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Ipse Dixit. Il programma di Emma

Dopo i sindacati, non poteva mancare il parere dell’altra “parte sociale” firmataria dell’accordo del 28 giugno, confermato dalla firma di alcuni giorni fa. Un parere negativo verso l’operato del governo che però vuole dare un segno di continuità al potere dello stato. Dopo un industriale, deve esserci un uomo degli industriali; da qui la scesa in campo di Confindustria per, come dicono loro, “salvare l’Italia”!

Con la presentazione della piattaforma composta da 5 punti, Confindustria scende in campo contro il governo, amico fino all’altro giorno; scende in campo dettando le proprie priorità, dando un segnale forte e un inizio di spallata a Berlusconi e ai suoi scagnozzi. 

Ma se da un certo punto di vista si potrebbe pensare come un segnale positivo il fatto che gli industriali stiano mollando l’attuale governo, se poi entriamo nel merito delle proposte della Marcegaglia si può ben notare come le sue non siano altro che quelle riforme che da anni Confindustria chiede e che il governo non fa: privatizzazioni, liberalizzazioni, un progetto “serio” sulle infrastrutture e un piano “serio” sul mondo del lavoro.

Tutto questo è un chiaro tentativo di dare continuità al comando di Confindustria sul paese. Non è un caso che i nomi che si fanno per le prossime candidature provengono dal mondo dell’indistria e della finanza. Ma in tutto questo chi continuerà a pagare il prezzo piu’ alto di questa crisi saranno i soliti, nonostante i minimi tentativi di facciata di fare proposte che vadano in direzione della gente. Perché è evidente che quando si parla di infrastrutture si va nella direzione delle grandi opere (tav, ponte, etc…) e della privatizzazione per andare a mettere le mani sulle ancor poche aziende pubbliche e sui beni comuni primari. 

Ora, è chiaro a tutti come si voglia cambiare tutto senza cambiare nulla, cercando di evitare quella rivolta sociale che farebbe cadere le certezze dei poteri forti di questo paese: prima l’attacco dei sindacati con la Cgil in testa e gli altri due costretti (a piccoli e lenti passi) a rivedere le proprie scelte politiche, lanciando scioperi e proteste, ora gli industriali che vedono i propri interessi toccati e a rischio.

Diventa fondamentale quindi la data del 15 ottobre per dire che questa crisi la si risolve solo dal basso, riprendendosi in mano quello che ci aspetta e facendo capire a chi governa questo paese, in tutte le sue forme, che non siamo piu’ disposti a compromessi o finte promesse, che non vogliamo avere rapporti con una classe politica ormai fallita e che sta facendo fallire questo paese. 

E lo diciamo chiaro: se si deve fallire… che si fallisca, ripartire da zero ma con un po’ di potere in più  nelle nostre mani.

 

Tanto per capire di che morte vogliono farci morire, val la pena leggersi i terribili 9 punti per la crescita del Sole24Ore

vedi anche le misure draconiane invocate da Perotti e Zingales

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