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Se la lotta contro l’articolo 5 diviene crisi istituzionale

Il conflitto sociale delle occupazioni abitative ha reso insostenibile per la giunta comunale la contraddizione insita nel regime imposto dall’articolo 5 rispetto a diritti fondamentali quali l’accesso all’acqua potabile e non solo. L’ingiunzione è stata impugnata dalla procura della città che ha disposto il sequestro delle carte mettendo in scena, tramite l’utilizzo di alcuni giornali cittadini come Il Resto del Carlino, una grande operazione mediatica. Potrebbe sembrare un atto dovuto, ma non è così! L’effetto annuncio stampa infatti ha voluto consolidare il ruolo di “decisore politico” della procura bolognese che sulle questioni importanti della città vuole continuare a ricavarsi e ad allargare il proprio campo di gioco, affermandosi come detentrice di una politica reazionaria legata alla sua interpretazione ultra-conservatrice della giurisprudenza che in questo momento appare in linea con gli interessi politici del Viminale. Il sindaco è stato accusato di abuso d’ufficio rendendo pubblica ed esplicita la divaricazione inter-istituzionale tra amministrazione, potere politico e procura. Il movimento di lotta per il diritto all’abitare è riuscito così a rovesciare sul campo avverso le contraddizioni insite nell’articolo 5 del Piano Casa approfondendo una crisi istituzionale nella città e costringendo le parti ad intervenire esplicitamente sul nodo della contesa.

Rilanciare l’articolo 5 del Piano Casa nel campo avverso ha fatto sì che senatori e parlamentari del PD emiliano che votarono il Piano Casa si sono trovati a disconoscerlo e a dichiarasi pronti ad emendarlo, insieme al presidente dell’Anci Fassino, alla vice presidente della regione Emilia Romagna con delega al welfare, e a non pochi esponenti della così detta sinistra alternativa. La contraddizione è entrata anche nel consiglio comunale provocando un acceso botta e risposta tra il capo gruppo PD Mazzanti, che aveva definito l’indagine “surreale”, e la procura che si è lagnata per mezzo stampa delle troppe dichiarazioni pubbliche, invocando le parti coinvolte a tacere per farla lavorare meglio! Nel contesto della crisi istituzionale cittadina non sono mancati i primi tentativi, ben poco fruttuosi, di ricucitura: scende in campo Bonaga, sedicente filosofo del PD, e redivivo opinionista del Costanzo Show, recentemente riesumato da istanze liberal contro la repressione, che ha consigliato di aprire una conferenza cittadina sull’emergenza casa coinvolgendo enti privati e pubblici proprietari, associazionismo e operatori del settore cooperativistico. Al pesante, politicamente, mondo cattolico cittadino non gli è parso vero, così che la moglie di Prodi il giorno successivo si è scapicollata nel sostenere la proposta, e non sono mancate neanche le mani alzate di quanti potrebbero essere interessati a ipotesi di “cogestione dell’emergenza casa”.

Intanto il Gip ha rifiutato il sequestro preventivo richiesto dalla procura della terza occupazione di Social Log, in via di Mura di Porta Galliera, scrivendo che “l’invasione è consentita in stato di necessità” e che “nel caso concreto la violazione del precetto penale intercetta istanze di diversa natura, oggetto di possibili situazioni di tutela da parte dell’ordinamento. Oltre infatti alle motivazioni di tipo politico dei sostenitoridegli occupanti, è dato rinvenire, in capo agli occupanti, una risposta illecita ad un’esigenza del tutto legittima, vale a dire il diritto a usufruire di un’abitazione idonea a permettere condizioni di vita dignitosa”. Non bisogna avere alcun dubbio che il tribunale del riesame darà ragione alla procura. E’ noto, e documentato anche su questo sito, che procura e riesame nella città di Bologna sono di fatto interscambiabili, e amministrano il penale come se fossero un solo ente dell’amministrazione giuridica.

Lo scontro è quindi aperto al punto che neanche uno sgombero da parte della questura potrebbe chiudere la partita tra il movimento di lotta per il diritto all’abitare e le controparti. E’ infatti la risoluta rivendicazione e pratica di indipendenza e autonomia dell’articolazione della lotta per la casa sia da sponde della sinistra alternativa che da ipotesi cogestionarie che ha permesso un faccia a faccia tra movimento e governo della città, e poi tra movimento e contro-parti istituzionali, fino al rovesciamento della contraddizione dell’articolo 5 nel campo avverso. Da strumento per depotenziare il peso specifico della lotta in un contesto di contrattazione sociale (ricattata dal taglio di acqua e privazione di diritti essenziali), a perno per avanzare legittimazione e centralità dell’istanza sollevata dal movimento di occupanti e inquilini resistenti agli sfratti. E’ questo che fa orrore e fa correre ai ripari alla procura di Bologna: la possibilità che lotte concrete possano agire sul corpo delle leggi dell’austerità e fare in modo che “il peso” del conflitto sociale le rendi insostenibili per amministrazioni, enti locali e così via, a favore dei poveri e delle povere. E’ questo che da energia e forza alle soggettività sociali attivate nelle lotte che assumono lo strumento del conflitto come pratica efficace per risolvere i propri problemi quotidiani. Lontani da ogni astrazione politica e campagna d’opinione pubblica, o peggio dagli spazietti autonarrativi di un mondo che non c’è, i proletari e le proletarie delle occupazioni abitative, e il loro “rude” pragmatismo ha fatto sì che si potesse vincere una piccola ma importante battaglia a servizio di tutti nel contesto della guerra ai poveri lanciata dal governo Renzi.

La “mediazione impossibile” avanzata dalle assemblee delle occupazioni abitative (abolire l’articolo 5 a partire dalla pratica della vertenzialità autonoma) ha prodotto quindi un primo risultato importante che apre a nuovi scenari di possibilità per le lotte: il fronte sanità è stato aperto da poco, così come si fa impellente il problema dei permessi di soggiorno, e così via.

Aver scompattato il quadro istituzionale locale e portato la contraddizione sul campo avverso è il primo atto, di certo le contro-parti non staranno a guardare e per la lotta per la casa a Bologna si tratta ora di aprire un nuovo contesto di conflitto sociale per conquistare nuovi spazi di legittimazione della pratiche e del discorso di lotta e nuove mete per rafforzare e sviluppare soggettività meticcia e antagonista.

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