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Si scrive studenti si legge speculazione

Per quanto riguarda Bologna, è già da tempo che si pone sotto i riflettori quella che è la questione degli alloggi per  studenti fuori sede, che vede alle sue spalle un vero e proprio circuito di profitto che vive sulle tasche degli universitari.

Sono freschi di quest’ultima settimana, i dati delle indagini pubblicati da alcune testate giornalistiche di livello nazionale, con cui emerge la drastica situazione degli affitti in Italia. L’indagine si basa sui dati forniti da uno dei più grandi siti di annunci immobiliari in Italia, arrivando a definire come veri e propri dazi gli affitti che uno studente fuori sede, se non vincitore di un alloggio da parte di enti per il diritto allo studio, si ritrova a dover sborsare per accedere alle università più rinomate d’Italia. Milano e Roma in testa alla classifica, e subito dopo vi troviamo Bologna, che si aggiudica il terzo posto sulla classifica nazionale, con una media di ben 330 € per una singola e 240 € per una doppia! Ovviamente a fare da contorno vi è il terreno degli affitti in nero, che Bologna conosce bene -soprattutto nell’ambito degli alloggi per studenti -visto anche l’ultimo scandalo degli oltre 15 milioni evasi da parte di proprietari di case per affitti in nero.

Insomma, il risultato di questo editoriale suona quasi come un invito ai giovani che vogliono iscriversi in queste università a mettere da parte i propri sogni e rassegnarsi all’evidenza : le città universitarie sono posti dove la vita degli studenti viene monetizzata a favore degli speculatori edilizi della città. A dimostrazione di come lo studente venga gettato senza garanzie in un mercato immobiliare radicalmente perverso, in cui banche, agenzie immobiliari e palazzinari sono liberi di speculare sul bisogno d’alloggio di uno studente, vi è un ulteriore scandalo tutto bolognese. Il caso della Gestip, grande agenzia immobiliare a cui si rivolgono una buona parte di studenti fuori sede a Bologna, che per“mancanza di liquidità” ha adottato la politica di non restituire le caparre ( di due mensilità, che vanno dai 600 agli 800 € ) ai suoi clienti . Quello che viene semplicemente ignorato in queste indagini è come questa situazione vada a inserirsi nel rapporto tra le grandi realtà universitarie e la metropoli che le ospita, che non vede più la presenza degli studenti come “il privilegio di ospitare le giovani menti che da tutta Italia vengono ad alimentare la grande tradizione degli atenei italiani” ma come un guadagno che l’Università deve elargire alle lobby metropolitane.

L’università post-riforma d’altro canto è ben felice di fornire un guadagno a queste lobby, che poi reinvestiranno nella costruzione di nuovi centri d’eccellenza per la famosa casta dei “meritevoli”. Ed ecco che a fronte della dismissione degli studentati per i borsisti, delle mense che dovrebbero garantire pasti accessibili agli studenti che passano tutte le loro giornate dentro i locali dell’università, invece si decide di investire come un’azienda con: studentati di lusso dalle rette assolutamente inaccessibili per i normali studenti, centri studio con palestre e piscine, fino agli auditorium di comunione e liberazione dove i vari personaggi del potere cittadino e nazionale possono sponsorizzare le nuove idee di mercificazione del sapere e della metropoli come nuova (non troppo) frontiera per il potere del capitale. Questi dati ci indicano la situazione abitativa studentesca come un terreno da agire, dove pratiche basate sulla riappropriazione sappiano essere realmente incisive e riproducibili nella lotta per il redditoe la dignità.

Diverse esperienze a livello nazionale hanno già tracciato la rotta di cosa significa dare battaglia sulla questione abitativa nel mondo della formazione, e ancora in maniera più ampia su forme di riappropriazione di quel welfare studentesco sempre più dismesso e privatizzato. Provare sempre di più ad allargare ed estendere questo fronte, analizzando nuovi terreni di contesa come quello degli affitti, su cui inchiestare e produrre nuove forme di lotta e riappropriazione che possano portarci ad alludere ad un insubordinazione sempre più larga alla manovre d’impoverimento.

I piani delle classi dirigenti che negli ultimi anni si sono succedute nel mondo della formazione vedono il costituirsi di un blocco, sempre più ampio e compatto di giovani e studenti, che riprende in mano la propria vita e si scontra duramente con le politiche dell’ Università -Azienda figlia della crisi. Un blocco che va a posizionarsi con tutte le altre realtà che lottano contro la mercificazione delle nostre vite dentro e fuori dall’università nei tempi dell’austerity.

tratto da Univaut

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