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Una recensione di “Sociologia della libertà”

Proponiamo una recensione del terzo volume del Manifesto della civiltà democratica – Sociologia della libertà scritto nel 2008 da Abdullah Öcalan come difesa alla corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Questo è il suo unico modo di comunicare col mondo dal 1999 quando è stato arrestato e  imprigionato nell’isola carcere di Imrali.

Il Manifesto si compone di cinque testi di cui i primi due sono stati tradotti in italiano con i titoli “Civiltà e verità. L’era degli dei mascherati e “La civiltà capitalistica. L’era degli dèi senza maschera e dei Re nudi”.

All’interno della storia e della lotta del del movimento Kurdo è di centrale importanza l’elaborazione del nuovo paradigma sviluppato alla fine degli anni ’90 da Öcalan e alla base della rifondazione del partito dei lavoratori del Kurdistan ma anche della rivoluzione del Rojava, la prima rivoluzione che ha posto al centro della trasformazione della società l’autonomia delle donne, l’ecologia e la democrazia diretta in una visione non statalista della nazione.

Per rendere l’idea di cosa comporti tale detenzione a Imrali ma anche per mostrare quanto sia profonda la conoscenza, la prospettiva e l’unione di queste con la lotta personale contro se stessi oltreché contro il sistema citiamo alcune righe dalla prefazione del testo:

“Dire qualche parola sulla mia tecnica di scrittura può chiarire ed incoraggiare il lettore a perdonare alcune carenze. Nella mia cella di isolamento, mi sono consentiti un solo libro, una rivista e un giornale per volta.

Per me, dunque, è stato impossibile prendere appunti o citare fonti. Il mio principale metodo di lavoro è stato quello di memorizzare i punti che ritenevo importanti e assorbirli nella mia personalità. Non ho pedissequamente accettato ogni divieto. Ho risposto facendo sempre più chiarezza nella memoria – la riserva di conoscenza dell’universo – e dando priorità a idee di vitale importanza.

La debolezza maggiore di questo metodo, tuttavia, è che la memoria umana è destinata al fallimento. Pertanto, non essere in grado di prendere appunti ha rappresentato un ostacolo. Mentre mi preparavo a scrivere questo volume è stata introdotta una nuova proibizione: non mi era concesso tenere una penna. Dopo la revoca di questo divieto, il decimo giorno di una sanzione di isolamento, ho immediatamente iniziato a scrivere. Si trattava di una fretta necessaria, perché i ripetuti ritardi mi avevano impedito di mantenere la promessa di scrivere. In ogni caso, dal momento che mi è stata negata una penna, mi sono concentrato maggiormente sul concetto generale” (p.19).

Avendo come base le riflessioni dei testi precedenti in “Sociologia della libertà” viene chiarita la natura del potere e della modernità capitalista e le sue implicazioni metodologiche cioè relative alle modalità di accesso alla conoscenza. Diciamo i saperi non sono neutri e in questo testo viene ampiamente criticata l’impostazione eurocentrica, coloniale, patriarcale ed ecocida della struttura della conoscenza in cui siamo immers* e del legame di questa con l’oppressione più o meno esplicita dell’ordine costituito, altrimenti detto modernità capitalista, e dei suoi errori anche nella lettura stessa della società e dell’universo.

Il lessico utilizzato nel nuovo paradigma è sicuramente nuovo ma importante da esplorare, approfondire conoscere e con cui dialogare e confrontarsi. Un lessico improntato su una visione della scienza, della storia e della metodologia di accesso alla conoscenza che hanno come base la rifondazione delle scienze sociali – un esempio è la Jineolojî, la scienza delle donne.

In questa lotta per la trasformazione, che è rivoluzione, il ruolo dell’autodifesa, non solo fisica ma sopratutto mentale e di pensiero, è centrale. Poter pensare alla possibilità reale di costruzione di una civiltà democratica non come remota e illusoria ma come un’utopia reale:

“L’utopia non è un’illusione, un’evasione, una fantasticheria un’estraniarsi dalla realtà. L’utopia è una proposta di un possibile che c’è, di un possibile storico che virtualmente c’è, che ancora non è posto nella concretezza della vita dell’organizzazione della società ma che potrebbe esserci. Prospettiva realizzabile non miraggio o fuga o qualcosa visto solo con la fantasia ma ciò che realmente potrebbe essere fatto”.

