InfoAut
Immagine di copertina per il post

Ospedale Kamal Adwan incendiato ed evacuato: cala il sipario sull’ultimo presidio di umanità nel Nord della Striscia

La strada per la “soluzione finale” è spianata.

di Alessandro Ferretti

Come prevedibile, Israele ha approfittato delle feste di Natale per portare a termine la distruzione fisica del sistema sanitario nel nord di Gaza. Per completare in tempo utile l”impresa”, gli ultimi giorni sono stati un continuo crescendo di orrori: i bombardamenti si sono intensificati a livelli parossistici, addirittura superiori a quelli dei primi folli giorni dell’assalto israeliano. Il giornalista Hossam Shabat (ormai tragicamente abituato a dormire in mezzo alle esplosioni), ora basato a Gaza City, ad alcuni chilometri di distanza, ha riferito di esplosioni talmente forti e insistenti da svegliarlo più volte: “un terremoto continuo“.

Per quanto riguarda la guerra contro gli ospedali, l’Indonesian Hospital è stato completamente evacuato e chiuso in via definitiva: per buona misura, l’esercito israeliano ha pensato bene di trasformarlo in una sua base operativa. L’ospedale Al-Awda a Jabalia, già da settimane funzionante a livelli minimali, da stamattina viene bombardato in modo diretto e continuo: i carri armati prendono di mira i reparti e le corsie e probabilmente presto verrà forzatamente del tutto evacuato.

Il Kamal Adwan l’unico ospedale che forniva un certo livello di servizio e che aveva ancora un reparto di terapia intensiva, negli ultimi tre giorni ha ricevuto un trattamento speciale. I due cassoni esplosivi fatti detonare nella notte del 23 dicembre erano solo l’inizio: l’esercito occupante ha ulteriormente intensificato il bombardamento dell’ospedale e i suoi dintorni con cannoni, quadricotteri aereidistruggendo e incendiando decine di case, e facendo esplodere decine di cassoni esplosivi, sempre più potenti e sempre più vicini, talmente vicini da far crollare le pareti divisorie interne. Nel giorno di Natale un grosso frammento di metallo scagliato da una di queste esplosioni ha colpito alla testa un infermiere che stava lavorando nel reparto di terapia intensiva ferendolo in modo grave.

L’escalation finale è stata preannunciata dal giornalista israeliano Hallel Bitton Rosen, uno tra i più noti giornalisti “di fiducia” dell’esercito israeliano. In un tweet, pubblicato ieri sera Bitton Rosen descriveva infatti l’ospedale come “un significativo quartier generale di Hamas” senza ovviamente fornire neanche la minima prova a supporto. L’accusa è ben oltre il ridicolo: l’ospedale è stato più volte visitato da organizzazioni internazionali quali l’UNICEF e l’OMS, il dottor Abu Safia (come riferito dal dottor Mads Gilbert) aveva addirittura invitato l’esercito israeliano a presidiare permamentemente l’edificio per accertarsene.. ma state certi che ciò non impedirà alla stampa genocidaria di riportare la fandonia come un fatto acclarato.

Mentre il giornalista israeliano twittawa, un F-16 ha bombardato e distrutto l’edificio di fronte all’ospedale dove erano rifugiati i familiari degli operatori sanitari e tecnici, ammazzando in un colpo solo circa cinquanta uomini, donne e bambini. Tra essi, un pediatra che abitava lì con la sua famiglia, una tecnica di laboratorio che stava portando cibo al padre e al fratello. Un tecnico della manutenzione è corso verso l’edificio per cercare di portare soccorso ma è stato freddato dall’esercito israeliano, sempre molto attento e preciso nell’individuale e ammazzare i soccorritori che accorrono sui luoghi dei suoi crimini: inoltre, due infermieri che stavano raggiungendo l’ospedale sono stati giustiziati a 500 metri dall’edificio, portando a cinque il numero di operatori giustiziati nel giro di pochi minuti.

Stamattina è arrivato l’epilogo. L’esercito israeliano ha fatto irruzione nell’ospedale annunciando che l’ospedale sarebbe stato chiuso e ha disattivato l’impianto per l’ossigeno al quale alcuni pazienti erano attaccati, ammassando tutti coloro in grado di muoversi in alcune stanze e dando fuoco a tutto il resto: l’officina di manutenzione, il laboratorio, i reparti di degenza, la chirurgia, la terapia intensiva, il magazzino e gli archivi. Il fato delle 350 persone presenti (tra cui 75 degenti) non è ancora chiaro: i pazienti in grado di muoversi sono stati perquisiti e obbligati sotto minaccia delle armi ad evacuare verso sud a piedi, insieme ai loro accompagnatori e a parte del personale medico. Non è stato neanche concesso loro il permesso di rivestirsi, come documentato da un video fieramente ripreso da sopra un mezzo militare. I pazienti non in grado di muoversi sono stati parzialmente evacuati con ambulanze verso l’Indonesian Hospital, che però non è più operativo. Altri 25 di loro, insieme a 60 persone dello staff, sono rimasti in ospedale in in attesa di simile destino. Una tecnica di laboratorio ha raccontato che settantina di donne sono state portate in una stanza e i soldati hanno chiesto loro di togliersi l’hijab: a fronte dei loro unanimi, ripetuti e coraggiosi rifiuti, i soldati le hanno obbligate a spogliarsi procedendo a umilianti perquisizioni davanti a tutte, prendendole poi per i capelli per verificare le foto sui loro documenti e infine intimando loro di allontanarsi.

