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Scoprire una forza. In ogni casa nessun rimorso: materiali pt.1

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Pubblichiamo gli interventi della fase seminariale della due giorni In ogni Casa Nessun Rimorso tenutasi a giugno a Pisa. Un workshop in cui le prospettive di metodo sulla lotta contro l’emergenza abitativa si sono confrontate con alcune esperienze pratiche di lotta.

Questa è la prima di tre parti che pubblicheremo nelle prossime settimane.

 

L’idea è quella di formarci come compagni e compagne che da anni lottano sul terreno dell’abitare, di condividere valutazioni tecniche su questo scontro politico a partire dalle esperienze di lotta che in questi anni abbiamo fatto.

Abbiamo pensato una scaletta di articolazione di un discorso specifico, partendo dal fatto che la lotta sull’emergenza abitativa non è una lotta che possiamo pensare di articolare tenendo gli strumenti sempre uguali a se stessi: quali sono i dispositivi sia istituzionali sia della controparte che si sono affermati negli ultimi anni?

Abbiamo diviso il discorso in tre fasi che corrispondono a tre astrazioni, cioè tre ipotesi di momenti in cui si articola una generica lotta sul terreno della morosità incolpevole, sul terreno di chi non ce la fa a pagare. Ecco le tre fasi che abbiamo individuato:

1) valutazione introduttiva di metodo su che cos’è per noi il conflitto sull’abitare e l’emergenza abitativa. La prima fase parte dal momento della stipula del contratto della casa, dall’immissione della persona nel libero mercato.

2) Morosità, con tutto ciò che è annesso rispetto al come la morosità si produce, come questo debito di produce e quali sono le conseguenze e gli effetti e qui quali sono le possibilità di scontro.

3) Emergenza abitativa, articolata in una serie di diversi dispositivi.

 

 

  1. Nota introduttiva di metodo e prima fase dell’emergenza abitativa: contratto d’affitto nel libero mercato

    1,1 Una nota di metodo: cosa significa confliggere sul terreno dell’abitare

Prima di entrare nello specifico una questione di metodo per noi importante è definire cos’è l’emergenza abitativa e cos’è il Progetto Prendocasa. Questa è anche la premessa che durante gli sportelli affrontiamo e condividiamo con le famiglie. Questa questione sta al principio perché spesso le persone che si rivolgono agli sportelli intendono e vedono noi come un soggetto estraneo che prova ad assisterli e a dargli una mano col loro disagio. Un po’ come si strutturano tutti i sindacati inquilini e in alcuni frangenti anche pezzi di movimento di lotta per la casa. Per noi invece la premessa da cui partire è un’altra, in modo da rovesciare quel meccanismo di assistenzialismo, estraneità e di delega di un problema.
Rispetto alla questione del che cos’è l’emergenza abitativa è importante mettere subito in chiaro che non è un qualcosa che riguarda una singola persona, un singolo individuo o che riguarda chi “poverino è stato sfortunato e ha commesso degli errori e si ritrova in una situazione per cui non riesce più a pagare l’affitto”.

È importante ribaltare questa retorica, che viene introiettata dal primo momento in cui il nucleo in difficoltà si rivolge alle istituzioni, agli uffici preposti e agli stessi sindacati inquilini, ossia che il problema è individuale, il non riuscire a pagare è una colpa di cui si è responsabili.

 

È invece centrale e fondante mettere il punto sulla questione politica che genera l’emergenza abitativa. Molte persone che si rivolgono ai nostri sportelli hanno timore e vergogna della propria condizione, unita alla non conoscenza dei loro diritti; parliamo di nuclei che negli anni passati non avrebbero mai pensato di ritrovarsi in una situazione simile.

Per questo è importante trasmettere il fatto che non è una situazione che vivono solo loro ma riguarda centinaia e centinaia di famiglie. Questo dato può sembrare un numero buttato lì però è reale, a Pisa sono circa duemila famiglie che si ritrovano con una procedura di sfratto in corso o che hanno una morosità e sono dunque a tutti gli effetti in emergenza abitativa.

Questo è un primo dato, un numero che però indica un discorso. Arriviamo al nodo delle cause politiche che generano l’emergenza abitativa: queste cause hanno a che fare con dei responsabili ossia i grandi proprietari, i grandi costruttori e l’amministrazione politica del PD, nel nostro caso.

 

Nominiamo questi tre soggetti perché sono protagonisti del processo di urbanizzazione nella nostra città, e la consequenziale crescita esponenziale dell’emergenza abitativa con i suoi risvolti sociali e politici.

