
I privati all’assalto della sanità (con l’appoggio del Governo)
Lo scorso 8 luglio Mediobanca ha dato notizia dell’aggiornamento del suo Report 2024 sui maggiori operatori sanitari privati in Italia (con fatturato superiore a 100 milioni) nel 2023.
di Gianluigi Trianni e Aldo Gazzetti, da Volere la Luna
Il report è una miniera di dati e meriterebbe un seminario ad hoc, soprattutto per un’analisi della finanziarizzazione della sanità in Italia, problema politico ed economico sottovalutato. Per intanto è utile sintetizzare, anche con citazioni testuali del rapporto, gli effetti della privatizzazione e della finanziarizzazione del sistema sanitario perseguite dalla politica neoliberale del governo, oggi in versione di economia di guerra.
Aumento del giro di affari e della redditività
“I ricavi (del privato) in rialzo del 5,7% sul 2022 e del 15,5% sul 2019 (ndr ,epoca pre-Covid-19)”; “la redditività è tornata a crescere con un Ebit margin salito al 3,7% ancora lontano dal 5,4% del 2019”. Le prime evidenze per il 2024, rispetto al 2023 indicano una crescita aggregata del giro d’affari del privato pari al 4,8%. L’accreditamento è cresciuto dell’1,7%, grazie alla possibilità concessa alle Regioni di avvalersi di operatori accreditati per ridurre le liste d’attesa. Tra il 2002 e il 2023, con l’eccezione del periodo emergenziale (Covid-19) segnato da numerose misure di potenziamento del SSN, la spesa erogata da queste ultime, mostra una crescita media annua (+3,1%) superiore a quella dei presidi pubblici (+2,5%).
Considerazione. L’incremento del giro d’affari del privato e della redditività relativa è in diretta relazione con il fallimento dell’accessibilità al SSN provocato dalle politiche neoliberali che questo obiettivo hanno millantato negli anni. Le regioni si confermano veicolo politico amministrativo della privatizzazione, che sarà potenziato con la prossima applicazione in sanità di accordi per l’autonomia regionale differenziata. Involontariamente sono indicate sintomatologia (spesa privata in crescita più della pubblica) e terapia (misure di potenziamento come in corso di epidemia Covid-19 indispensabili per il SSN). Entrambe sono ignorate dal Governo e dalla sua maggioranza, e troppo tardivamente proposte da un’opposizione impossibilitata a ottenere risultati nel mero agone parlamentare, e compromessa con attori del mondo assicurativo (UniSalute Unipol, Metasalute ecc.) o del Terzo settore. Le stesse organizzazioni sindacali, confederali e no, non si pongono l’obiettivo del superamento della copertura assicurativa nei contratti di lavoro, né inseriscono il potenziamento del SSN nel contenzioso generale con il Governo.
Aumento delle “criticità” di carattere macroeconomico e di settore
“Le spinte inflattive emerse nel 2022 comprimono la redditività del settore”; “le liste d’attesa, insieme a motivi economici, hanno spinto quasi una persona su dieci nel 2024 a rinunciare a prestazioni sanitarie” .
Considerazione. La rinuncia alle cure a seguito di impoverimento per decremento dei redditi di pensionati e lavoratori (dipendenti in primis), determinato da inflazione e lavoro precario,configura una “crisi da sovrapproduzione relativa” di servizi per riduzione della domanda. È fallita la politica pluridecennale di incrementi nominali contenuti del Fondo sanitario nazionale, inferiori alla crescita dell’inflazione, millantati come sufficienti e necessitati da disavanzo del bilancio dello Stato.
Aumento delle dimensioni e della distribuzione geografica del settore privato
Alcuni Gruppi privati hanno una presenza geografica capillare sul territorio nazionale, soprattutto al Nord, e sono operativi in nove o più regioni italiane. Tre hanno sono anche piccole multinazionali in espansione
Considerazione. Mentre nelle prossime settimane il SSN sarà oggetto del flagello dell’autonomia regionale differenziata, promossa dal Governo Meloni e dai Presidenti delle Regioni di Centro Destra, la sanità privata va organizzandosi su base “poli regionale”, in un evidente trend verso reti sanitarie private nazionali diffuse, modello Lombardia.
Aumento degli organici
“Per le società analizzate, il personale iscritto a libro matricola è aumentato del 12,6% sul 2019 e del 3,7% sul 2022, superando le 92 mila unità nel 2023”. Per le società analizzate, il costo del lavoro pro-capite nel 2023 è stato pari a 42,9mila euro, oscillando tra i 33,2mila euro per gli operatori della long term care e i 47,6 mila dell’assistenza ospedaliera. Questi valori contribuiscono allo scarso appeal dei reparti ospedalieri italiani e alla crescente migrazione all’estero del personale sanitario del nostro Paese.
Considerazione. È la conferma della necessità di incrementare le retribuzioni e di rispettare gli accordi contrattuali sugli orari di lavoro nel privato come nel pubblico.
Spesa sanitaria: panorama internazionale e collocazione dell’Italia
Per quanto riguarda la spesa sanitaria, tra i Paesi OCSE “l’Italia è al di sotto della media sia in termini pro-capite con $4,8mila, che in rapporto al PIL (8,4%)”.