Queste sono parole di Joyce Lussu dal suo testo “L’uomo che voleva nascere donna – diario femminista sulla guerra” (1978), che riecheggiano in dialogo con quelle del testo di Öcalan:

“La civiltà democratica non è solo un’utopia presente e futura; sembra anche estremamente necessaria e fortemente esplicativa ad un’interpretazione più concreta della società storica” (p.29).  

Queste parole evidenziano la necessità centrale di fronte a una realtà che distrugge costantemente le parti migliori di se stessa. In questo margine si inserisce la nostra lotta quotidiana per ri-costruire comunità e possibilità di vita. Quando diciamo lotta per la casa è lotta per la vita non è solo uno slogan ma una prospettiva di trasformazione totale delle nostre relazioni e vite. Così come nelle lotte contro la militarizzazione dei territori, delle comunità e della mentalità, nelle lotte transfemministe, studentesche e nella quotidianità che attraversiamo come persone.
Ovviamente le forze della controparte, della civiltà capitalista, reagiscono con violenza a queste prospettive e nostro compito è unirci per difenderci e in questo costruire nuove prospettive.
Per questa recensione ringraziamo l’esposizione del testo fatta dall’Accademia per la Modernità Democratica nell’iniziativa di presentazione del libro tenutasi ad aprile a Pisa.

Esposizione di Sociologia della libertà

Prima di parlare del libro sociologia della libertà sono necessarie alcune informazioni su Abdullah Öcalan e sul contesto.

È uno dei fondatori e la leadership del movimento del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) e adesso è da più di 24 anni isolato in prigione nell’isola di İmralı. L’ultimo segno avuto dall’isola è nella primavera di due anni fa, quando Öcalan ha avuto una breve conversazione telefonica con suo fratello. Da quel momento non si sono avute altre informazioni sulle sue condizioni di salute ed è ancora in corso la campagna per la sua libertà. La sua produzione politica e ideologica è data da più 60 libri, di cui 12 scritti tra il 1999 e il 2010. Ha utilizzato la sua situazione di prigionia per scrivere questi libri e sviluppare il nuovo paradigma.

Ha scritto contributi più piccoli come la roadmap per la soluzione della situazione kurda; in particolare parlava di come negoziare con lo stato turco una soluzione politica.

Ha poi sviluppato il nuovo paradigma con i libri del Manifesto per la civiltà democratica che sono cinque di cui sociologia della libertà è il terzo.

Prima di questi scrisse Oltre lo stato il potere e la violenza (2004) e da qui che inizia a sviluppare il nuovo paradigma. Gli altri libri del Manifesto per la civiltà democratica sono scritti tra il 2007 e il 2010.

Quando Öcalan  parla delle sue condizioni in prigione parla della sua terza nascita, cosa significa?

La prima è la nascita è quella biologica, la seconda è della fondazione del PKK con vecchio paradigma e la terza il nuovo paradigma.

Di questi libri è importante non solo la teoria politica, ma che abbiano un impatto pratico sulla lotta di liberazione del Kurdistan. Con il cambiamento di paradigma il movimento ha smesso di rivendicare uno stato indipendente e ha iniziato a parlare di confederalismo democratico. Ci sono stati degli effetti sulle pratiche del movimento: la rivoluzione in Rojava è un’attuazione concreta di questi contributi teorici. Per esempio nello sviluppo dei consigli in Rojava viene fatto in modo che quell* che partecipano leggano questo libro.

Un altro esempio riguarda le elezioni del 14 maggio 2023 in Turchia dove diversi partiti andranno insieme all’HDP. Questi libri hanno un’impatto nell’idea di partito politico.

Un altro esempio sono le proteste in Rojhilat con lo slogan Jin, Jiyan, Azadî che è emerso per la prima volta dai libri di Öcalan. Questi libri hanno quindi un effetto a lungo termine sulla società.