 

Nella nostra città, basta guardare a Cisanello, un quartiere periferico sviluppatosi negli ultimi cinquant’anni dove sorgeva una palude: ora è un agglomerato di cementificazione, palazzi enormi che contano decine di migliaia di appartamenti. La densità di popolazione è elevatissima. Questa cementificazione è stata portata avanti da grandi costruttori, come per esempio Bulgarella, ce ne sono anche molti altri e hanno spesso e volentieri contatti con la criminalità organizzata. Negli ultimi anni le istituzioni hanno concesso varianti urbanistiche, piani regolatori, condoni in cambio di favori come voti alle elezioni, supporto economico per le campagne elettorali etc.. questo permette ai grandi costruttori di cementificare e costruire basandosi sul criterio della costruzione e cementificazione selvaggia e quindi immediatamente della rendita. Qui arriviamo ai grandi proprietari che in queste nuove costruzioni comprano decine e decine di appartamenti, a Cisanello la maggior parte degli sfratti che abbiamo difeso in questi anni ogni proprietario aveva in media dalle 10 alle 15 case, fino ad arrivare ad alcuni che ne avevano 40. Questa è la medietà del medio-grande proprietario che campa sulla rendita e sull’emergenza abitativa.

Questo processo di urbanizzazione, di costruzione e di rendita è quello che noi troviamo già dal primo momento degli sportelli a condividere con le famiglie, così da cercare di avere un quadro della questione, ovvero non darci una mano tra di noi, fare mutuo aiuto per “chi poverino si è trovato sotto sfratto” ma invece organizzarci e metteci contro rispetto ad una questione politica e sociale generale che è l’emergenza abitativa. Provare a far rispettare i propri diritti, anche questa parola per noi è molto importante, correlata al discorso delle responsabilità politiche e dei responsabili. La questione dei diritti è il primo momento in cui agli sportelli riusciamo a condividere il fatto che dobbiamo essere noi in prima persona a far rispettare i nostri diritti, quello che spetterebbe in termini di legge, e per riuscirci non si può delegare ma c’è invece bisogno di un’attivazione in prima persona di chi ha i problemi.

Questa è la premessa con la quale attraverso gli sportelli, quindi dal primo momento di incontro con famiglie nuove che soggettivamente sono disperate e vivono un dramma. La disperazione di chi ha paura di essere buttato fuori di casa, di chi guadagna talmente poco che non riesce a arrivare alla terza settimana del mese e quindi a far campare i propri figli. Rispetto a questa disperazione qui, attraverso questo discorso che proviamo a stabilire con le famiglie, proviamo a ribaltare questa situazione e a far emergere soggettivamente la questione del far valere i propri diritti e affermare una forza.

Quello di forza è un concetto chiave non immediatamente comprensibile a chi si rivolge agli sportelli della lotta per la casa, però anche questo tema fa per noi parte di un nodo che rientra sempre nella premessa di metodo. Quando parliamo di forza le parole che utilizziamo per provare a spiegarlo sono tre: una è la questione del numero, trasmettere che il problema non è individuale ma politico, c’è bisogno di un’organizzazione comune tra le persone che hanno questo problema. L’altra parola che utilizziamo dopo quella di essere tanti è quella che bisogna essere determinati, cioè di non avere paura del procedimento di sfratto che si vive, perché questo procedimento non è solo un problema individuale e che ti organizzi insieme ad altri, diventa un problema politico e del padrone di casa che non riscuote più l’affitto.

Attraverso questo discorso cerchiamo si superare la paura e la caratteristica soggettiva della disperazione che ogni famiglia che si rivolge al nostro sportello ha. Come terzo per spiegare la questione della forza usiamo il discorso della conoscenza, e anche l’appuntamento di oggi è per noi compagni costruito su quest’indicazione qui: conoscere i nostri diritti, i dispositivi della controparte, le possibilità di organizzazione e di lotta. Questo concetto di forza che già nell’immediato, a partire dalla premessa che dicevamo prima, è prioritario condivide con le famiglie che si rivolgono ai nostri sportelli. Ovviamente tutto questo cercando nel corso del tempo di sviluppare anche un linguaggio differente da quello che sto usando ora. Nella maniera in cui si riesce davvero a condividere e far comprendere questi passaggi attraverso gli sportelli, le famiglie poi ovviamente hanno bisogno di un percorso di scambio e reciprocità e passaggi per far sì che questo discorso dalle “chiacchiere” e dalla comprensione anche sommaria diventi invece un’assunzione soggettiva di una forza e di una consapevolezza.