Considerazione. Tra i 6 miliardi di euro del Fondo Sanitario nazionale aggiuntivi per il 2026 rispetto al 2025 promessi dal ministro Schillaci e gli oltre 70-75 miliardi di euro l’anno per eguagliare la spesa pubblica pro-capite della Francia e della Germania, esiste un evidente gap. Tale gap è utilizzato dai neoliberisti (cfr. il 20° Rapporto Crea) per dire che “l’intervento pubblico deve allargare i suoi confini, rinunciando ad arroccarsi sull’idea di una posizione egemonica del servizio pubblico, occupandosi della governance di tutto il sistema sanitario, compresa la (rilevante) quota di servizi sanitari oggi classificati come sanità privata”. A tal fine un documento del CNEL del 25 febbraio 2002, redatto anche con il concorso di tecnici PD neoliberisti, indica non esistere alternativa al finanziamento privato, e suggerisce la “co-programmazione pubblico privato in sanità”, eufemismo per indicare un ruolo più incisivo del capitalismo sanitario professionale, imprenditoriale e finanziario, addirittura nella pianificazione nazionale e nella destinazione del Fondo Sanitario Nazionale. Il presidente della Lombardia A. Fontana ha già raccolto il suggerimento e ha proposto alla Conferenza delle Regioni di definire una riforma del SSN, cioè il superamento della legge n. 833/1978! Va così delineandosi un’iniziativa politica neoliberista, veicolata tramite l’autonomismo regionale, per il superamento/negazione della legge n. 833, dell’universalismo e del SSN. La proposta del PD del 25 maggio di aumentare il FSN in cinque anni sino al 7,5% del Pil, sempre che sia perseguita nei fatti politico amministrativi, presenta molte incongruenze con l’obiettivo di salvare il SSN. Il suo gradualismo non tiene conto dell’ingravescente impatto sul SSN del sottofinanziamento e delle remunerazioni del personale, che già oggi, per pareggiare l’inflazione del 17% tra il 2019 e il 2025, e diventare premianti, dovrebbero arrivare ad incrementi almeno del 20-25%. Per di più, il SSN funziona in tutte le regioni con piante organiche “scoperte” e con strutture molto sottodimensionate. In proposito è da notare che, a ben vedere, i decreti ministeriali nn. 70/2015 e 77/2022 sono figli, tecnicamente obsoleti, dell’austerity e delineano un’architettura del SSN sottodimensionata. Obsoleta e meccanicistica è l’indicazione di una percentuale sul PIL come criterio di finanziamento, con rischi sia di “razionamenti” che di sprechi. Con le tecnologie informatiche oggi disponibili è possibile invece determinare il Fondo sanitario Nazionale per obiettivi assistenziali definibili sulla base di accurati studi epidemiologici di staging della salute dei cittadini da assistere e sul connesso uso efficace ed efficiente delle tecnologie diagnostico terapeutiche e riabilitative necessarie. È tempo di applicazione della legge n. 833/1978, di pianificazione nazionale convenuta con le regioni da cui una programmazione di investimenti e di incremento della spesa pubblica in sanità, commisurata alle necessità dell’anno in corso, finalizzata esclusivamente al potenziamento del SSN, senza riversare ulteriori fondi pubblici sull’accreditamento. Così facendo si determinerebbero finanziamenti annui, maggiori degli attuali, ma in misura minore rispetto a quelli del gap con Germania e Francia, entrambe con sistemi Bismark (assicurazione obbligatoria), nettamente meno efficienti almeno del 4% rispetto al sistema Beveridge (assistenza sanitaria erogata direttamente dal servizio sanitario pubblico). L’attuale stasi del finanziamento in conto capitale del SSN, espresso dal clamoroso ritardo nell’utilizzo dei già sottodimensionati circa 20 miliardi del PNRR e spia dell’incapacità delle regioni di “mettere a terra” investimenti, contrasta con l’aumento dei flussi finanziari per investimento nel settore privato che li utilizza per upgrade tecnologico, contenimento dei costi ed espansione della rete erogativa e del giro di affari. “Concentrazione di capitali” e “consolidamento” si registrano anche nel settore assicurativo sanitario, proattivo preludio all’allargamento per legge dell’assicurazione sanitaria volontaria o indotta dall’incentivazione: non sfugga l’iniziativa di acquisto di Assicurazioni Generali da parte di MPS, sostenuta da Governo. In ogni caso non si salva il SSN senza una fiscalità progressiva, una seria lotta all’evasione fiscale, la ridefinizione delle poste di Bilancio (es. meno armi, + spesa sociale) e il ricorso a Cassa Depositi e Prestiti, che dispone di oltre 200 miliardi derivanti dal risparmio postale di più di 22 milioni di cittadini. Sembra caduto nel vuoto del Governo, dell’opposizione e delle rivendicazioni sindacali, l’importantissimo Rapporto FnomCeo – Censis del 2023, che segnala “straordinari impatti positivi sull’economia italiana dei finanziamenti del SSN in termini di PIL ed occupazione, stimati in 1,85 euro per un euro di investimento e 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro” . Tra l’altro tutto qui, sugli investimenti, si gioca la competizione tra SSN pubblico e Sanità privata finanziarizzata, anche da player internazionali.
L’indagine completa è disponibile per il download sul sito www.areastudimediobanca.com (euro 200 +iva)
Considerazione.Il costo per l’accesso al report rappresenta un’altra barriera economica al dibattito democratico sulla politica e sull’economia sanitaria in Italia.
Considerazione finale
Senza lotte sociali e senza un “autunno caldo” non se ne esce.
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