Sono stati elencati solo alcuni degli esempi dell’impatto pratico di questi libri. Di seguito si parlerà dei loro contenuti.

A causa delle condizioni in cui sono stati scritti questi libri è difficile ricostruire le fonti anche se i nomi più importanti li conosciamo. Sulla metodologia i riferimenti sono  Theodor W. Adorno; sul femminismo in particolare María Mies e Silvia Federici.  Per quanto riguarda l’ecologia e la libertà: Baruch Spinoza, Murray Bookchin, Friedrich W. Nietzsche. Sulla storia: Rosa Luxemburg, Hannah Arendt, Paul-Michel Foucault, Andre Gunder Frank.

Questo è il terzo libro del Manifesto per la civiltà democratica e vi è descritta l’alternativa alla modernità capitalista.

Il primo libro Civiltà e verità. Lera degli dei mascherati” parla della metodologia e la storia della civiltà. Il secondo libro “La civiltà capitalistica. L’era degli dèi senza maschera e dei Re nudi” definisce il capitalismo e descrive il sistema in cui stiamo vivendo e parla di modernità capitalista. In questo terzo libro “Sociologia della libertà” si concentra sulle forze democratiche e la civiltà democratica.

C’è una linea rossa che collega questi libri, per comprendere il terzo bisogna comprendere quelli precedenti.

Partiamo dal titolo…

Il libro comincia con una critica alle scienze sociali. È un metodo che Öcalan usa anche negli altri libri, quello che dice è che le scienze sociali devono portarci a risolvere i problemi invece coi loro strumenti ci stanno portando ad approfondirli anziché risolverli. Occorre trovare delle vie diverse. La critica alle scienze sociali occidentali è concentrata sulla loro frammentazione che non ci permette di avere una visione olistica sui problemi, la società. Questa frammentazione in molte discipline ha effetti anche sulla mente della società che si frammenta e si aliena in primis dalla natura.

Le scienze sociali di oggi non sono legate agli interessi della società ma riproducono gli interessi della modernità capitalista. Critica l* ricercator*, il cui lavoro dovrebbe portare conoscenza alla società per risolvere problemi invece che lavorare per gli interessi della modernità capitalista portare nuovi modi di sfruttamento della società e della natura.

 Le scienze sociali dovrebbero avere a che fare con i problemi della società e assicurare la libertà della società. Non si può in questo testo andare troppo nel dettaglio delle critiche contenute nel libro ma viene proposta la sociologia della libertà come cornice per la rifondazione delle scienze.

Altre due principali critiche sono l’eurocentrismo (questo riproduce il capitalismo nello sfruttamento) e il sessismo come caratteristica della scienza dominante. Viviamo in una società sessista e queste scienze rafforzano le caratteriste sessiste. Öcalan propone una scienza alternativa la Jineolojî, la scienza delle donne. È in questo testo che la propone per la prima volta. È la proposta al movimento delle donne di approfondire l’argomento per cui lo sfruttamento della società è fondato su quello delle donne, queste sono la colonia, la più antica. Se non riusciamo a comprendere la condizione delle donne non possiamo comprendere quella della società.

Dal 2009 il movimento delle donne ci ha lavorato, sono nati molti comitati di Jineolojî, istituti di ricerca, riviste… è un lavorio quotidiano. Questo rapporto dialettico tra Öcalan e il movimento delle donne nella pratica ha un approfondimento nello studio delle donne su questo tema.

Un altro argomento sono i problemi sociali nella modernità capitalista. Nel libro precedente aveva analizzato la modernità capitalista constatando che siamo in una sua crisi strutturale. In questo testo approfondisce l’analisi e nomina dodici problemi sociali che sono le sfide del XXI secolo. Questi dodici problemi sono anche i dodici campi in cui le forze democratiche devono costruire un’alternativa.

Il primo problema sono il potere e lo stato: il potere ha soggiogato completamente la società e ne sta distruggendo la connessione morale. Gli altri si elencheranno senza entrare nel dettaglio: mentalità, economia, industrialismo, ecologia, sessismo sociale, urbanizzazione, educazione e salute, militarismo, pace e democrazia, classe e burocrazia. Questi sono i diversi problemi che analizza e propone delle alternative.

