InfoAut
Immagine di copertina per il post

Baku ha fretta, nuovi scontri tra Azerbaigian e Armenia

||||

Morti nella nuova escalation tra azeri e armeni, la più grave dalla guerra del settembre 2020. Bilanci discordanti, di certo ha fallito la tregua siglata martedì. Erevan chiede aiuto a Mosca, preoccupata dalla crescente influenza della Turchia che pochi giorni fa ha rinnovato il dispiegamento di proprie truppe a sostegno di Baku

 

di Marco Santopadre

Roma, 18 novembre 2021, Nena News – Nuova esplosione di violenza, nei giorni scorsi, tra Azerbaigian e Armenia, a poco più di un anno dalla conclusione del cruento conflitto tra i due paesi costato la vita a diverse migliaia di militari e civili.

Ovviamente Armenia e Azerbaigian si accusano reciprocamente di aver dato inizio agli scontri in alcune zone del confine provvisorio frutto della guerra dell’autunno 2020. Domenica il governo di Erevan ha accusato gli azeri di aver avviato una vero e propria offensiva verso la regione di Gegharkunik, mentre Baku ha accusato i vicini di aver bombardato con l’artiglieria alcune sue postazioni nella regione di Lachin.

Fatto sta che truppe azere sono penetrate per alcuni chilometri in territorio armeno, arrivando fino alle alture situate lungo l’autostrada Erevan-Goris, e ne sono scaturiti combattimenti furiosi, assai più consistenti rispetto alle numerose scaramucce che hanno costellato gli ultimi dodici mesi seguiti dal cessate il fuoco del 9 novembre 2020.

Alla fine gli scontri, com’era del resto avvenuto un anno fa, sono cessati la sera del 16 novembre dopo il pressante intervento del ministro della Difesa della Federazione Russa Sergej Shoigu, dopo l’infruttuoso tentativo di mediazione di Stati Uniti, Francia e Unione Europea.

Il bilancio della nuova fiammata di violenza sembra grave, anche se è difficile conoscere le cifre reali a causa della propaganda e della disinformazione che caratterizzano i comunicati ufficiali dei due ministeri della Difesa. Ieri l’Armenia ha ammesso la perdita di un solo militare e il ferimento di altri 10, ma ha denunciato la cattura di 13 soldati mentre altri 24 risulterebbero dispersi. Erevan ha anche comunicato la conquista di due sue postazioni militari da parte del nemico. La parte azera ha invece ammesso sette morti e dieci feriti.

Nonostante il cessate il fuoco raggiunto il 16 novembre, il ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzonyan ha denunciato, durante un incontro con i rappresentanti delle missioni diplomatiche accreditate a Erevan, che truppe azerbaigiane continuano a permanere all’interno del territorio armeno.

Per ovviare a questa violazione della sua integrità territoriale e recuperare al più presto i propri militari catturati Erevan ha chiesto aiuto a Mosca, che dispone di migliaia di soldati in territorio armeno, parte dei quali dispiegati come peacekeepers lungo la linea del fronte del novembre 2020 e in alcune zone dell’Artsakh, la repubblica armena autoproclamata in una regione rivendicata dall’Azerbaigian e parzialmente riconquistata da Baku.

I soldati armeni catturati durante i recenti scontri si vanno ad aggiungere a quelli risalenti al conflitto dello scorso anno. All’inizio della settimana Erevan e la co-presidenza del Gruppo di Minsk dell’Osce – formata da Usa, Russia e Francia – avevano di nuovo attirato l’attenzione sul problema dei prigionieri di guerra e degli ostaggi civili armeni detenuti dall’Azerbaigian in violazione dei requisiti del diritto umanitario internazionale e di quanto previsto dalla dichiarazione trilaterale del cessate il fuoco del 9 novembre 2020.

Nonostante la fine dei combattimenti la situazione resta instabile e tesa. Il regime azero è conscio di godere di una netta superiorità militare, grazie anche al sostegno attivo da parte della Turchia, che proprio il 12 novembre ha rinnovato l’estensione del mandato delle sue forze militari dislocate a Baku e che hanno dato un contributo fondamentale, lo scorso anno, alla vittoria contro l’Armenia, insieme al sostegno israeliano e al parziale disimpegno della Russia e dell’Iran.

Ilham Aliyev vorrebbe quindi approfittare subito della sua netta superiorità bellica ed economica per ottenere nuove conquiste territoriali e indebolire ulteriormente l’Armenia, alle prese ormai da anni da una crisi politica ed economica che ne diminuisce la coesione. Baku pretende anche che l’Armenia garantisca il collegamento tra l’Azerbaigian e la regione autonoma del Nakhchivan attraverso il corridoio di Zangezur che dovrebbe attraversare il territorio armeno.

