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Siria: nuovo “venerdì della collera”. Manifestazioni e morti in tutto il paese

Il condizionale di cui sopra resta d’obbligo perché da una parte evidenti sono gli interessi occidentali e di altre potenze regionali nel favorire fratture dentro la società siriana. D’altro canto lo stesso regime con un controllo molto stretto dei canali di informazione non permette (anzi fa un uso molto accorto) di questa raraefazione comunicativa, minimizzando o rimuovendo quanto si muove nel paese.

Il dato politico significativo dovrebbe emergere dalla  comprensione di cosa sta realmente avvenendo nella capitale Damasco -vero nodo politico del paese- una volta accertate le sollevazioni e repressioni in altre città (su tutte: Dara). Gli stessi nostri contatti nella capitale faticano ad avere un quadro  verificabile in prima persona su quanto sta accadendo e si limitano (per prudenza e serietà) a riportarci notizie e racconti di seconda mano che confermerebbero cortei in quartieri periferici della città con scontri a fuoco.

I media occidentali pompano notizie catastrofiche e sovra-rappresentano le poche immagini disponibili recuperate on-line da twitter e social network. Le stesse immagini sembrerebbero in qualche modo legittimare ambedue le versioni, quelle degli attori delle proteste,e quelle del governo. Per il governo si tratterebbe di islamisti mentre l’opposizione (quella almeno che piace all’Occidente) rivendica una composizione più in linea con le altre sollevazioni del Maghreb. Nelle foto che stanno girando in queste ore – sempre le stesse, basta vedere Stampa, Repubblica, Corriere… etc – si vedono infatti alternativamente assembramenti di giovani in jeans e T-shirt e cortei di chiara matrice islamista. In entrambi i casi sembra però evidente l’estrazione popolare e “bassa” dei manifestanti. Non sembra facile scorgere nelle foto rappresentanti di classi medio-alte urbane (che in buona parte erano state le protagoniste dell’Onda Verde iraniana). La matrice di classe della rivolta sembrerebbe insomma  abbastanza indiscutibile…

Robert Fisk, personaggio certo non sospettabile di occidentalismo, intervistato oggi su Al-Jazeera ha ben descritto la dinamica delle proteste: dal momento in cui il regime ha iniziato a  concedere qualcosa, si è aperta una breccia tra diverse sacche della popolazione che ora osano chiedere di più. La breccia aperta rischia insomma di diventare una frattura profonda anche nel colosso siriano, immutabile da decenni.

Quanto alle richieste dei contestatori, in tutte le manifestazioni, essi chiedevano giustizia per gli omicidi di queste settimane, lo scioglimento dei servizi d’intelligence e l’abrogazione dell’articolo 8 della Costituzione, che sancisce l’egemonia del partito Baath sulla società e sullo Stato. Il presidente Assad, dopo tanti dinieghi, aveva accettato ieri di promulgare ufficialmente il decreto di revoca dello stato d’emergenza, che era in vigore dal 1963 in Siria. Gli oppositori, che giudicano questa misura insufficiente, hanno però mantenuto gli appelli a manifestare in tutto il Paese.

 

Qui di seguito alcune parziali testimonianze/letture su quanto sta avvenendo.

Perchè proseguono le manifestazioni in Siria nonostante la revoca dello stato d’emergenza?

Ascolta il commento di Marco De Michelis, docente di storia dei paesi islamici all’università di Torin (da Radio Onda d’Urto)

Una testimonianza di un nostro conoscente a Damasco (primo pomeriggio):

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Un suo breve messaggio a fine pomeriggio:

«Oggi sono uscito e ho girato un paio d’ore per strada, ho parlato con un po’ di gente. Ho visto la città un po’ vuota ma tranquilla. Tantissimi negozi chiusi. Bab Tuma (una delle piazze principali all’ingresso della città vecchia) chiusa al traffico con delle transenne e vagamente presidiata da qualche agente in borghese. Non ho incontrato nessuno che mi sapesse dire nulla, quindi alla fine mi ero quasi convinto che in effetti non fosse capitato nulla a damasco, per lo meno nella città propriamente detta. Alla fine per caso incontro questa ragazza che vive a Zablatani, quartiere adiacente a Bab Tuma quindi centralissimo. Lei era in casa verso metà pomeriggio, vive con una famiglia, e mi ha riferito di una manifestazione nelle strade sotto il suo appartamento. Non sa dirmi quante persone, ha solo visto gente scappare per le strade, era sul balcone ma poi si è rifugiata in casa perchè aveva paura. Dice che sentiva le voci e i rumori della manifestazione, che ha visto arrivare autobus carichi di polizia (qui spesso gli autobus di linea in occasioni come questa vengono adibiti al trasporto delle forze dell’ordine, l’ho visto anche io). Ad ogni modo dice che lei e la famiglia hanno sentito colpi di arma da fuoco (mitragliatori, stando a quel che dice lei) e casino per almeno un’ora. Si erano barricati in casa ovviamente terrorizzati. E’ poi uscita più tardi nel pomeriggio, ma il padrone di casa si è rifiutato di lasciarla andare da sola e l’ha accompagnata.

Lei è stata l’unica persona che mi ha riferito di qualche avvenimento concreto, tutti gli altri sostenevano che non fosse capitato niente (ma come ho detto prima parlando coi siriani non sei sempre certo di quello che senti… anche perchè molti sono preoccupati dalla situazione attuale, non vogliono darlo a vedere o contribuire a “peggiorare” le cose). Insomma, sicuramente a Zablatani ci sono stati scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. La tv parlava di casini anche ad Harasta (altra zona di damasco, un po’ meno centrale), dove sarebbero morte delle persone (a Zablatani invece no).

Altri amici confermano i casini nella zona tra zablatani e Qassa Street (i due quartieri adiacenti alla città vecchia e Bab Tuma, a due passi da qui), e riferiscono di altri scontri in aree più periferiche; mi dicono anche che le transenne sbarrano buona parte della città, rendendo di fatto quasi impossibile spostarsi in macchina tra un quartiere e l’altro. A quanto pare tutte le vie d’accesso alla città sono presidiate da check point che non lasciano passare nessuno o quasi. Una ragazza che stamattina è andata a Maalula (paese a un’ora circa da Damasco, famoso perchè ospita l’ultima comunità di parlanti aramaici) si è trovata la strada bloccata al ritorno, e il pullmino su cui viaggiava è stato dirottato per una lunghissima deviazione prima di tornare in città. In sostanza damasco è solidamente presidiata dalle forze dell’ordine»

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