InfoAut
Immagine di copertina per il post

Yemen, il Vietnam dell’Arabia Saudita?

Il bilancio delle vittime dell’ultimo ospedale colpito nella provincia di Abs, zona nord-ovest del paese, parla di 19 morti e 24 feriti.

L’organizzazione umanitaria dichiara di aver condiviso le proprie posizioni di supporto sanitario con tutte le parti coinvolte nel conflitto e nonostante ciò l’acuirsi dello scontro non permette più ai volontari di portare aiuti nelle zone maggiormente colpite, denunciando una regolare violazione del diritto internazionale umanitario e screditando le fonti saudite che descrivevano l’attacco al presidio sanitario come un errore.

Cogliamo quest’occasione per aggiornarci su un conflitto che viene poco raccontato dai media mainstrem nostrani, troppo occupati a proporci narrazioni semplicistiche sull’IS e sulle sorti del conflitto siriano.

Breve introduzione e cronologia del conflitto

La guerra in Yemen è da considerarsi a tutti gli effetti un conflitto civile che sta interessando l’intera regione della penisola araba. Si innesta nella guerra fredda tra Iran e Arabia Saudita, nelle interminabili tensioni tra Russia e States ed è’ senz’altro interessante per la complessa rivalità tra forze jihadiste come l’AQAP (Al Qaeda in arabian peninsula) e l’IS.

Tralasciando per brevità i pregressi storici, il conflitto è inziato nel gennaio del 2015 con un golpe portato avanti dagli Houthi, un gruppo armato sciita zaydita, per deporre il presidente Hadi di fede sunnita ed eletto nel 2012 nelle prime elezioni dello Yemen unificato (cfr unificazione dello Yemen, 1990).

Il presidente Hadi era il vice dello storico leader Alì Saleh che deteneva il potere dal 1978.

I tumulti del 2011, noti per la cronaca mainstream come primavere arabe, hanno portato all’elezione del nuovo presidente Hadi con 99.8 % dei voti, un plebiscito anche poichè era l’unico candidato.

Il neo presidente fu subito riconosciuto dalla comunità internazionale in quanto eletto con libere elezioni (sigh!) e particolarmente favorito da Whashington e Sauditi che lo definivano come l’unico soggetto in grado di pacificare le divisioni interne al paese.

Alla prima occasione, durante il dibattito sulla nuova riforma federale, che escludeva gli Houthi dall’accesso al Mar Rosso, le forze sciite sono riuscite in breve tempo a prendere il palazzo presidenziale a San’à ed arrestare Hadi.

Successivamente il presidente evaso si è spostato nel sud del paese nella città di Aden, che è stata nominata nuova capitale, ma l’assedio degli Houthi ha costretto Hadi a fuggire a Ryad, in Arabia Saudita.

E’ in questa fase del conflitto, 25-26 marzo 2015, che il CCG (Congresso per la cooperazione nel Ggolfo) composto da otto paesi arabi e a guida saudita inizia i bombardamenti (operazione “tempesta decisiva”) sullo Yemen per fermare l’avanzata delle forze sciite zaydite.

L’estate seguente le forze lealiste-governative, con l’aiuto della coalizione estera ed il supporto logistico degli States, riusciro sono riuscite a riconquistare Aden e a spingere gli Houthi su posizioni difensive nel centro-nord del paese.

Durante il conflitto si è stretta un’alleanza “particolare” tra gli Houthi e i militari fedeli allo storico regime di Saleh, di fede sunnita, che per anni aveva represso le dimostranze sciite nella nord-ovest del paese, da sempre popolato maggiormente da sciiti zayditi, contro il nuovo presidente Hadi e l’intervento esterno della coalizione araba.

Ciò testimonia ancora una volta il prevalere di interessi settari ed economici rispetto a divisioni etnico-religiose e mostra la complessità degli schieramenti in campo e la difficoltà nell’intravedere la fine della guerra civile.

In questo anno e mezzo di guerra la zona est del paese e la stessa provincia di Aden hanno visto la progressiva affermazione di forze jihadiste, le già citate AQAP e IS, e la loro rivalità nel rivendicare il ruolo di forza conservatrice e restauratrice dei valori del Corano attraverso l’attuazione di strategie molto differenti tra loro.

In questo magma il conflitto si è stabilizzato nella drammaticità di una guerra che conta più di 6300 morti (dati Onu fermi da mesi) composti al 50% da civili.

La zona nord-ovest del paese e la capitale San’à si trova in mano agli Hothi mentre il sud e la provincia di Aden sono combattute tra forze filo-governative (Hadi) e forze jihadiste (AQAP) con incursioni e attentati della “filiale” dell’IS, formazioni salafite che rappresentano per la popolazione sunnita la più dura e netta opposizione all’avanzata sciita e all’ingerenza dei paesi occidentali.

Qualche considerazione sul conflitto e le forze in campo

Come in tutto lo scacchiere mediorientale, le forze militari e diplomatiche occidentali, in particolare gli Stati Uniti, recitano un ruolo da protagonista anche nel conflitto yemenita, non con le solite “missioni di pace” ma con un attivo supporto logistico di intelligence, giustificato pubblicamente dalla presenza di cellule IS nel territorio.