L’evacuazione forzata di pazienti, accompagnatori e medici

L’ospedale è stato quindi reso inutilizzabile dagli incendi appiccati dall’esercito occupante e l’evacuazione forzata è in via di completamento. Nulla si sa della sorte del direttore dell’ospedale, dottor Abu Safia, più volte minacciato di arresto dalle forze di occupazione per i suoi ripetuti rifiuti di evacuare l’ospedale: il suo ultimo post su Instagram, col quale denunciava l’irruzione dei militari e il ferimento di molti appartenenti allo staff medico, risale a otto ore fa. Allo stesso modo nulla si sa dei giornalisti Mohammed Al-Sharif e Islam Ahmed, che nonostante la mostruosa campagna di sterminio lanciata dall’esercito occupante nei confronti di tutti i giornalisti palestinesi erano rimasti con incredibile coraggio a documentare l’agghiacciante sequela dei crimini israeliani fino alla fine. Sarebbe davvero oltre il criminale se l’esercito israeliano arrestasse il direttore e i giornalisti (nel caso, sappiamo bene quale trattamento inumano li aspetterebbe), ma purtroppo sappiamo da tempo che da loro ci si può aspettare davvero di tutto.

L’operazione finalizzata alla distruzione del sistema sanitario del nord di Gaza, totalmente degna di primeggiare tra i più atroci crimini contro l’umanità di tutta la storia umana, è quindi compiuta. E’ durata 80 giorni, durante i quali il direttore Abu Safia ha ininterrottamente chiesto l’intervento di chiunque fosse in grado di fermare una simile barbarie. Nessuno è intervenuto in modo significativo, e ora che anche le ultime vestigia di strutture umanitarie sono state azzerate Israele può finalmente entrare nella fase finale della pulizia etnica del Nord senza fastidiosi esseri che si ostinano ad aiutare le sue vittime e a vanificare i suoi sforzi delinquenziali.

Già adesso la situazione è oltre l’immaginabile. Una testimonianza raccolta ieri dal giornalista Islam Bader da un palestinese appena fuggito dagli orrori dipinge uno scenario talmente agghiacciante da far pensare agli stermini perpetrati dagli Unni di Attila. Le strade sono letteralmente costellate di cadaveri che vengono divorati da cani e gatti, ma l’abbondanza di corpi umani è ora tale che gli animali, un tempo scheletrici, sono diventati visibilmente più grassi. Se qualche giorno fa un corpo veniva divorato nel giro di 4-6 ore, ora i corpi durano anche 3-4 giorni. Ossa e teschi umani sono sparpagliati un po’ dappertutto, perchè gli animali portano con sè pezzi di cadaveri per mangiarli in disparte. La distruzione delle abitazioni è talmente totale che neanche gli abitanti sono più in grado di riconoscere dove si trovi la loro casa o la loro strada, al punto che il testimone conclude che “il nord di Gaza non è più un posto dove si possa vivere”. Secondo calcoli probabilmente molto sottostimati, ad oggi almeno il dieci per cento della popolazione di Gaza è stato ucciso, ferito o risulta disperso.

Di fronte a simili scene il mio pensiero torna sempre ai giorni dell’occupazione della facoltà di Fisica, durante i quali in un consiglio di dipartimento la maggioranza dei miei colleghi ha serenamente bloccato qualsiasi forma di boicottaggio accademico degli atenei israeliani (pienamente e dimostrabilmente organici a questi orrori) perchè “la libertà di ricerca è un bene supremo”, perchè “bisogna costruire ponti e non muri” o altre feroci sciocchezze del genere, spesso profferite con accademica gravità quasi fossero evidenti e indiscutibili perle di saggezza elargite ao poveri idioti che insistevano per una presa di posizione chiara finalizzata a fermare il genocidio. Da quei giorni, gli orrori subiti dalla popolazione palestinesi non hanno fatto che aumentare esponenzialmente: addirittura, in questi giorni, ogni notte qualche neonato muore di freddo e denutrizione nelle tende e nei ripari di fortuna, del tutto inadatti alla sopravvivenza umana, ma nessuno ha mai neanche lontanamente pensato a riaprire la questione.

Verrebbe da chiedere a questi illustri colleghi: quand’è che vi sveglierete? Quand’è che le atrocità in continuo accumulo e aumento arriveranno a un livello tale da smuovere le vostre coscienze e ridiscutere le vostre posizioni così superficialmente prese e difese? Ma è inutile chiedere, perchè già conosco la risposta: tale ripensamento non avverrà mai, perchè la loro ignavia fino ad oggi dimostra che quelle persone semplicemente se ne fregano in modo totale delle sofferenze altrui. Nonostante gli alti principi che amano declamare ad ogni occasione utile per mostrarsi umani ed empatici, la verità è che per loro l’unica cosa che conta è la loro esistenza, il resto del mondo può anche sparire domani tra atroci dolori, tanto più quanto se a patire è gente con una religione e un colore della pelle diverso dal nostro.

