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Primo bilancio a una settimana dal terremoto

 

Attraversando le zone colpite dal sisma del 20 Maggio la prima cosa di cui ci si rende conto è la pessima rappresentazione che i media nazionali hanno dato della situazione. Fin dalle prime ore l’attenzione si è concentrata sui crolli degli edifici storici dando l’impressione che il sisma abbia procurato danni solo a tali edifici. Effettivamente non ci sono in zona né chiese né municipi agibili, i crolli sono molteplici e molti edifici storici sono irrecuperabili e andranno dunque abbattuti, ma quello che è stato tenuto nascosto sono i gravi danni subiti dalle altre strutture. I maggiori crolli riguardano i capannoni industriali e i rustici di campagna spesso usati come stalle o come magazzini per il fieno, attraversando una qualsiasi zona industriale ci si rende conto della gravità della situazione, molti i capannoni totalmente crollati, alcuni anche di recentissima costruzione non ancora utilizzati, ma una buona fetta  delle fabbriche è inagibile (le associazione di categoria parlano dell85-90%). E, purtroppo, anche la conta dei morti pone in risalto questo elemento; si può tranquillamente parlare di una tragedia sfiorata nel senso che un sisma di tale intensità avvenuto in una qualsiasi giornata lavorativa ci farebbe parlare di numeri assolutamente diversi. Tutto ciò ci pone davanti al problema della scarsissima qualità di costruzione di tali edifici dimostrazione che il profitto viene sempre messo davanti alla vita delle persone.

Ma anche le abitazioni hanno subito gravissimi danni: in particolare a Finale Emilia e San felice, due dei paesi più colpiti, è stata istituita la zona rossa nel centro storico sul modello aquilano e non viene permesso a nessuno di rientrare nelle proprie case, anche quelle agibili.  Anche negli altri paesi la situazione non è migliore, i danni maggiori si registrano nei centri storici dove non vi sono crolli evidenti ma la quasi totalità delle case presenta crepe o cedimenti strutturali causando così la quasi totale inagibilità dei centri storici. Queste case sono le più colpite in quanto più datate e non ristrutturate, abitate principalmente da anziani e immigrati, cioè le fasce più deboli della popolazione. Se sommiamo questo dato ai crolli dei capannoni possiamo tranquillamente dire che il terremoto è sì imprevedibile ma i suoi effetti colpiscono certamente le fasce più basse andando ad inserire un elemento “di classe” anche per quanto riguarda gli effetti dei disastri naturali.

Ed è proprio la componente migrante a subire il peso maggiore di ciò che è successo come evidenziato nei primi giorni dove all’interno delle tendopoli si sono verificati diversi incidenti portando di fatto la celere (proveniente da mezza Italia) a controllare militarmente i campi sfollati. Difatti la tensione era, e rimane, piuttosto alta dovuta anche al fatto che alcuni amministratori e funzionari della protezione civile hanno promesso di sistemare nelle tende tutti gli sfollati, cosa che si è rivelata non vera creando tensioni.  In alcuni campi il criterio di assegnazione è stato inizialmente su base razziale cioè  gli italiani da un lato e poi tutti gli altri.

A distanza di una settimana vi sono ancora persone che non hanno trovato posto nelle tendopoli, e questo dato ci fa riflettere sulla organizzazione dei soccorsi da parte dello Stato che non solo ha preso “alla leggera” la situazione emergenziale ma che non è neanche in grado di offrire una tenda ponendo diversi punti interrogativi su quella che dovrà essere la ricostruzione. Ed è da qualche giorno che sui quotidiani locali trovano spazio notizie di insorgenze da parte degli stranieri raccontate sempre in modo univoco per arrivare alla conclusione che gli immigrati in quanto tali, non meritano gli aiuti. Ma questi avvenimenti si inseriscono in un contesto più generale messo in campo da chi dirige gli aiuti che punta da un lato ad atomizzare gli sfollati, spingendo per accentuare le differenze tra le varie etnie, ma anche tra autoctoni e immigrati dal sud Italia, e dall’altro militarizza pesantemente tutto il territorio reprimendo qualsiasi tipo di rivendicazione. Infatti un altro dato che appare evidente girando per i paesi della bassa è l’altissimo numero di forze dell’ordine che sono presenti ufficialmente per evitare i fenomeni di sciacallaggio. Ma questo non giustifica le camionette blindate della celere presenti in forza. L’impressione è che l’obbiettivo principale della “macchina dei soccorsi” non sia tanto quella di dare in primo luogo assistenza ma di mantenere il controllo sociale; situazione sicuramente non inedita ma già ben studiata ed applicata a l’Aquila.

Tutto ciò è reso ancor più evidente visitando i vari campi gestiti dalla Protezione Civile Nazionale dove da un lato non è possibile né avvicinarsi né entrare né portare aiuti e la gestione della quotidianità è affidata alle forze dell’ordine.

