
Avanzata SDF a Raqqa, un passo avanti verso la resa dei conti
E’ iniziata nel primo pomeriggio di ieri l’ultima offensiva dei partigiani del Rojava contro le forze del Daesh nella regione di Raqqa.
Le operazioni, supervisionate dalla comandante Rojda Felat delle YPJ – e che secondo fonti curde impegnerebbero circa 25000 uomini delle Forze Democratiche Siriane (SDF) – mirano alla liberazione dei territori compresi nei circa 40 Km che separano la capitale siriana del sedicente califfato dal Rojava. Per porla quindi in stato d’assedio.
Un progresso preceduto nelle ultimissime ore dalla visita a sorpresa in Rojava del generale a quattro stelle Joseph Votel, ufficiale capo del CENTCOM – il comando militare statunitense responsabile di tutta la regione mediorientale e centroasiatica. Presenza ingombrante, quella della carica che fu di Petraeus e Schwarzkopf, e senza dubbio influente sul lungo stallo di tre mesi delle operazioni delle YPG (oltre alla necessaria messa in sicurezza e al consolidamento nei territori liberati). Nota, infatti, la volontà curda di connettere il cantone di Afrin ad ovest col resto del Rojava (ambizione frustrata dall’opposizione turca e dalla mediazione americana) prima di marciare su Raqqa.
Nel corso dei primi combattimenti una serie di villaggi del circondario sono stati liberati, anche grazie all’apporto dei miliziani arabi autoctoni della Brigata dei Rivoluzionari di Raqqa, e l’avanzata prosegue.
Intanto nel resto del paese tira una brutta aria per il regime di Assad ed i suoi alleati: ormai esauritosi l’effetto Putin, i lentissimi progressi dell’esercito regolare vengono messi in ombra dai raid del Daesh, provato ma ancora capace di colpire il cuore del potere alawita. Alle stragi di Tartus e Jableh, costate la vita a oltre 120 persone, si sommano i danni causati dall’incursione alla base aerea di Tiyas, con diversi mezzi dell’aviazione siriana danneggiati. Lo stesso Hezbollah ha dovuto incassare negli scorsi giorni l’uccisione del suo comandante di punta Mustafa Badreddine; ed il tributo di sangue sta iniziando a farsi sentire anche per le forze iraniane con circa 700 caduti secondo il Telegraph.
Ma anche la poltiglia di un Esercito Libero Siriano (sempre più polarizzato tra fazioni filo-YPG e filo-turche, per non parlare dell’egemonia conquistata in alcuni suoi territori dal qaedista Fronte al-Nusra) si sta rivelando incapace di accordarsi su e conseguire autonomamente i più modesti obiettivi politici e militari.
Un tutti contro tutti destinato ancora a durare a lungo, in cui però da un lato le YPG possiedono le visione di fondo del Contratto Sociale della Siria del Nord, ormai in via di ultimazione; e dall’altro la formazione più organizzata e disciplinata dell’intero conflitto, tuttavia pronta a ripagare al giusto prezzo le sofferenze patite per mano degli aguzzini di Al-Baghdadi.
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