Nessuna salvezza arriverà mai dal ceto intellettuale italiano, i cui encefalogrammi e cardiogrammi sono linee continue senza neanche un sussulto di umanità.. in un Occidente freneticamente avviato verso il suprematismo bellicista conclamato, si sveglieranno solo quando inevitabilmente le conseguenze della loro bancarotta morale e umana li toccheranno in prima persona… ma sarà tardi, tardissimo, non solo per i palestinesi, ma anche per loro.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

ASSEDIO DI GAZAboicottaggioesercito israelianoospedalipalestina

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bambini sfruttati e affumicati nei campi della California

Molto lontano dai campi di Entre Ríos o Santa Fe, i bambini contadini della California lavorano dagli 11 ai 12 anni, sfruttati, mal pagati, in terreni affumicati con pesticidi e con il terrore di essere deportati insieme alle loro famiglie di migranti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Palestina, i coloni attaccano volontari internazionali: feriti tre italiani

Un nuovo attacco dei coloni israeliani ha colpito la comunità di Ein al-Duyuk, vicino a Gerico, nella Cisgiordania occupata.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Drone assassino israeliano massacra due fratellini palestinesi

Fadi Tamer Abu Assi e Juma Tamer Abu Assi, bambini palestinesi di 10 e 12 anni, sono stati ammazzati da un drone israeliano a est di Khan Yunis (sud della Striscia) mentre raccoglievano legna per il padre ferito.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Membro della Knesset: Israele sta “importando la guerra di sterminio” da Gaza alla Cisgiordania

Un membro israeliano della Knesset (Parlamento) ha affermato che Tel Aviv sta “importando” la sua “guerra di sterminio” dalla Striscia di Gaza alla Cisgiordania occupata.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

CONTRO I SIGNORI DELLA GUERRA E PADRONI DELLA CITTÀ, BLOCCHIAMO TUTTO!

Oggi, nell’ambito dello sciopero generale indetto dal sindacalismo di base, come realtà autorganizzate del movimento milanese abbiamo deciso di bloccare l’ingresso principale della sede dirigenziale di ENI S. p. a. di San Donato.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Linee gialle e zone verdi: la divisione di fatto di Gaza

Crescono i timori che il nuovo mosaico di zone diverse di Gaza, separate da una Linea Gialla, possa consolidarsi in una partizione permanente del territorio.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La Germania è in crisi e vaga nella nebbia

Le ultime notizie dal paese teutonico indicano che la sua crisi economica non si arresta ed entra ormai nel suo quarto anno.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bombardamenti israeliani contro il Libano: 5 morti, tra cui l’Alto comandante di Hezbollah, Haytham Ali Tabatabaei

Beirut-InfoPal. Il ministero della Salute Pubblica libanese ha diffuso il bilancio ufficiale dell’attacco israeliano senza precedenti contro un’area residenziale alla periferia sud di Beirut, domenica 23 novembre: cinque morti e 28 feriti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Verso il 28 novembre: i comitati sardi chiamano alla mobilitazione

Diffondiamo l’appello uscito dalla rete Pratobello24 che invita tutti i comitati che lottano contro la speculazione energetica a unirsi allo sciopero e alla mobilitazione del 28 novembre.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Non ci sarebbe mai stata una fase due, il cessate il fuoco era la strategia

Il cessate il fuoco, come i negoziati, sono diventati un altro campo di battaglia in cui Tel Aviv temporeggia e Washington ne scrive l’esito.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Appello di docenti, ricercatori e ricercatrici universitarie per la liberazione di Mohamed Shahin

Riportiamo l’appello di docenti, ricercatori e ricercatrici per la liberazione di Mohamed Shahin, per firmare a questo link.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Investimenti israeliani sui progetti delle grandi rinnovabili in Italia

Diamo il via all’inchiesta collettiva sugli investimenti israeliani sui progetti delle grandi rinnovabili che abbiamo deciso di iniziare durante la “Due giorni a difesa dell’Appennino” a Villore, di cui qui si può leggere un resoconto e le indicazioni per collaborare a questo lavoro.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Sciopero generale e cortei nazionali: di nuovo decine di migliaia in piazza in tutta Italia

La due giorni di mobilitazioni del 28-29 novembre contro la finanziaria di guerra ed il genocidio del popolo palestinese ha nuovamente portato in piazza decine di migliaia di persone da nord a sud.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Colpirne uno: Mohamed Shahin, il rischio deportazione e la repressione della solidarieta’ con il popolo palestinese

Un attacco che utilizza le procedure amministrative che regolano ingressi, deportazioni e centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) per colpire e intimorire chi non gode del privilegio dei cosiddetti “giusti documenti”.