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Fratelli d’Italia

Sempre divertente dare una lettura ai quotidiani nostrani, soprattutto se ci si pone nella prospettiva di farsi un idea di quanto bolle – o non bolle affatto! – sugli altarini della politica nazionale. E’ esercizio dilettevole quanto tremendamente noioso, si pensi a quanto letto e sentito in questi giorni dai capibastione del disordine di parlamento e dintorni: Berlusconi si dice tranquillo, Fini minaccia di lasciare la politica, Vendola si dimena, Bersani balbetta.

Scenario rarefatto, immobile, di plastica. Se si osserva nel particolare colui che sembra aver fatto suo il motto “chi la dura la vince” è proprio il rais del bunga bunga e dei processi e che, all’oggi, è il personaggio che dalla bufera ne esce con le ossa meno rotte, o meglio, che nonostante tutto (…) è capace di restare in sella.

Solo ieri alla Camera è passata la fiducia sul federalismo municipale, per la contentezza della Lega Nord – imprescindibile come forza politica per i piani di B. – e sollievo dell’instabile maggioranza piddiellina. Silvio si è dichiarato “tranquillo, molto tranquillo” dinnanzi alla conta dei 314 voti invece che i previsti 322. E all’oggi questo è, si voglia per debolezza dei fronti anti-B a sinistra come a destra, si voglia per determinazione del sultano, comunque, nel tener la barra diritta… checchenedica La Repubblica, che stamattina in un editoriale di Giuseppe D’Avanzo rincara la – solita – dose bollando Berlusconi come “fuorilegge istituzionale”…

Non fa meglio La Stampa, che attraverso la firma di Marcello Sorgi ipotizza e s’illude: “Il destino del premier è nelle mani di Gianfranco”. Sarà, ma Gianfranco non sembra navigare in acque tanto più serene, e la sua minaccia di abbandono della politica “nel caso di fallimento di Futuro e Libertà” è segno di difficoltà profonda e disagio, soprattutto alla luce del traballamento della creatura finiana. Futuro e Libertà, formazione politica che fino ad oggi ha solamente perso pezzi per strada e costruito ben poco nei termini di alternativa di destra al rais, rimanendo schiacciata dal peso dell’ombra paterna berlusconiana.

Dall'”altra parte del fiume”, non stanno tanto meglio i sinistri: che il Partito Democratico si galvanizzi pure per la vittoria di pirro alle primarie del candidato di struttura Piero Fassino, faraone della nomenklatura democratica quindi espressione del rinnovamento democratik nel deserto?!

Neppure il presunto “Obama bianco” di Puglia può cantare tanto vittoria, anzi. Il processo della suo nuovo riciclo politico sembra avere non solamente poca benzina per marciare, ma anche fare tremendamente i conti con una realtà che mette in discussione i suoi “piani di gloria”, costringendolo a rimodulare la sua azione che oggi è di rincorsa, cercando di guadagnare uno spazietto dentro il carrozzone democratico, affannandosi quindi per reagire a coloro che le carte le hanno “sparagliate” a Nichi Vendola…

Per concludere, circoscrivendo i fatti del teatrino della politica, ragionando sul dirimente ed urgente piano del reale, considerando anche quanto si muove ai quattro angoli del pianeta, dal Maghreb al Wisconsin, per buttare giù il rais, per scardinare il sistema della rappresentanza quindi del potere, bastarà fingere per un giorno una piazza Tahrir italiana in piazza del Popolo o diventa sempre più prioritario, come giustamente sottolineava Valerio Evangelisti nel suo recente articolo, convocare il prima possibile uno sciopero che paralizzi il paese e che espliciti la sua politicità in un “Que se vayan todos” incompatibile, indispensabile, generale?!

 

Hammett Riot

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