Uno dei termini che utilizza per descrivere l’effetto della modernità capitalista è il societicidio. Questa parola deriva da genocidio ed è utilizzato per descrivere come la società viene attaccata ogni giorno. I media capitalistici oggi bombardano la società 24 ore al giorno.

L’ideologia della modernità capitalista sta attaccando la società con il sessismo, il nazionalismo, il fondamentalismo religioso e il liberalismo.

Dopo aver elencato questi problemi parla dell’alternativa e di come possiamo chiamarla: il sistema della modernità democratica o civilizzazione democratica, è qui che formula questo concetto di società politica e morale.

“La scuola di scienze sociali che postula l’esame dell’esistenza e dello sviluppo della natura sociale sulla base della società morale e politica potrebbe essere definita come sistema di civiltà democratica” (p.158).

Ad oggi ogni scuola di scienze sociali utilizza un’unità modello per descrivere la realtà sociale: lo stato, il potere, la classe, la religione… e tramite queste descrivere la società.

Öcalan propone come unità fondamentale per capire la società di oggi la società politica e morale. Abbiamo visto nella storia che la società è potuta esistere senza lo stato, il potere e lo sfruttamento, ma non esistono società che vivono senza morale e politica. Morale e politica sono due strumenti che la società usa per mantenersi in vita e svilupparsi. Oggi la modernità capitalista attacca questi due strumenti contrapponendo come alternativa alla politica “lo stato come amministrazione” e come alternativa alla morale “la legge”.

Nel corso della storia dobbiamo distinguere società e democrazia da stato. Essi sono due concetti completamente diversi. Il compito delle forze democratiche è sviluppare gli aspetti politici e morali mentre lo stato lavora per indebolirli. Questo è lo scontro che si è sempre svolto nel corso della storia. La storia è importante ma per come la conosciamo è solo quella dello stato e del potere e invece è importare sviluppare la storia della società. Se guardiamo nel corso della storia vediamo che le nazioni sono una costruzione sociale invece la società morale e politica è sempre stata lì.

Öcalan arriva alla conclusione che la civiltà democratica sia la resistenza e la ribellione per insistere per la società morale e politica. Fa anche una bozza di storia della civiltà democratica in cui mostra le diverse resistenze all’oppressione dello stato e del capitalismo.

Modernità democratica come alternativa alla modernità capitalista.
La modernità capitalista ha tre pilastri principali: il capitalismo, l’industrialismo e lo stato nazione. Il modello alternativo della modernità democratica ha tre pilastri alternativi: la società morale e politica, l’industria ecologica, il confederalismo democratico. Per superare il sistema del dominio dobbiamo costruire questi tre pilastri. Nel descrive concretamente le forze democratiche anti-sistema Öcalan comincia con una domanda: cosa significa che siamo contro il sistema?

Per rispondere bisogna avere un’analisi del sistema in cui viviamo e questo è il problema delle forze democratiche in questo momento, guardano a solo un pilastro e non all’altro e difficilmente a tutti e tre assieme.  

Elenca cinque forze democratiche principali. Ha critiche per queste ma anche prospettive e proposte.

  • Le forze socialiste, legate al socialismo reale. Analizza gli errori dello scorso secolo, in particolare sui punti del potere, dello stato e della violenza sui quali non ci sono mai state abbastanza riflessione e analisi.
  • Le forze anarchiche. Hanno fatto una critica allo stato e al potere ma non hanno portato proposte di un’alternativa concreta.
  • I movimenti ecologici e femministi. Sono lotte molto importanti e hanno un grosso supporto popolare ma per il futuro è importante che riescano ad avere una linea ideologica e politica chiara. Il rischio è che vengano riassorbiti dal sistema capitalistico.
    Ci sono tre aspetti che tutti i movimenti dovrebbero sempre portare come propri elementi fondanti: la democrazia radicale, l’ecologia e la liberazione delle donne. Anche il movimento tiene questi elementi in connessione e sono alla base della rivoluzione in Rojava. È stata superata la vecchia idea che la contraddizione ecologica e della liberazione delle donne possano essere posticipate a dopo la rivoluzione: vanno prese in considerazione e agite da oggi.
  • I movimenti culturali radicali, la rivalsa della tradizione contro lo stato nazione. Lo stato nazione ha assimilato differenti culture, linguaggi, minoranze e cerca di centralizzare tutte le strutture politiche contro quelle locali e municipali. Le lotte per l’autodeterminazione, per la nazione democratica e per l’autonomia locale sono fondamentali in questo secolo.

