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Tunisia: 29 morti su comando italiano


D’altronde le pressioni e l’attivismo della politica estera italiana nei confronti del governo di transizione di Ghannouchi non potevano che portare a risultati di questo genere. E’ da settimane che il ministro Maroni in ogni occasione metteva in guardia dal pericolo della ripresa dei flussi migratori dalla Tunisia verso l’Italia allarmando i media nazionali e le cancellerie europee del rischio terrorismo islamista legato a questa nuova ondata di  migrazione. Non ricevendo l’effetto sperato (visto che ormai al pericolo islamista legato ai movimenti rivoluzionari arabi non ci crede più nessuno!) ha quindi rincarato la dose, e all’indomani degli ultimi sbarchi, ha minacciato il governo tunisino dichiarando di voler portare dei presidi di poliziotti italiani in Tunisia. La risposta alla provocazione da parte del governo di Cartagine è stata una replica secca: “Il ministro dell’estrema destra fascista” non ha il diritto di fare simili dichiarazioni.

Ma nella notte il governo tunisino per mostrare all’Unione Europea la sua capacità di controllo e mantenimento dell’ordine non si è sottratto dall’attaccare l’imbarcazione carica di immigrati. Dopo aver sostenuto fino all’ultimo minuto il dittatore Ben Ali, aver definito Moubarak l’uomo più saggio del medioriente, il governo italiano tenta di incidere direttamente contro i movimenti rivoluzionari e le mobilitazioni contro i regimi e la crisi economica che stanno attraversando tutto il nord africa e non solo. Avanguardia  reazionaria europea il governo di Berlusconi con il ministro degli interni Maroni tenta di utilizzare il così detto allarme “migrazione” per avviare un processo di governance mediterranea che permetta all’Italia di riconquistarsi un ruolo egemone nell’area, magari piazzando qua e la truppe italiane con la scusa di contrastare la migrazione.

Oggi il ministro degli esteri Frattini ha dichiarato che “L’italia può offrire molto alla Tunisia a partire da  un aiuto logistico in termini di equipaggiamento delle forze di polizia”, confermando i propositi  bellicosi contro il movimento tunisino. In ogni modo l’attivismo esplicitamente reazionario del governo italiano ha ricevuto dalle diplomazie europee delle tiepide risposte. Imbarazzate per le vicende giudiziarie del premier non sembrano voler dare sostegno a quell’asse di interesse che da Tripoli arriva a Mosca passando per Roma. Ciò non vuol dire che simili intenzioni del governo italiano non vadano prese sul serio dai movimenti che oltre a a monitorare e ad agire tempestivamente contro la possibilità di internamenti e deportazioni dei migranti arrivati a Lampedusa dovrebbe iniziare a porsi il problema di come contrastare l’attivismo reazionario del governo Berlusconi, la cui politica estera sta andando sempre più esplicitamente all’attacco dei movimenti rivoluzionari nei paesi arabi.

Denunciare e premere pubblicamente per contrastare questa tendenza criminale contro gli studenti, i giovani  disoccupati e proletari che stanno guidando i processi rivoluzionari nei paesi arabi sarebbe quella manifestazione di solidarietà di cui i movimenti nel mediterraneo hanno bisogno in questo momento.
D’altronde vorremo sapere se tutta questa premura nel riempire la Tunisia di poliziotti italiani non serva anche da monito a quegli operai che giustamente chiederanno il conto alle aziende italiane che per anni hanno speculato sul sudore dei lavoratori tunisini grazie alle agevolazioni delle mafie legate strettamente all’ex-tiranno di Cartagine. Chiediamoci infatti delle sorti dei lucrosissimi contratti che le aziende italiane hanno imposto ai lavoratori tunisini: Benetton, Miroviglio-Gvb, Marzotto, Cucirini, Eni, Snam progetti, Tema, Ansaldo Energia, Fiat Auto, Fiat Iveco, Fiat Piaggio, Ilva Maghreb, Todini, Astaldi, Ferretti International, Carta Isnardo, Cai-Alitalia, Tarros, Grimaldi, Bongiorno srl, Sirio, Germanetti, Martinelli, Faggioli, Stc-Società Trasporti Combinati. Sono solo alcuni nomi delle 700 aziende italiane presenti in Tunisia che dal tessile all’industria pesante hanno goduto della corruzione del regime per estorcere quattrini agli operai e ai lavoratori tunisini piegandoli fino allo stremo e alla disperazione come le lotte esplose a dicembre hanno mostrato a tutto il mondo.

Nell’allarme immigrazione il governo italiano potrebbe trovare lo strumento utile per riarticolare la sua strategia di governance ed egemonia nell’area mediterranea, legando strettamente il suo attivismo agli interessi del padronato e delle lobby mafiose, denunciare e contrastare questa strategia, che sta facendo già i suoi morti, a questo punto non è neanche più un gesto di giusta e necessaria solidarietà me è anche immediatamente lotta contro la crisi che riguarda in pieno i movimenti, i collettivi e i sindacati in Italia.

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