InfoAut
Immagine di copertina per il post

Sull’ultima sentenza nel maxi-processo No Tav

||||

di Claudio Novaro

Ci sono voluti dieci anni perché un autorità giudiziaria riconoscesse, almeno in parte, quello che era capitato nelle giornate del 27 giugno e del 3 luglio 2011 in Val di Susa.

Vale la pena di riassumere brevemente le motivazioni, depositate pochi giorni fa, con cui la prima sezione della corte d’appello di Torino, quale giudice di rinvio dopo l’annullamento operato dalla cassazione, si è profondamente discostata dalle valutazioni contenute  nelle sentenze emesse in primo e secondo grado.

I giudici di rinvio hanno, anzitutto, ridotto le condanne inflitte, eccessive e sproporzionate, riportandole nell’alveo delle tariffe normalmente usate nei processi per resistenza a pubblico ufficiale.

In secondo luogo, hanno censurato l’utilizzo abnorme del concorso di persone nel reato, specie per quanto concerne il reato di lesioni contro i poliziotti, fatto negli altri gradi di giudizio, riaffermando un principio lineare e consolidato nella giurisprudenza di cassazione.

“Contrariamente a quanto sostenuto nelle due sentenze di merito che hanno proceduto la presente – si legge nella motivazione – la sola presenza degli imputati sui luoghi, in differenti momenti e fasi degli scontri, non può di per sé, pertanto, fondare una responsabilità collettiva per tutto quanto avvenne nella medesima giornata, mancando del tutto il necessario accertamento di uno specifico contributo di causalità efficiente.. È in sostanza necessario che sia provato per ciascun imputato che la sua presenza sui luoghi non sia stata inerte o meramente adesiva, ma che il singolo con la sua condotta abbia dato un consapevole contributo causale rafforzativo o agevolatore alla commissione del fatto-reato”.

Ma soprattutto i giudici hanno ricostruito il quadro degli avvenimenti in maniera radicalmente diversa rispetto al passato.

Per restare solo ad alcuni dei passaggi più rilevanti del provvedimento, la corte ha  riconosciuto che gli scontri avvenuti nella zona dell’area archeologica non furono preordinati, non furono ispirati e condotti, come sosteneva la Digos, da un manipolo di 300 anarchici, assiepati nei boschi della Clarea fin dalle prime ore del mattino, confermando, invece, che nella zona vi erano migliaia di persone (“manifestanti di varia composizione, età ed estrazione sociale”) che “all’altezza del bivio per Ramat si allontanarono dal corteo principale… e preferirono raggiungere l’area del Museo Archeologico attraverso i sentieri nei ‘boschi”.

In secondo luogo, la corte ha stigmatizzato le condotte tenute da molti “appartenenti alle forze di pubblica sicurezza”, che compirono atti illegittimi in quanto oggettivamente contrari .. alle generali regole di ingaggio”. In particolare, “è emerso incontrovertibilmente che alcuni appartenenti alle forze di polizia presenti nel teatro degli scontri avvenuti il 3.7.2011, senza giustificazione alcuna, adottarono condotte contrarie non solo ai propri doveri e funzioni ma anche in alcuni casi altamente pericolose, scagliando anch’essi sassi nei confronti dei manifestanti che li bersagliavano ed esplodendo ordigni lacrimogeni con un’ angolazione insufficiente, ovvero con lanci tesi invece che a parabola , idonei in quanto tali a produrre non l’ effetto di dissuasione che è insito nell’utilizzo di tale strumento di contrasto, ma il pericolo che i bossoli contenenti gas lacrimogeno colpissero direttamente quali proiettili alcuni dei manifestanti”.

Ciò avvenne sia nell’area delle vasche idriche – dove “le Forze dell’Ordine lanciarono lacrimogeni con modalità contrarie alle direttive ricevute e almeno nella fase iniziale senza che ve ne fosse la concreta necessità …. prima che si verificassero concreti atti di violenza da parte dei manifestanti ivi presenti -, sia nell’area della centrale Idroelettrica – tra l’altro con “lacrimogeni diretti verso zone ove non erano presenti manifestanti violenti, come nei pressi della spiaggetta sulla Dora e del campeggio”.

Quanto alle modalità dell’arresto di alcuni manifestati (quella che il movimento definì la cd, operazione Hunter) “la visione .. dei filmati dimostra inequivocabilmente che sia S. sia N. all’atto dell’arresto furono vittime di gesti di violenza fisica da parte degli operanti, che si ritengono quantomeno disdicevoli, immotivati ed esorbitanti rispetto alla minima violenza consentita ad un pubblico ufficiale per vincere la resistenza di chi venga arrestato o fermato”. E, invece, come tutti sappiamo, quelle violenze vennero clamorosamente archiviate dalla magistratura torinese.