Arriviamo all’ultimo punto, quello dei compiti per la ricostruzione delle forze democratiche. Öcalan non parla della costruzione di una nuova società ma della ri-costruzione di una società. Il background in cui questo viene detto è una nuova visione dell’etica, della società e della rivoluzione viste nel nuovo paradigma.

Öcalan crede che questi valori democratici siano ancora dentro la società e l’obiettivo delle forze democratiche sia renderli visibili e difenderli dagli attacchi che vengono dall’esterno.

La rivoluzione non è come nel vecchio paradigma – prendere il potere – ma liberare la società. Oggi rivoluzione significa un processo nel quale noi estendiamo la base di libertà della società per difendere i principi morali e politici contro lo stato nazione.

Vedendo la realtà attuale come una lotta tra stato e democrazia dobbiamo lavorare per estendere lo spazio della democrazia e diminuire quello dello stato. Per questo nell’ultimo capitolo si parla dei compiti per la ricostruzione che sono intellettuali, morali e politici. Portando a termine i compiti in questi tre campi sarà possibile raggiungere la libertà.

Parlando degli intellettuali si parte dalla constatazione che oggi la produzione di conoscenza è fatta per gli interessi della modernità capitalista e ciò avviene nelle università, che sono parte di questo problema. Occorre lavorare per una rivoluzione mentale in questo processo di liberazione e bisogna costruire le proprie istituzioni intellettuali. Öcalan ha proposto la costruzione di accademie alternative come spazi liberi in cui la società può ritrovarsi per discutere e risolvere i propri problemi. Dopo questa proposta in Kurdistan sono state fondate tante accademie in cui attivisti e società si incontrano per risolvere i problemi.

Nel libro vengono fatte molte proposte per ognuno di questi compiti. Parlando dei compiti morali mostra come il capitalismo attacca tutti i giorni gli aspetti morali della società e dice che non è la legge che tiene la società insieme ma i valori sociali e quindi dobbiamo renderli più forti. Su questo punto in Rojava hanno discusso un nuovo contratto sociale in opposizione alle leggi calate dall’alto dallo stato.
Per quanto riguarda i compiti politici Öcalan ridefinisce cosa si intende per politica, chiamandola l’arte della libertà. Oggi ne abbiamo una concezione sbagliata nella modernità capitalista perché pensiamo ai politici, al parlamento, alla burocrazia. Ma la politica nel confederalismo democratico significa risolvere i problemi. Lo stato e il capitalismo non fanno politica, amministrano soltanto. La società fa politica e lo stato fa amministrazione.

Nel libro ci sono esempi storici in cui mostra come la politica sia la società che si ritrova per risolvere problemi. Questo processo di fare politica/risolvere problemi è il processo di liberazione della società. Tutti nella società possono fare politica, non è una professione esclusiva. Per questo bisogna costruire istituzioni locali (comuni, consigli) in cui praticare l’arte della libertà.

Questo è l’ultimo compito dato ma vanno tutti insieme e intersecati: rivoluzione mentale, fare politica e difendere la morale, ricostruzione modernità democratica.

Questa è una proposta per qualunque forza democratica, non solo per il Kurdistan.

Nei due libri successivi del Manifesto applica la sociologia della libertà al medio oriente e al Kurdistan. I titoli sono: “La crisi della civiltà in Medio Oriente e la soluzione della civiltà democratica” e “Manifesto della rivoluzione del Kurdistan”, entrambi non sono ancora tradotti in italiano.
Questa metodologia della sociologia della libertà può essere usata per la nostra regione/contesto.

Alcuni stimoli al dibattito

In questa recensione condividiamo alcuni stimoli emersi durante la presentazione sulla questione dello stato, della globalizzazione, dell’educazione e della critica e autocritica. Sono schematiche ma l’auspicio è a un continuo approfondimento e confronto.