Come in tutti i conflitti globali, i fornitori di armi di questa guerra sono le nazioni europee e gli stessi States, che mercoledi 10 agosto 2016 hanno ufficializzato la vendita di armamenti per un valore 1.15 Mld di dollari all’Arabia Saudita.

Arabia Saudita che martella con bombardamenti quotidiani il proprio confine sud e strizza l’occhio alle forze jihadiste in una più ampia ottica geopolitica anti-sciita e anti-iraniana.

Altro aspetto interessante del lavoro statunitense, rivelato dal New York Times, è il dispiegamento di circa 450 uomini sudamericani nel conflitto, militari mercenari addestrati dai marines e pagati dalle petromonarchie, Emirati Arabi Uniti in particolare (vedere due articoli già pubblicati sul nostro sito : “mercenari latino-americani in yemen e la connessione usa” e “sei militari colombiani morti in yemen“).

Non c’è da sorprendersi se le petromonarchie, Arabia Saudita su tutte, si stiano svenando per indirizzare verso le proprie posizioni il conflitto yemenita.

Da sempre Ryad si considera protettore dello status quo nella regione e la divisione o la perdita della sfera di influenza in un paese cosi vicino, magari in favore dell’Iran, preoccupa non poco le autorità saudite. Autorità che negli ultimi anni hanno visto sempre più manifestazioni nelle proprie regioni con presenza sciita, in particolare nella provincia di Qatif, sin dall’antichità abitata maggiormente dai seguaci dello Shi’a.

Quindi colpire fuori per educare dentro così da sopire le proteste interne, strettamente legate alle pessime condizioni economiche e alle discriminazioni subite dal 5% sciita della popolazione.

Il crollo del prezzo del greggio, motore dell’economie locali e gli ingenti investimenti militari, l’Arabia Saudita spende 81 Mld di $ l’anno per la “difesa”, hanno ridotto sensibilmente, il già misero welfare concesso dai regnanti.

Ciò porta diversi analisti a definire lo Yemen il Vietnam di Ryad, con i Saud impegnati a dimostrare, agli Americani e occidentali in generale, di essere l’unico punto di riferimento per la sicurezza e la stabilità della regione, affermazione di forza sempre più necessaria alla luce della distensione dei rapporti tra Iran e U.S.A. testimoniata dagli accordi sul nucleare del 2015.

Nonostante questo dispiegamento di forze la coalizione araba non riesce a piegare la resistenza degli Houthi, forti di un vasto arsenale militare facilmente sequestrato alle forze governative all’inizio del conflitto, e dell’aiuto, ormai conclamato, da parte dell’Iran che, conscio dell’instabilità saudita, soffia sul fuoco della guerra per indebolire lo storico nemico facendo fare il lavoro sporco ad altri.

La stessa alleanza tra Iran e Houthi non è cosi scontata come la fanno passare grossolani articoli della stampa, infatti gli sciiti zayditi (confessione degli Houthi) sono più vicini alla Sunna che agli sciiti duodecimani (confessione più diffusa in Iran), elementi che ci dimostrano come il settarismo e la guerra di religione siano una retorica mainstream comoda a confondere e a nascondere quello che in realtà è uno scontro tra famiglie e gruppi di potere.

L’atrocità e la stagnazione del conflitto sono elementi che giocano a favore di altri due protagonisti, le forze jihadiste dell’AQAP e dell’IS.

Al Qaeda, aldilà del rilancio d’immagine appaltato alla figura di Hamza Bin Laden, è stata abile nello sfruttare il conflitto yemenita presentandosi, sopratutto nell’est del paese, come unica organizzazione in grado di fermare l’avanzata sciita degli Houthi.

Uno dei successi della formazione salafita è stata la capacità di affiancare allo strumento militare una rapida sostituzione delle autorità statali nella gestione amministrativa e nella connessione tra tribù locali, all’interno delle quali sembraricevere un crescente consenso grazie allo scetticismo della popolazione nei confronti della coalizione a guida saudita che miete più vittime di tutte le altre forze in campo.

Ad oggi il gruppo controlla la quasi totalità della regione di Hadramaut e il suo capoluogo Mukalla, zone ricche di giacimenti petroliferi che garantiscono con regolarità elevate entrate economiche.

In quest’area del medioriente l’IS sembra essere più debole, rispetto ai concorrenti dell’AQAP, e lavora attraverso attentati diretti più’ ai civili sciiti che alle forze straniere, strategia apertamente condannata dalla stessa Al Qaeda.

La presenza di cellule in questo territorio e l’uccisione di alcuni importanti esponenti da parte dei droni americani è forse l’immagine giornalistica più diffusa sui media occidentali del conflitto.