Non tutto convince nella sentenza, come è naturale che sia.

Pretendere dai processi una puntuale e approfondita ricostruzione dell’intero quadro degli avvenimenti – e, nel loro ambito, del ruolo concretamente avuto da tutte le agenzie istituzionali preposte all’organizzazione della risposta repressiva – significa caricare sulla giustizia penale compiti indebiti, che non le appartengono, e che soltanto in sede storica potranno essere compiutamente affrontati e definiti.

Se è fisiologico che i giudici dei diversi gradi di giudizio non la pensino allo stesso modo, non lo è l’abissale differenza di valutazioni a partire dallo stesso materiale probatorio.

Si può, in prima approssimazione, provare ad individuare alcuni elementi di fondo che diano conto di tale anomalia.

Il primo rimanda al ruolo della polizia nella fase di ricostruzione degli avvenimenti e dell’impianto complessivo delle indagini, un ruolo che è stato definito di monopolio interpretativo delle condotte di rilevo penale, nel senso che è la polizia che traccia il quadro dell’accaduto, che seleziona le condotte e gli imputati nei cui confronti avviare il processo, ponendo,  così, un’ipoteca fondamentale sul quadro storico degli avvenimenti. Tutto ciò in genere vale solo nel corso delle indagini preliminari e, invece, nel nostro caso, proprio per il rilevo avuto dalla fase cautelare, ha pesantemente influenzato e condizionato la decifrazione dell’accaduto da parte dei giudici.

Ciò è stato possibile anche in forza del ruolo dei principali organi di informazione, che ha accompagnato lo svolgimento del primo processo e che ha costituito una sponda importante nella  costruzione mediatica della pericolosità e dell’allarme sociale del movimento No Tav.

I giornali hanno spesso valorizzando solo le iniziative violente dei manifestanti, evitando di collocarle nel contesto di appartenenza, di soffermarsi sulle motivazioni che le avevano determinate, fornendo una lettura che, operando una continua suddivisione in manifestanti buoni e manifestanti cattivi, eliminava le contemporanee o precedenti azioni delle forze dell’ordine. Più in particolare, hanno avallato quella vergognosa cornice comunicativa che derubricava a mere condotte criminali senza connotazioni ideali o politiche  i comportamenti degli imputati, che dava credito a presunti pericoli l’incolumità di testi d’accusa, che sosteneva ad oltranza l’impianto accusatorio, nonostante le plurime smentite costituite dai filmati della giornata.

Poi vi è stata la gestione concreta dell’istruttoria dibattimentale. Tutti ricordiamo la patetica rappresentazione di un teste sentito dietro il paravento, come in un processo di mafia, o il tono sprezzante usato da alcuni PM con i testi della difesa e anche con qualche avvocato, le domande non ammesse dal tribunale in sede di contro-esame dei testi d’accusa, attraverso un’interpretazione del tutto personale del codice di rito.

Vi è poi un dato legato alla cultura complessiva dei giudici, specie di quelli di primo grado.

Il giudice nel processo penale deve anzitutto avere consapevolezza del carattere  probabilistico e, dunque, relativo e parziale, della verità giudiziaria. Ogni arroganza cognitiva va messa da parte  a favore di una prospettiva  che valorizzi il dubbio, come strumento e criterio di valutazione delle prove e delle ipotesi sul fatto.

Definire imbarazzanti, come ha fatto il tribunale, le argomentazioni difensive, alcune delle quali poi accolte dalla cassazione, segnala non solo un atteggiamento di supponenza, ma soprattutto un difetto nella capacità di confronto con le tesi offerte in prova dalle diverse parti processuali.

Parallelamente, classificare come inattendibili, in un solo blocco, tutti i testi indicati dalle difese degli imputati, poi invece rivalutati nella sentenza del giudice di rinvio, senza peritarsi nemmeno di affrontare nel dettaglio le loro dichiarazioni, dimostra un pregiudizio di fondo e un attitudine lontana anni luce dall’ascolto delle ragioni delle parti, da quell’atteggiamento laico e imparziale di ricerca della verità che costituisce uno dei fondamenti dell’attività giurisdizionale.

C’è infine alla base di tutto il misconoscimento del conflitto sociale, analizzato solo sulla base delle esigenze di controllo e di ordine pubblico.

È la conferma, se mai ce ne fosse bisogno, del ruolo centrale dell’ideologia neoliberista e delle sue narrazioni nella società italiana, con un colossale ribaltamento di senso che ha scavato in questi anni nella coscienza collettiva del paese: una narrazione dove non sono più previste forme di azione collettiva ma, come ha scritto Ulrich Beck, soluzioni biografiche per problemi sistemici, dove non ci possono alternative all’egemonia del libero mercato e alle sue decisioni sulle grandi opere, dove la ribellione, la protesta vengono immediatamente considerate delle sfide alla sicurezza pubblica, una sicurezza scandita nel nostro caso da decine di ordinanze prefettizie e dalla militarizzazione di una porzione del territorio alpino.

