
Nel caos le mense DSU a Pisa: la dignità contro i sacrifici

 La  nuova ditta è subentrata grazie a un nuovo bando indetto dal DSU il  quale ha richiesto, per regolamento, uno sconto significativo. La  cooperativa Arca ha partecipato al bando con uno sconto del 18% sul  costo dell’appalto precedente, ma a vincere è stata l’Euro Global  Service con uno sconto addirittura del 32%! La logica è sempre la  stessa: risparmiare minando la qualità del servizio e sfruttando la  forza lavoro. Infatti L’Euro Global Service contesta il numero eccessivo  delle lavoratrici impiegate dall’Arca e taglia il 50% del monte ore  complessivo di lavoro.
Le  lavoratrici però non sono dello stesso avviso: i carichi di lavoro  erano eccessivi già prima dell’ingresso della nuova ditta. Le 54  lavoratrici delle pulizie sono ora costrette a svolgere lo stesso tanto  di lavoro di prima ma nella metà del tempo il che significa un raddoppio  del lavoro. La parte di salario che viene a mancare con il decurtamento  delle ore viene per il 25% coperta dai contratti di solidarietà a  carico dell’inps che versa un altro 25% di quella stessa parte di  salario all’azienda. Un ennesimo caso che conferma come il diritto del  lavoro sia piegato nella crisi a una convergente volontà politica di  pubblico (DSU) e privato (Euro Global Service) consistente nella  ristrutturazione del comando sul lavoro verso un maggiore sfruttamento e  una crescente precarizzazione: i contratti di solidarietà intervengono  per sanare programmate riduzioni dell’orario di lavoro. Queste riduzioni  però non sono necessarie – anzi – e producono immiserimento e, in  prospettiva, nuove assunzioni a titolo temporaneo con un numero di ore  lavorative irrisorio e retribuzioni da fame.
La  produzione del disservizio è un obbiettivo preciso prodotto con  l’aumento dei carichi di lavoro e la riduzione delle ore e del salario. E  il disservizio, specie nella mensa centrale di via Martiri, non si è  fatto attendere.
Nella  settimana scorsa più volte le lavoratrici non sono riuscite a terminare  il lavoro di pulizia. La situazione è peggiorata tanto che lunedì  mattina collettivamente le stesse lavoratrici hanno prodotto un  volantino di “scuse” nei confronti degli studenti per le carenti  condizioni di igiene dettate dalle nuove condizioni imposte le quali,  nei giorni sono andate inasprendosi: l’Arca si è portata via le pedana  per lavorare sul rullo che arriva adesso praticamente all’altezza delle  spalle, inoltre anche le pause sono state soppresse. Proprio nella  giornata di lunedì il rullo si è bloccato per la rottura di una cinghia.  I vassoi, oltre che nei carrelli, impossibili da smaltire per  l’accumulo di lavoro, sono stati depositati sul pavimento della mensa  producendo una vera e propria montagna di rifiuti a ridosso dei tavoli.
A tutto questo si somma in mensa, con singolare coerenza, il dissesto provocato dalla riorganizzazione del lavoro promossa dal lungimirante direttore del DSU Paolo Vicini. Il direttore, coperto dalla legge Brunetta, davanti alla carenza di personale, sostiene che non è indispensabile assumere e che con questo personale, non solo è possibile svolgere il servizio ordinario di ristorazione ma, anzi, si può addirittura ampliare il servizio con progetti di discutibile utilità come l’apertura della mensa di via Betti dalle 10 alle 21e30 come aula studio. La pianta dell’organico del personale del DSU, secondo il piano approvato dalla Regione Toscana, prevederebbe 471 dipendenti. Al momento i lavoratori del DSU sono 416.
La nuova organizzazione del lavoro in mensa promossa da Vicini e dai dirigenti DSU (le P.O., Posizioni Organizzative) prevede semplicemente che meno lavoratori svolgano lo stesso carico di lavoro di prima. L’emergenza viene mascherata e tamponata con gli slogan delle novità imposte senza alcun tipo di verifica né tra i lavoratori né tra gli studenti: ecco la funzione delle nuove linee veloci. Queste, in quanto servono piatti freddi (panini, schiacciate) o pizze, permettono nelle cucine di risparmiare tre lavoratori per isola (un’isola serve 2 banchi di distribuzione). Se prima nelle cucine di un’isola lavoravano in 5 ai primi in 4 ai secondi e in 2 ai contorni, ora lavorano in 3 ai primi, in 3 ai secondi e in 2 ai contorni.