L’opacità che avvolge le forze in campo non permette di prevedere gli esiti e la durata di un conflitto che sta velocemente aumentando la propria centralità nella geopolitica internazionale, ma possiamo dire con certezza che non si tratta di una guerra di emancipazione o di una resistenza popolare ma piuttosto di una guerra per procura tra Iran e Arabia Saudita, tra IS e Al Qaeda, il tutto foraggiato dalle lobby dell’industria militare che in questi conflitti vedono un comodo strumento di uscita dalla stagnazione economica.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ex Ilva: il riarmo divora la politica industriale (e la transizione ecologica)

Tutti i nodi vengono al pettine. Il governo sovranista con la sua manovrina accantona risorse per acquistare armi e manda alle ortiche quasiasi politica industriale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Restare a galla insieme in un mondo difficile: Bilancio 2024 delle questioni del lavoro in Cina (Parte 2). 

Proseguiamo la traduzione in lingua italiana di questi preziosi contributi sul contesto delle lotte in Cina nel 2024, tradotti in inglese dal collettivo Chuang.  Consapevoli delle profonde differenze tra il nostro contesto e quello cinese, a sua volta molto difficile da restituire come un intero, alcuni dati e considerazioni che vengono avanzati nel testo sembrano […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Rompere la pace dentro territori, fabbrica e università della guerra

Partiamo da qui, da questa inquietudine mai risolta e sempre irriducibile che accompagna la forma di vita militante, l’unica postura da cui tentare di agguantare Kairòs, il tempo delle opportunità che possiamo cogliere solo se ci mettiamo in gioco. 

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Teoria del partito

I prezzi sono più alti. Le estati sono più calde. Il vento è più forte, i salari più bassi, e gli incendi divampano più facilmente.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il Segretario di tutte le guerre

a visione che Hegseth porta dentro l’amministrazione Trump è quella di un’America che può tornare «grande» solo riconoscendo la guerra come sua condizione naturale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il significato dell’ascesa cinese

Riprendiamo e traduciamo da marxist.com questa interessante analisi di Kenny Wallace sul significato dell’ascesa cinese.  Buona lettura! Questa nazione, che appena due decenni fa era ancora immersa nel sottosviluppo, è oggi impegnata in una titanica rivalità con gli Stati Uniti, nella quale riesce a mantenere la propria posizione. Nel frattempo, l’imperialismo americano, di gran lunga […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Trump all’attacco dell’America Latina con la scusa della “guerra alla droga”

La tensione nei Caraibi ed in America Latina si fa sempre più alta. Alcune note per comprendere quanto sta succedendo.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Gaza, un futuro di controllo della AI che ci riguarda

Se andiamo a leggere i piani di controllo dell’ordine pubblico prefigurati per la nuova amministrazione di Gaza, vediamo come questi convergano sulla previsione di un modello di sicurezza basato sull’integrazione di Intelligenza Artificiale (IA), robotica avanzata e sorveglianza aerea.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Un opuscolo su riarmo, genocidio e logistica della guerra

Ripubblichiamo un opuscolo realizzato dall’assemblea cittadina torinese STOP RIARMO.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Colonialismo accelerato: un piano contro la Palestina

Qual è la logica del piano Trump su Gaza? La costruzione di spazio meticolosamente controllato e depoliticizzato, cioè pacificato, per la circolazione, il consumo e la produzione del capitale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ecuador: il trionfo di un popolo che non rinuncia alla sua sovranità

Nel referendum del 16 novembre il popolo ecuadoriano ha detto NO

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

COP30: Extinction Rebellion scarica 30 tavoli davanti alla Regione Piemonte. “Tutte le occasioni mancate”

Nei giorni conclusivi della conferenza sui cambiamenti climatici che si tiene a Belém, il movimento denuncia gli impegni disattesi da Governo e Regione

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Brescia: perquisizioni, denunce e avvisi orali per il corteo del 27 settembre sotto Leonardo SPA

Perquisizioni, denunce e “avvisi orali” dall’alba di venerdì 21 novembre a Brescia contro compagne-i (anche studentesse-i) per il grande corteo per la Palestina di sabato 27 settembre

Immagine di copertina per il post
Bisogni

E’ ancora il momento di bloccare tutto!

Il 28 novembre sarà sciopero generale, coordiniamoci in tutte le città, in tutte le provincie, in tutti i paesi per bloccare ancora una volta in maniera effettiva tutto il territorio nazionale.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

San Giuliano: Telt prende possesso delle case, ma la valle non si arrende

Ieri mattina Telt è entrata ufficialmente in possesso delle abitazioni di San Giuliano di Susa che verranno abbattute per far spazio al cantiere della stazione internazionale del Tav Torino-Lione.

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Aggressioni e lotte nel comparto tessile di Prato

Come racconta l’aggressione dei giorni passati – che segue a numerose altre aggressioni ai danni di lavoratori e lavoratrici in sciopero negli ultimi anni – un sistema predatorio fatto di aggressioni e intimidazioni è estremamente consolidato nel settore.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Levante: il Giappone ai tempi del neogoverno nazionalista della Premier Sanae Takaichi

A livello internazionale, una delle prime mosse della Takaichi è stata aprire un profondo scontro diplomatico con Pechino

Immagine di copertina per il post
Culture

Il primo vertice antiterrorismo internazionale – Roma 1898

Un evento spesso trascurato dalla storiografia italiana, anche da quella che si è occupata del movimento operaio e delle sue lotte, ma che obbliga a riflettere su una serie di nodi ancora tutti da sciogliere