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Il vero piano israeliano per Gaza è la deportazione dei palestinesi

A più di 140 giorni dall’inizio della guerra di Gaza,  il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha finalmente proposto un non-piano per il futuro di Gaza ,un elenco di principi irrealizzabili e slegati dalla realtà.

Il documento  è essenzialmente un elenco di dichiarazioni unilaterali piuttosto che un piano coerente, e prevede che  Israele avrà “il controllo della sicurezza su tutta l’area a ovest del fiume Giordano”,  la formulazione esclude qualsiasi sovranità palestinese, anche nel contesto di un futuro stato palestinese smilitarizzato. Inoltre l’amministrazione civile e la responsabilità dell’ordine si baseranno su “elementi locali con esperienza amministrativa e gestionale” e la giunta fascio sionista pretende anche un piano per de-radicalizzare le istituzioni religiose, educative e assistenziali di Gaza e di escludere completamente dalla striscia la presenza dell’Unrwa .

Intanto piu’ di un milione e mezzo di profughi palestinesi si accalcano a Rafah sotto la minaccia di un attacco di terra da parte dell’esercito israeliano che avrebbe conseguenze catastrofiche. Foto satellitari hanno segnalato la costruzione di un muro al di là del valico di Rafah in territorio egiziano ,l’eventualità di una infame trattativa sulla pelle dei palestinesi per la deportazione degli abitanti della striscia nel Sinai egiziano non è poi così remota, anche in considerazione dello stato pietoso delle finanze egiziane .

Gli aiuti alimentari entrano con il contagocce appena 80 camion al giorno contro i 500 che entravano prima dell’aggressione israeliana, inoltre il valico non è adatto al transito delle merci .I camion vengono fermati dalla popolazione affamata che soffre per la carestia imposta dal blocco israeliano e dalla distruzione totale di gran parte della striscia.

Gli Stati Uniti continuano a sostenere con armi e denaro Israele che ha annunciato altri 3000 insediamenti in Cisgiordania , votando , è la terza volta che accade ,contro una risoluzione presentata dall’Algeria alle Nazione Unite per il cessate il fuoco.

Ne parliamo con una compagna italo palestinese dalla Cisgiordania.

da Radio Blackout

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