Discorso diverso è invece quello che riguarda i campi allestiti dai volontari locali che smentiscono puntualmente tutte le dichiarazioni ufficiali dando un quadro abbastanza preoccupante della situazione, dalla mancanza di medicine, vestiti, coperte alla critica profonda dei vertici della Protezione Civile sia dal punto di vista della gestione dei campi sia per la totale sfiducia nelle donazioni ai vari conti correnti attivati dalle istituzioni. Accade spessissimo di parlare con volontari che chiedono esplicitamente aiuti materiali, di ogni tipo, mostrando una totale sfiducia nella gestione dei soldi versati nei conti correnti andando a rovesciare completamente quelli che sono i comunicati ufficiale che dicono che l’unico aiuto che si può dare sono i versamenti mentre non c’è bisogno né di aiuti materiali né di volontari.

Ed è proprio in questo contesto che si inserisce la campagna “DAL BASSO ALLA BASSA” promossa dal Guernica che punta a portare aiuti mirati nei vari campi creando una rete di contatti con chi è veramente in prima linea in modo da capire quelle che sono le esigenze reali e bypassando tutta la macchina burocratica messa in piedi dalla Protezione Civile. Ed è ovvio che tale campagna ha anche l’obbiettivo di non far abbassare i riflettori sulla situazione cercando di capire le dinamiche sociali che si stanno sviluppando per andare a rompere eventuali meccanismi di controllo sociale,comunque già ben visibili.

Un ulteriore segnale tangibile di questo dualismo tra struttura nazionale e volontari di base è la contestazione avvenuta nei confronti di Monti (che è stato costretto ad annullare diverse tappe della sua visita) che ha evidenziato una totale sfiducia nei confronti delle istituzioni contrapposta alla grande solidarietà che fin dai primi giorni è partita andando a creare punti di raccolta di materiale, carovane di aiuti, grande disponibilità di volontari partendo dal basso; infatti si moltiplicano di giorno in giorno in tutta la provincia le persone che si autorganizzano nei luoghi di lavoro o di ritrovo che raccolgono materiale e lo portano autonomamente nei campi andando contro a quelle che sono le indicazioni ufficiale emanate da Gabrielli.

Da segnalare è anche la forza del comitato NO GAS di Rivara (frazione di S. Felice) che da diversi anni lotta contro il progetto di stoccaggio nel sottosuolo di una enorme quantità di gas, progetto della ERS sostenuta dal senatore Giovanardi (vergogna  della nostra provincia) già bocciato in primis dai cittadini ma anche dalle istituzioni locali. Ed è veramente agghiacciante la sfrontatezza di tali personaggi che a meno di 48 ore dal terremoto hanno rilasciato dichiarazione per sostenere che il progetto va avanti e che un terremoto di quel tipo non avrebbe causato alcun danno.

Dichiarazione difficili da credere in quanto l’idea è quella di iniettare gas nel terreno, creando una vera e propria bomba, ad una profondità di circa 3 kilometri cioè alla  stessa  profondità dell’epicentro. Questa sfacciataggine ha portato ad una rabbia fortissima da parte dei cittadini di quel territorio e possiamo tranquillamente affermare che se tale opera venisse avviata troverebbe a livello locale e non solo una forte contrapposizione popolare.

 

Pubblichiamo un primo resosconto del Guernica ad una settimana dalla partenza della campagna “dal basso alla bassa”:


Di ritorno dal campo sfollati di Mirandola

A una settimana dall’avvio della campagna “Dal Basso alla Bassa” stiamo assistendo ad un incredibile risposta da parte della gente in solidarietà verso le popolazioni colpite dal terremoto.

Sabato è stata effettuata la prima consegna di aiuti di prima necessità ( medicazioni, coperte, brande, vestiti per bambini e materiale per l’igene personale).

Tutto il materiale è stato consegnato alla croce blu di mirandola all’ interno del palazzetto dello sport sito all’ interno del campo.

La richiesta di aiuti non cessa e nei prossimi giorni valuteremo se inviare ancora materiale in altri campi dei paesi colpiti dal sisma.

Sotto pubblichiamo il materiale catalogato, chiarendo che è una stima approssimativa e che per la maggior parte dei pacchi non è stato ancora possibile procedere alla selezione.

Primo elenco: 250 rotoli di carta igienica, 10 rotoli di scottex, 250 tovaglioli di carta, 500 pannolini, 300 pannoloni, 150 assorbenti femminili, 100 fazzoletti, 2 sacchi a pelo, 1 tenda da quattro posti (3 reali), 5 pantaloni donna, 2 scatoloni di vestiti da bambina, 1 scatolone di pantaloni uomo, 1 scatolone di giacche e pantaloni da uomo.

Non ancora contati:

molti flaconi di sapone liquido, saponette, shampoo, dentifrici, spazzolini da denti, creme ed altri prodotti per l’igiene come salviette ed altro; alcune coperte, federe ed asciugamani; scarpe e stivali di diverse fogge e misure; detersivi liquidi per piatti; un poco di giocattoli.

Redazione Infoaut_Modena

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pubblicato il in Crisi Climaticadi redazioneTag correlati:

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