La discussione inizia con una considerazione sul superamento da parte del sistema capitalistico della forma dominante statuale a favore delle forze “multinazionali”.  È stata così posta la questione se si può vedere nello Stato una forma di alleato per difendere le leggi di protezione sociale (welfare, sanità, scuola ecc.).
Per quanto riguarda il punto sullo stato, la morale e la politica su molte cose in realtà è d’accordo, quando si parla di welfare state, diritto di voto, manifestazioni etc esse sono conquiste della società. Non bisogna avere una visione di bianco o nero per quanto riguarda lo stato.

Lo stato e la civiltà democratica già esistono e già sono interlacciati. La sfida è vedere le idee proposte del libro come un rafforzamento della base della modernità democratica. Siamo dentro un processo nel quale sottrarre spazio allo stato a favore della democrazia. Non possiamo pensare che lo stato si elimini dall’oggi al domani.

Anche Öcalan riconosce che ci siano delle leggi progressiste e che sia importante la lotta all’interno della cornice delle leggi ma questo non significa avere aspettative sullo stato.

Il punto è riconoscere la realtà dello stato e sviluppare una sicurezza in se stess* e nella propria autorganizzazione come società. Questo serve per essere più forti e sicur* nel rapporto con lo stato e accrescere la propria autodeterminazione.

Il Rojava è un buon esempio. C’è lo stato siriano e non si vuole avere uno stato a parte, ma il  riconoscimento delle istituzioni autonome. Questa negoziazione è parte della lotta, però lo stato siriano prende sul serio questa prospettiva perché esistono le istituzione autonome.

Su educazione e critica/autocritica è importante riprendere il concetto di societicidio. L’educazione svolge un ruolo fondamentale per superare queste cose non solo per la società ma anche per l’organizzazione delle forze democratiche. In Rojava ci sono accademie per ogni età della società: per esempio per imparare la propria madrelingua in scuole libere. Nelle Accademie si fa lavoro culturale ma non obbligatorio. Poi c’è un altro tipo di Accademia, quella delle donne che è autonoma. Anche arabi, armeni possono avere le loro accademie autonome. Le accademie sono in base ai bisogni della società.

L’istruzione serve per una mentalità comunale; per ricostruire la personalità di una persona, non si tratta di edifici.

Quando parliamo di uguaglianza dei generi non si tratta di eliminare la figura maschile ma andare avanti insieme. Se la donna va avanti e l’uomo rimane indietro la società non riesce a camminare.

Un altro aspetto importante della formazione, oltre quello rispetto allo società, è sulle forze democratiche. Questo ci permette di pensare il cambiamento e la rivoluzione nella conoscenza e nell’organizzazione come legate. Non può esistere un’organizzazione, che non passa per un’educazione differente, che non potrà arrivarci da quelli che oggi sono socialmente considerati i luoghi del sapere (scuole, università etc). Rivalutare l’educazione è una sfida verso l’alienazione in cui siamo immers*. Un esempio è quando parliamo di storia ed educazione: è rompere l’idea di progressismo di dover andare avanti, che è costante sia negli insegnamenti a scuola, sia di come spesso ci organizziamo nelle lotte.

Noi stess* siamo parte della società e abbiamo interiorizzato comportamenti, discorsi, etc.
Già negli anni ’80 Öcalan proponeva di “analizzare la società e non l’individuo, non il presente ma la storia”. Questo è l’insegnamento filosofico centrale quando parliamo di critica e autocritica.

Le forze democratiche possono veramente cambiare la realtà e il modo di riflettere che abbiamo. Le domande che ci facciamo hanno a che fare con la formazione avuta e spesso riguardano più il sistema che noi. Come facciamo ad aprire accademie che non sono ufficiali? Come possiamo eliminare la moneta?

In Rojava è stato fatto, ci sono state tante perdite e sbagli ma, quando la società si unisce a livello mentale, si può fare. Come era successo in Spagna contro Franco. È un modello, non bello come vogliamo. Il Rojava è come un bambino che deve crescere. Fare una rivoluzione dentro una guerra e ri-costruire la società è veramente difficile: “Camminando quando penso, pensando quando cammino” dice Öcalan.

