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Napolitano (ora) apre gli occhi?

Attraverso una nota, il presidente Giorgio Napolitano, lancia l’auspicio a trovare delle nuove misure per ovviare al problema delle carceri italiane, augurandosi che tali provvedimenti vengano in qualche modo accolti in parlamento. Le misure a cui si riferisce Napolitano sono da una parte le pene alternative alla prigione, dall’altra misure di clemenza come l’indulto o l’amnistia. Le dichiarazioni pubbliche risultano essere frutto di un incontro con una delegazione rappresentativa dei sottoscrittori, accademici e giuristi, della lettera aperta sul tema dell’efficienza della giustizia. Non è certamente la prima volta che si sentono rimbalzare sulla scena mediatica dichiarazioni di questo tipo, frutto di un consapevole disastro del sistema carcerario attuale. Nemmeno il cosiddetto “decreto svuotacarceri” è servito evidentemente a mettere l’anima in pace di molti, soprattutto se pensiamo ai numeri relativi a carceri in rapporto con i detenuti. Secondo gli ultimi dati infatti, sono 66.271 i detenuti reclusi in un totale di 206 carceri. La capienza regolamentare è di 45.568 posti. Poco meno di un terzo, ossia 23.773, sono i detenuti non italiani, che rappresentano il 35,8% della popolazione carceraria. La componente femminile equivale al 4,2% del totale dei detenuti ovvero 2.826 donne, di cui 1.133 straniere. E ancora oltre agli uomini e alle donne, al 30 aprile 2012, risultano essere 54 i bambini sotto i 3 anni che vivono in carcere con le madri (51 detenute).Fino a qui nessuna novità.
A ben vedere, numerosi sono gli ostacoli che non permettono di attuare un indulto: se da una parte c’è la necessaria approvazione del decreto da parte di due terzi dei parlamentari -non assolutamente scontata, men che meno in tempo di campagna elettorale- dall’altra si pone il problema di togliere tre leggi nodali che hanno permesso di ingrossare le fila dei detenuti attualmente rinchiusi, come dimostrano i dati citati sopra. Tali leggi sono la Bossi-Fini per quanto riguarda l’immigrazine -che costituisce peraltro un peggioramento di quella che era la legge Turco-Napolitano del 1998, confluita successivamente nel Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulle condizioni dello straniero; la Fini-Giovanardi per quanto riguarda le sostanze stupefacenti, e soprattutto la legge ex-Cirielli rispetto alla recidiva, attraverso cui si prolungano le pene poichè si bloccano le “misure alternative”, altre espressioni dello stesso sistema coercitivo. Realisticamente, risulta quindi difficile ottenere quello che Napolitano ha espresso con rinnovato e giusto interesse, e che per una volta, invece di occuparsi di meri interessi come sovraintendente del governo tecnico, abbia dato voce ad una realtà insana come quella delle carceri, che potrebbe probabilmente rappresentare una speranza di percorso per il problema carcere e non un discorso di pura facciata come si è dimostrato sino ad ora.

Nel frattempo, mentre la notizia delle dichiarazioni di Napolitano faceva sfoggio nella gran parte delle prime pagine dei maggiori quotidiani italiani, tra i trafiletti di altri, si dava notizia dell’ennesima morte in carcere, questa volta a Biella. La scorsa notte infatti un detenuto di 51 anni si è suicidato impiccandosi con i lacci delle scarpe alle inferriate della finestra della cella, nel reparto isolamento. Quello di ieri è il 118esimo morto dall’inizio dell’anno nelle carceri italiane, il 41esimo per suicidio.

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