Non  solo. Vicini elimina le figure ritenute improduttive. Il carrellista  non serve, può farlo il cuoco tra un petto di pollo e una frittata. Il  capobanco – chi avverte giù nelle cucine quali pietanze mandare al banco  – non serve, può farlo l’addetta alla cassa tra una tessera e l’altra. E  intanto la fila si allunga. Già da mezzogiorno e un quarto la mensa è  inagibile e arrivare a mezzogiorno a mezza significa fare almeno  mezz’ora o quaranta minuti di fila, per non parlare dell’ora di punta.  Mai le 8 linee di via Martiri sono aperte tutte contemporaneamente come  capitava gli anni passati.
Tutto  ciò dopo che le forniture alimentari sono state rinnovate con un nuovo  bando meno di un anno fa con prodotti decisamente più scadenti e che con  l’introduzione della fasciazione l’anno scorso, il costo dei pasti  risulta aumentato.
Dopo  la congestione – è il caso di dirlo – di lunedì anche tra gli studenti  si è affermata la percezione dell’intollerabilità della situazione. Una  campagna reclami già da martedì mattina ha riempito in poche ore  centinaia di moduli che nel pomeriggio sono stati recapitati  direttamente da un gruppo di studentesse e studenti alla dirigente del  DSU di Pisa Magda Beltrami.
Un  primo messaggio comune che sconfessa la riorganizzazione del lavoro a  mensa a spese dei lavoratori. Una politica precisa che pur di  risparmiare e soppravvivere ai tagli imposti dal governo dei tecnici  sceglie di aumentare i carichi di lavoro per i lavoratori e le  lavoratrici dei banchi e delle cucine, provocando file chilometriche.  Sceglie di appaltare il servizio pulizie con uno sconto del 32%  tagliando del 50% monte ore e salario delle lavoratrici, strangolandole  di lavoro e colpendole nella dignità, intasando così rulli e carrelli di  vassoi sporchi.
Si  è trattato di un primo passo che ha gettato nel panico per tutta la  giornata di mercoledì la dirigenza dell’azienda, pronta ad aspettarsi  azioni di protesta e blocco da parte degli studenti. Invece mercoledì si  sono moltiplicati gli incontri tra studenti e lavoratori e tra le  lavoratrici delle mense e le lavoratrici del presidio Sodexo  all’ospedale di Cisanello, ormai “comitato cittadini e lavoratori per il diritto alla salute”.
Si  intensifica quella relazionalità capace di fare uscire le lotte  dall’isolamento nel riconoscimento della natura comune dell’attacco  condotto contro la dignità delle nostre vite. Infatti, a Cisanello,  direttamente spending review e tagli alla sanità si sono tradotti nel  licenziamento delle 78 lavoratrici delle pulizie da parte della  multinazionale Sodexo, attaccando così il diritto alla salute di tutti  oltre che salari e dignità. Allo stesso modo tagli ad enti locali e alla  formazione si traducono, nelle politiche del DSU, nell’aumento dei  carichi di lavoro e negli appalti a ribasso, attaccando così il diritto  allo studio di tutti oltre che salari e dignità.
Prende  in questa maniera corpo dai presidi delle lavoratrici in lotta, dalle  mense, dai luoghi dell’impoverimento la costruzione dello sciopero  generale del 14 novembre a Pisa. Un percorso che passerà prima per un’assemblea cittadina prevista per giovedì 8 e per l’assemblea d’ateneo di lunedì 12.
Solo  così, solo obbedendo alle lotte vive e potenziando la costruzione delle  singole lotte come lotte comuni per il blocco dell’esistente, lo  sciopero generale del 14 potrà dispiegarsi davvero come sciopero sociale  e non concludersi con un comizio, non concludersi in una piazza, non  accontentarsi di non cambiare.
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