La Russia, che pure mira a evitare il tracollo dell’Armenia, tende a non contrastare in maniera netta le rivendicazioni azere, sia per motivi economici sia geopolitici, temendo che Baku venga assorbita del tutto da una Turchia che comunque, nel paese, ha messo radici profonde. Da un anno ormai Erdogan continua a fare la spola con Baku e con i territori del Nagorno-Karabakh riconquistati, dove lo stato e le imprese turche stanno investendo ingenti risorse economiche. Nena News

 

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Conflitti Globalidi redazioneTag correlati:

ARMENIAAZERBAIGIANguerraturchia

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bombardamenti israeliani contro il Libano: 5 morti, tra cui l’Alto comandante di Hezbollah, Haytham Ali Tabatabaei

Beirut-InfoPal. Il ministero della Salute Pubblica libanese ha diffuso il bilancio ufficiale dell’attacco israeliano senza precedenti contro un’area residenziale alla periferia sud di Beirut, domenica 23 novembre: cinque morti e 28 feriti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Verso il 28 novembre: i comitati sardi chiamano alla mobilitazione

Diffondiamo l’appello uscito dalla rete Pratobello24 che invita tutti i comitati che lottano contro la speculazione energetica a unirsi allo sciopero e alla mobilitazione del 28 novembre.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Non ci sarebbe mai stata una fase due, il cessate il fuoco era la strategia

Il cessate il fuoco, come i negoziati, sono diventati un altro campo di battaglia in cui Tel Aviv temporeggia e Washington ne scrive l’esito.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cile: le grandi possibilità del nazi Kast di essere presidente

Il primo turno delle elezioni presidenziali in Cile di ieri sono terminate in modo triste e prevedibile.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bologna: corteo “Show Israel Red Card” contro la partita della vergogna tra Virtus e Maccabi Tel Aviv

Ieri, venerdì 21 novembre, corteo a Bologna contro la partita della vergogna, quella di basket tra Virtus e Maccabi Tel Aviv prevista alle 20.30 al PalaDozza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ecuador: il trionfo di un popolo che non rinuncia alla sua sovranità

Nel referendum del 16 novembre il popolo ecuadoriano ha detto NO

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Levante: il Giappone ai tempi del neogoverno nazionalista della Premier Sanae Takaichi

A livello internazionale, una delle prime mosse della Takaichi è stata aprire un profondo scontro diplomatico con Pechino

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Medici per i diritti umani denuncia uccisioni prigionieri di Gaza nelle carceri israeliane

Il nuovo rapporto diffuso da Medici per i diritti umani-Israele (Phri) apre uno squarcio ulteriore su un sistema detentivo che negli ultimi due anni ha raggiunto un livello di letalità senza precedenti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

«La cosa più importante è salvare il maggior numero possibile di vite umane e infrastrutture in Ucraina»

Maidan illustra quindi i principali dilemmi dei movimenti e delle mobilitazioni globali: la classe operaia ha una capacità molto limitata di organizzarsi, di articolare gli interessi di classe e di fornire almeno una leadership nazionale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Tunisia, a Gabes respirare è diventato un atto di resistenza

Abbiamo tradotto questo articolo di inkyfada.media che racconta la vicenda di Gabes, un paese in Tunisia dove da mesi continuano proteste significative a causa di un polo chimico che mette a rischio la salute della popolazione.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

E’ ancora il momento di bloccare tutto!

Il 28 novembre sarà sciopero generale, coordiniamoci in tutte le città, in tutte le provincie, in tutti i paesi per bloccare ancora una volta in maniera effettiva tutto il territorio nazionale.

Immagine di copertina per il post
Culture

Frankenstein, quel mostro nato dalle ombre oscure della guerra

Al mostro viene negato un nome e una individualità, esattamente come al proletariato

Immagine di copertina per il post
Formazione

HUB DI PACE: il piano coloniale delle università pisane a Gaza

I tre atenei di Pisa – l’Università, la Scuola Normale Superiore e la Scuola superiore Sant’Anna – riuniti con l’arcivescovo nell’aula Magna storica della Sapienza, come un cerbero a quattro teste.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

DDL NUCLEARE : cosa aspettarci, cosa sappiamo?

Continuiamo ad approfondire e a tenere alta l’attenzione sul tema del ritorno del nucleare.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Armi e gas :l’Europa sempre piu’ dipendente dagli U.S.A.

A ottobre, per la prima volta, un singolo Paese gli USA ha esportato oltre 10 milioni di tonnellate metriche (mmt) di gas liquefatto, il 70% delle quali verso l’Europa.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Rompere la pace dentro territori, fabbrica e università della guerra

Partiamo da qui, da questa inquietudine mai risolta e sempre irriducibile che accompagna la forma di vita militante, l’unica postura da cui tentare di agguantare Kairòs, il tempo delle opportunità che possiamo cogliere solo se ci mettiamo in gioco. 

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Libertà vigilata

Un inedito maccartismo sta attraversando l’Occidente e, per quanto direttamente ci riguarda, l’Europa, sempre più protesa verso la guerra, irresponsabilmente evocata dalla presidente Ursula Von der Layen come “scudo per la democrazia”

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il Segretario di tutte le guerre

a visione che Hegseth porta dentro l’amministrazione Trump è quella di un’America che può tornare «grande» solo riconoscendo la guerra come sua condizione naturale.