Da notav.info

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Crisi Climaticadi redazioneTag correlati:

maxiprocessono tavsentenza

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

No Tav: diecimila in marcia in Valle di Susa. Azioni dirette contro i cantieri dell’alta velocità

Diecimila No Tav hanno marciato sabato 26 luglio 2025, in Valle di Susa, contro l’Alta velocità Torino-Lione.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

La marcia No Tav invade i cantieri

Volevamo una grande manifestazione No Tav, e come sempre la realtà ha superato ogni aspettativa!

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

SABATO 26/07 – ORE 12 – PRESIDIO NO TAV DI VENAUS – MARCIA AI CANTIERI DELLA DEVASTAZIONE

Sabato 26 luglio ore 12 –  Presidio No Tav di Venaus MARCIA NO TAV AI CANTIERI DELLA DEVASTAZIONE In Val di Susa è in corso un’aggressione sistematica al territorio, sotto il segno del Tav e delle grandi opere inutili. A Chiomonte, San Didero, Salbertrand e ora anche a Susa, i cantieri si moltiplicano e si […]

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Report del campeggio studentesco No Tav

Pubblichiamo di seguito il report scritto dagli studenti e dalle studentesse che lo scorso fine settimana hanno dato vita al campeggio al Presidio di Traduerivi e a quello dei Mulini.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Val di Susa: si è svolto nel fine settimana il campeggio di lotta No Tav organizzato dagli studenti

Posto di fronte al cantiere che dovrebbe ospitare montagne di smarino proveniente dagli scavi del tunnel di base, a Traduerivi è nato il nuovo Presidio No Tav.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Campeggio di lotta No Tav

Dal 18 al 21 luglio ci troveremo in Val di Susa per un campeggio di lotta giovanile per ribadire la nostra opposizione trentennale a un progetto inutile e dannoso che oggi si va configurando sempre più nella sua brutalità.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Vicenza: in mille in strada per difendere i boschi dal TAV

Un migliaio di persone sabato 12 luglio hanno partecipato alla manifestazione per la difesa del bosco di Ca’ Alte e della città, dopo lo sgombero dell’area lungo l’argine avvenuto nei giorni precedenti. 

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Top 10 dei giganti dell’agribusiness: la concentrazione delle corporations del food & farming nel 2025

La pubblicazione del 2022 dell’ ETC Group “Food Barons” ha messo in luce la crescente concentrazione del potere delle multinazionali nel sistema alimentare industriale.1  di ETC Group & GRAIN, da ECOR Network Ha documentato l’aumento di fusioni e acquisizioni, la crescente influenza del capitale finanziario e la penetrazione della digitalizzazione e di altre tecnologie dirompenti […]

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Ambiente: sabotati i cantieri del parco eolico industriale del Mugello

La procura apre un’inchiesta. “Siamo montagna”: la lotta non si ferma.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Il TAV arriva nel cuore di Vicenza, ma la resistenza salva (per ora) il Bosco di Ca’ Alte

Alle prime luci dell’alba (di ieri ndr), un centinaio di poliziotti in assetto antisommossa hanno circondato il Bosco di Ca’ Alte.

Immagine di copertina per il post
Culture

In uscita il manuale di magia No Tav!

È uscito il Manuale di magia No TAV!, firmato da Mariano Tomatis e Spokkio per Eris Edizioni (2025): al tempo stesso una guida illustrata, un piccolo libro di incanti e un fumetto resistente.

Immagine di copertina per il post
Culture

Alta Felicità 2025: tre giorni di lotta, cultura e partecipazione popolare!

Un’occasione in cui la musica, l’approfondimento politico e la convivialità si intrecciano per dare spazio a pratiche di resistenza, solidarietà e immaginare alternative concrete.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Prosegue l’attacco al movimento No Tav: altre 10 condanne per chi resiste alla devastazione ambientale

Ieri, 14 luglio, il Tribunale di Torino ha emesso pesanti condanne che vanno dagli 11 mesi ai due anni, oltre alla richiesta di risarcimento per le parti civili e per la violazione della zona rossa, per dieci attivisti del movimento No TAV per la giornata di lotta del 24 luglio 2020.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Raccolta solidale per spese legali maxi-processo No Tav

Nel 2011 la popolazione valsusina fu in grado di costruire una mobilitazione territoriale e nazionale contro l’apertura del cantiere dell’alta velocità a Chiomonte.