sarebbe esitato a definire terroristico.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

L’asse della normalizzazione: la Turchia e alcuni Paesi arabi sostengono l’economia di guerra di Israele

Mentre l’Asse della Resistenza dell’Asia occidentale cerca di indebolire l’esercito, l’economia e la sicurezza di Israele, una manciata di Stati arabi e la Turchia si sforzano segretamente di rafforzare Israele e rifornire la sua guerra a Gaza. Questo è il nuovo “Asse della Normalizzazione” della regione.