Anche la rivoluzione cambierà con il tempo, così come è cambiata rispetto al passato. Questa alternativa è per il XXI secolo, questa alternativa può essere modificata.

Uno stimolo è quello di relazionarsi a questa presentazione/libro cogliendo l’oggetto della discussione. Non sono delle opinioni, ma proposte che si inseriscono dentro un processo rivoluzionario e in un contesto di elaborazione di idee dentro una prigione in un’isola. Farlo scandalizzandoci.  

Questo invito è importante sopratutto per frenare il dover sempre rispondere quando si parla di stato, visto che nessun movimento ha saputo porre un’alternativa su questo nodo.

Un altro scandalo è sulla sociologia: Öcalan parla di un’inversione metodologica del sapere. Non si tratta dell’erudizione magniloquente del filosofo e delle sue idee ma della sociologia come parola autentica che diventa prassi, dal militante della comune sino all* compagn* che vivono in Europa. Questo rende indivisibile la trasformazione della realtà, quindi la politica e la militanza, dallo studio come una caratteristica del popolo. Il popolo fa la sociologia perché il popolo è la fonte del sapere. Questo è uno scandalo in una militanza e una società abituata a separare.
Il terzo scandalo riguarda i concetti proposti: morale, società democratica, politica… questo non solo rispetto alle nostre tradizioni. Anche sulla parola democrazia, a noi viene in mente lo stato, l’arco istituzionale e che noi siamo contro.
Il ragionamento su cui dovremmo misurarci è: “è vero o no che per noi esiste come dna della storia e dell’umanità un qualcosa che esiste oltre la società capitalistica del dominio dello stato? Pre-esiste questo qualcosa chiamato società democratica? Esistono queste regole comuni o siamo solo noi come individui con le nostre opinioni e abitudini?”.

Questo testo avviene 165 anni dopo “Il capitale” di Marx che insieme al “Manifesto del partito comunista” interpretava in Europa occidentale una certa tendenza di possibilità di rivoluzioni. Questo movimento e questi testi, indicano degli orizzonti che possano nutrire le nostre aspirazioni future da qui a 150 anni?

Rispetto alla riflessione sulla società democratica come involucro della società: Marx parlava di valore d’uso e valore di scambio, cioè il lavoro inteso come utilità che pre-esiste alla sua forma in merce e denaro. È un bisogno della storia e dell’umanità trasformare per mangiare, vivere e riprodursi ma il capitale l’ha trasformato in una merce.

Questa proposta che ha linguaggi, parole, categorie che noi non conosciamo è un’illuminazione che va in quella direzione (di Marx) e anzi l’arricchisce nei buchi che c’erano.

Lo scandalo ha a che fare con la voglia di misurarsi nel dare nuovi significati a dei limiti che viviamo, delle proposte pratiche per risolvere i problemi del nostro tempo. Non si tratta di fidelizzarsi a delle parole ma di misurarsi su queste sfide.

“Cerco di capire la storia cogliendone le sue dimensioni universali, perché fondamentalmente credo che le storie locali siano prive di significato senza una storia universale – credo che questo sia di valore fondamentale. Indubbiamente, anche le società più confuse possono essere illuminate dalla luce della storia universale. Inoltre, considero anche un principio importante quello per cui il presente è storia e la storia è adesso.” (p.31)

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La popolazione di Rojhilat partecipa allo sciopero generale nel primo anniversario dell’uccisione di Jina Mahsa Amini sotto la custodia della cosiddetta polizia morale di Teheran.

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Rapporto sui diritti umani: Le denunce di tortura in Turchia sono aumentate del 22%, la maggioranza proviene dalle regioni curde

La Fondazione turca per i diritti umani (TİHV) ha rivelato un aumento del 22% delle denunce legate a tortura e maltrattamenti nel corso del 2022. Si sospetta che una maggioranza significativa delle denunce provenga da minacce e percosse motivate politicamente, con il 68,8% delle richieste provenienti da regoni a maggioranza curda.