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Palestina: i numerosi arresti non fermano la lotta nelle prigioni

In particolare i prigionieri palestinesi-giordani, oggi al loro 53° giorno di sciopero della fame, chiedono – accanto a migliori condizioni di vita e assistenza sanitaria – di essere trasferiti in Giordania (come prevede un accordo firmato tra la Giordania e le autorità israeliane), di poter ricevere visite familiari e che i corpi dei prigionieri giordani morti in prigione vengano consegnati alle proprie famiglie, anziché essere lasciati in “tombe numerate” anonime.

Mentre riprende vigore lo sciopero e la lotta nelle prigioni, le autorità sioniste continuano a mostrare la stessa faccia ignobile di sempre: secondo la Palestinian Prisoners’ Society, 7 detenuti sono ancora sottoposti al regime di isolamento totale nella prigione di Eshel. Le autorità carcerarie, non solo continuano a praticare punizioni collettive contro chi lotta nelle prigioni, ma non rispettano neanche gli accordi presi con i detenuti a conclusione dello sciopero di massa del 2012. Come sempre israele massacra, colonizza e arresta continuando a non rispettare le numerose convenzioni internazionali che pure ha firmato.

Intanto – mentre quasi tutti gli uomini palestinesi sono stati almeno una volta nella propria vita in prigione per qualche mese, i più fortunati, per anni o decenni i meno fortunati – 103 sono i “vecchi prigionieri” ancora nelle carceri israeliane. Con questo termine si intendono coloro che sono detenuti da prima degli accordi di Oslo del 1994. Di questi 103 detenuti “veterani”, 79 devono scontare una o più condanne a vita, ed il resto condanne che vanno dai 20 ai 40 anni.

Nel frattempo in Palestina e in diaspora si continua a scendere in piazza in solidarietà con la lotta nelle prigioni, ma proseguono con un ritmo sempre maggiore gli arresti. Accanto agli attacchi aerei che non lasciano un attimo di pace alla Striscia di Gaza, decine sono gli arresti effettuati dalle forze di occupazione ogni giorno.
Solo negli ultimi due giorni sono stati 12 gli arresti di ieri 10 quelli delle prime ore di questa mattina. Almeno un terzo risultano essere bambini; adulti e meno adulti vengono arrestati in uno dei tanti checkpoint che ogni giorno nascono nei territori occupati, arrestati con incursioni notturne in villaggi, prelevati durante coprifuochi decisi arbitrariamente…tutti colpevoli. Colpevoli di aver tirato un sasso, di voler sovvertire l’ordine, di far parte di uno dei tanti partiti dichiarati “terroristici”, di appartenere ad un’organizzazione “illegale e altamente pericolosa” come un collettivo universitario o il sindacato degli agricoltori.

Accanto all’arresto di uomini, donne e bambini in Palestina, lo stato sionista è arrivato anche a “sconfinare” in Egitto per arrestare un uomo che da Gaza si stava recando al Cairo per ricevere cure mediche in un ospedale egiziano. Lo sconfinamento del Mossad (il servizio d’intelligence israeliano) nel deserto del Sinai e l’arresto di Wael Abu Reida, di cui ad oggi non si hanno notizie, ancora una volta mostra il ruolo dell’Egitto sempre più servo agli interessi sionisti.. lo stesso Egitto che prima proclama, per puro populismo, di voler aprire la frontiera di Rafah e poi chiude a piacimento l’unica frontiera tramite cui i Gazawi potrebbero uscire dalla prigione a cielo aperto che è divenuta la Striscia di Gaza.

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