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Ferguson, scontri e arresti in vista della sentenza sull’assasinio di Mike Brown

La tensione a St. Louis è alta da quando il governatore del Missouri, Jay Nixon, ha dichiarato da lunedì 17 novembre e per trenta giorni lo stato di emergenza in tutta la città, in attesa della decisione del tribunale. Negli scorsi giorni è inoltre comparso un cartellone pubblicitario, pagato dai sostenitori di Wilson, che recita: “PantsUPdontLOOT” letteralmente, “datti da fare non saccheggiare”, che irridendo il motto “hands Up, don’t shoot” utilizzato durante le proteste di quest’estate contribuisce ad acutizzare le tensioni tra le comunità di Ferguson ribadendo come l’anima profondamente razzista di una certa America non sia mai scomparsa.

La scorsa notte era stato indetto un presidio di solidarietà con la famiglia di Mike Brown  davanti al quartier generale delle forze dell’ordine locali; per più di un’ora i manifestanti hanno scandito slogan come “Whose streets? Our streets!” e “Killer cops have got to go!”, per ribadire come la comunità nera sia da sempre sottoposta a una spropositata repressione poliziesca. Quando il presidio ha tentanto di spostarsi sulla strada per effettuare un blocco del traffico la polizia in assetto antisommossa ha tentato di spostare con la forza i manifestanti per poi caricarli ripetutamente. Il bilancio degli scontri è di tre arresti e diversi feriti, tra cui un giornalista di una tv locale colpito ad un occhio.

Nel frattempo è giunta notizia che l’assassino di Mike Brown, Darren Wilson,  sarebbe pronto a dimettersi dal suo incarico ma solo se non verrà incriminato per la morte del ragazzo. La notizia, che strumentalmente servirebbe ad allentare la tensione, si lega all’annuncio che il verdetto dei giudici potrebbe essere rinviato di 48 ore, ma nel frattempo il coordinamento dei movimenti e delle organizzazioni per i diritti civili ha organizzato sit in e manifestazioni anche per i giorni a venire.

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