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IL CELTIC SI ARRENDE, LA GREEN BRIGADE NON TRASLOCA

Mai come nell’ultimo mese la storica (e scomoda) Green Brigade ha rischiato di essere sfrattata dallasection 111, il settore da sempre occupato all’interno del Celtic Park.

L’annuncio lo aveva dato la stessa società di Glasgow, nel bel mezzo dell’estate, con un comunicato ufficiale che non sembrava lasciare spazio a ripensamenti.

La ragione? Ufficialmente questioni di sicurezza, come si poteva leggere nel comunicato di inizio agosto:

“La sicurezza dello stadio  è attestata dallo Stadium General Safety Certificate, concesso ogni anno dalla Città di Glasgow in base al Safety of Sports Grounds Act 1975. Senza questo certificato lo stadio non può essere aperto e funzionante. Pertanto è essenziale che si adempiano tutti gli obblighi derivanti in termini di sicurezza degli spettatori. Al Celtic Park i comportamenti a rischio non sono accettabili e su questo punto siamo stati chiari”.

Il fatto è che, nonostante i ripetuti appelli della società, e contravvenendo alla regola base del “modello inglese”, gli ultras locali si sono sempre rifiutati di assistere alle gare del Celtic da seduti. In questo modo – sempre a detta dei dirigenti del club -avrebbero messo in pericolo l’incolumità degli altri spettatori.

Tra gli altri comportamenti “gravi” messi in atto dai supporter della section 111 vi sarebbe il danneggiamento di 190 seggiolini, vari episodi di pogo o bodysurfing, e – ultimo in ordine di tempo – il lancio di fumogeni nel corso di una gara di qualificazione per la Champions League.

Ragioni politiche

In realtà, l’ostilità dei vertici societari nei confronti della Green Brigade è vecchia nel tempo e ha poco a che fare con l’esuberanza dei suoi membri.

A preoccupare i padroni del Celtic – da sempre riferimento per la comunità cattolica di Glasgow, in contrapposizione ai protestanti dei Rangers – è piuttosto la “politicizzazione” degli ultras, che più di una volta ha attirato l’attenzione della Federcalcio scozzese e della Uefa, creando non pochi problemi al club.

Basta una rassegna degli ultimi anni per capire di cosa si parli.

Nel 2010 i fan bianco-verdi esposero uno striscione che contestava le guerre inglesi, in Irlanda, in Afghanistan e in Iraq, scatenando un incidente diplomatico tra il club e alcuni deputati unionisti dell’Irlanda del Nord.

Nel 2011 il Celtic fu punito dalla Uefa con una multa di quasi 13mila sterline perché i suoi supporter avevano intonato cori a favore dell’Irish Republican Army (IRA) nel corso della gara di Europa League contro il Rennes.

Altre polemiche nel maggio dello scorso anno, quando il settore occupato dalla Green Brigade si riempì di bandiere della Palestina, in solidarietà con i prigionieri palestinesi impegnati nell’ennesimo sciopero della fame nelle carceri israeliane.

Di fatto la dirigenza del Celtic ha utilizzato il tema sicurezza per liberarsi, una volta per tutte, di un problema quantomai fastidioso.

La resistenza dei supporter delle Green Brigade ha però impedito che il progetto andasse a buon fine. Alla fine lo sfratto del gruppo non vi sarà, anche se, ufficialmente, è solo sospeso.

Secondo un nuovo comunicato emesso negli ultimi giorni, il club ha ricevuto rassicurazioni da parte degli ultras e, di conseguenza, si limiterà a monitorare la situazione “gara per gara”.

Insomma, per il momento quelli della Green Brigade hanno vinto. Ad ogni partita casalinga del Celtic sarà possibile ritrovarli a loro posto, nel settore 111. In piedi, a cantare.

Carlo Maria Miele.

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