di Fulvio Massarelli In vista dell'elezione della costituente i manifestanti tornano in strada. Ma lo stato d'allerta resta in vigore. E la pratica delle torture anche TUNISI. Il 23 settembre con un comunicato ufficiale l'Ugtt (Unione Generale Tunisina del Lavoro), aveva chiesto a tutti i suoi iscritti, la stragrande maggioranza dei lavoratori sindacalizzati del paese maghrebino, di sospendere ogni forma di agitazione. In vista dell'elezione della costituente il prossimo 23 ottobre, la centrale sindacale rinnovava anche l'invito alle parti sociali ed al governo di «lottare contro tutto ciò che può nuocere ai principi e agli obiettivi della rivoluzione». Eppure lunedì centinaia di manifestanti si sono radunati davanti al ministero dell'educazione di Tunisi per protestare contro i risultati dei concorsi pubblici per l'impiego nello scuola e insieme all'Unione dei Diplomati Disoccupati, organizzazione autonoma ormai diffusa in tutto il paese tramite numerosissimi comitati locali, hanno iniziato a gridare slogan e ad avvicinarsi all'ingresso del ministero, a quel punto sono scattate le cariche della polizia che ha fatto uso dei lacrimogeni per disperdere il sit-in di protesta ferendo anche diversi manifestanti. Lo stato d'allerta dichiarato da tempo dal governo anche questa volta non ha risparmiato le ragioni dei disoccupati organizzati di Tunisi e le tensioni politiche latenti in una atmosfera sociale apparentemente calma si sono mostrate di nuovo. Se infatti restano ancora in prigione alcuni uomini di punta del vecchio regime, la cui scarcerazione prima della costituente potrebbe riaccendere la piazza, è anche vero che i movimenti e le associazioni non sembrano voler rinunciare alla mobilitazione anche in queste giornate pre-elettorali. Raid-Attac continua a organizzare cortei contro la «La dictature de la dette», la dittatura del debito, campagna storica dell'associazione alter-mondialista, che oggi non solo reclama l'annullamento del debito contratto dal regime di Ben Ali ma lega la sua iniziativa anche alla mobilitazione di respiro globale contro la crisi. E poi «giustizia e verità!», come rivendicato dalle associazioni dei famigliari e amici dei martiri della rivoluzione rispetto agli eventi luttuosi delle rivolta d'inverno e di primavera che in questi giorni continuano a mobilitarsi con la volontà di ottenere qualche risultato politico. Stessa determinazione per le associazioni in difesa dei diritti dell'uomo, come nel caso di «Libertà ed Equità», che durante una conferenza pubblica ha denunciato il perdurare della pratica delle torture, taciuta dalle autorità ospedaliere, contro i detenuti. Un video-denuncia, proiettato durante la conferenza, fa già discutere e in molti si attendono delle risposte ufficiali. Tra disoccupazione, debito e giustizia la piazza alza la voce e segna le prime giornate d'autunno del movimento tunisino. Da Il Manifesto de il 28 settembre 2011
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