Il Kazakistan è teatro di un’insurrezione che sta portando nelle strade di tutte le principali città decine di migliaia di persone. A fare da scintilla per questa nuova ondata di sollevazioni i rincari del gas, dovuti alla crisi internazionale, con l’eliminazionale del prezzo limite massimo per il GPL. Il presidente Tokayev ha attivato lo stato di emergenza in tutto il Paese, compresa Almaty, la città più popolosa ed epicentro delle proteste.
Qui i manifestanti hanno messo in fuga i blindati, prendendone il controllo e marciando così verso i palazzi del potere, alcuni dei quali sono stati messi alle fiamme, compresa la residenza presidenziale. Secondo diverse fonti, alle proteste si sono uniti anche i lavoratori dei principali impianti metallurgici di Almaty, che hanno interrotto la produzione, mentre al momento non sono confermate le voci di gruppi di poliziotti e anche militari passati con la piazza. Proteste analoghe in mezzo Paese: si parla anche di vittime, sia tra i manifestanti che tra gli agenti.
Dalle barricate è stato diffuso un documento di richieste per porre fine alle proteste: rilascio immediato dei prigionieri politici, dimissioni di tutte le istituzioni e scioglimento delle Camere; creazione di un governo provvisorio verso elezioni libere e giuste, oltre a un cambio costituzionale basato su aderenza ai valori democratici e al rispetto dei diritti umani, riconoscimento dei crimini contro l’umanità operati dal potere, uscita da tutte le varie federazioni e organismi guidati dalla Russia e la condanna formale dell’annessione della Crimea da parte di Mosca nell’ambito del conflitto con l’Ucraina.
Il punto della situazione e un approfondimento sulle motivazioni alla base delle proteste, sulle rivendicazioni e la composizione delle piazze, sul ruolo del Kazakistan nello scacchiere internazionale, sulle pressioni geopolitiche a cui è sottoposto e sul modo in cui queste ultime hanno influenzato la politica interna degli ultimi anni e potrebbero influire sugli sviluppi delle proteste nelle interviste con:
Maria Chiara Franceschelli, dottoranda in Scienza politica e sociologia alla Scuola Normale Superiore, dove si occupa di movimenti sociali nello spazio post-sovietico. Ascolta o scarica
Giovanni Cadioli, ricercatore all’Università di Padova e docente di studi post-sovietici presso SciencesPo a Parigi, in Francia. Ascolta o scarica
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