Questo è l’incipit che attraverso gli sportelli, dunque il primo momento in cui parliamo con le famiglie che conosciamo proviamo a condividere. Adesso, per entrare un pò più nello specifico delle fasi descritte prima iniziamo dalla prima fase.

 

1,2 Stipula del contratto della casa, immissione nel contratto del libero mercato

 

La prima fase è quella del contratto di affitto e del momento in cui la famiglia in locazione ancora paga l’affitto. Per noi nel corso degli anni è stato un tema di dibattito a cui abbiamo dato la giusta importanza sopratutto nell’andare avanti del nostro progetto di lotta per la casa. Dico questo perché spesso qualche anno fa affrontavamo la lotta sulla casa come lotta all’emergenza abitativa, quindi una fase in cui le famiglie erano già entrare in una situazione di sfratto. Questo ha iniziato ad essere un limite: le famiglie soggettivamente quando si ritrovano già in una situazione di sfratto hanno già assunto e interiorizzato una paura e una disperazione che gli impedisce di maturare la forza, la determinazione, la consapevolezza che è necessaria per resistere allo sfratto e per risolvere la propria emergenza arrivando a un alloggio popolare o a un affitto più basso. Su questo nodo del momento in cui le famiglie sono in affitto è un qualcosa su cui noi puntiamo molto, il nostro sportello è strutturato in maniera per cui sia da subito attraversabile anche da chi non ha uno sfratto. Attrezzare lo sportello per questi soggetti vuol dire modificare il nostro linguaggio, adottare degli strumenti nuovi che permettano di iniziare un rapporto da subito senza dover aspettare il momento dello sfratto per poter iniziare un percorso di lotta con queste famiglie. Entrando più nello specifico il momento in cui le famiglie ancora pagano è importante perché già lì c’è uno scontro e un conflitto che si basa su alcuni nodi che possono sembrare banali ma invece esprimono in maniera latente uno scontro di classe tra chi è un inquilino, composizione subalterna, e il proprietario di casa, il padrone, chi comanda e detta la legge attraverso il contratto d’affitto.

Questi nodi siamo riusciti a tirarli fuori e a individuarli in maniera un pò schematica: la sproporzione che c’è tra la casa e il canone d’affitto. Nella nostra città gran parte degli alloggi sono vecchi e mostrano tanti limiti strutturali (muffa, umidità, mobilio, caldaie) e di manutenzione (ordinarie e straordinarie), un affitto di 650€ per una casa di 35mq che tra l’altro c’ha i muri neri incrostati, ogni 2 mesi devi sistemare la caldaia e spenderci dei soldi perché il proprietario non te la vuole sistemare. Queste possono sembrare questioni da sindacatino ma invece sono importanti perché sono il primo momento in cui le famiglie maturano un odio nei confronti del proprietario, anche se nella maggior parte dei casi quest’odio non hanno il coraggio di buttarlo fuori.

Ad esempio attraverso gli sportelli una prima cosa che facciamo con le famiglie che pagano l’affitto ma non ce la fanno più, vivono situazioni simili a quella raccontata, cioè il 90% delle famiglie, è prendere il contratto, fare un elenco di tutte le cose che non vanno bene e come passaggio politico di contrapposizione è prendere il telefono, chiamare il proprietario “oh questa cosa spetta a te mi devi imbiancare la casa, sistemare la casa, comprare i mobili, pagare il condominio etc”. Questi aspetti sono il primo passaggio per noi di “verifica” per vedere la disponibilità di una famiglia a mettersi in gioco in un percorso di lotta insieme a noi e dall’altro lato mette alla prova la stessa soggettività della famiglia. Anche fare una chiamata di questo tipo è una difficoltà da superare, ansia, tremori ma una volta che fanno questo passaggio inizia la conoscenza e la comprensione. Iniziano a capire che il proprietario, questo demone che ha il potere di decidere sulle loro vite poi è semplicemente una persona che ha stipulato un contratto d’affitto che deve essere rispettato da entrambe le parti. È già un bel passaggio di soggettivazione laddove in questa prima fase prevale la disperazione e la paura inizia ad emergere sicurezza, consapevolezza e quindi anche volontà di dire in faccia quello che covi dentro da tanto tempo.

Un altro aspetto è la sproporzione tra il proprio reddito e il contratto d’affitto. Questo è un altro nodo fondamentale che ha a che fare con il salario perché tante delle famiglie che sono con noi si ritrovano o che avevano un’attività che negli anni dal 2008 al 2011 è fallita o chiusa a causa della crisi, da essere anche ceto medio a non arrivare a fine mese. Oppure a tante famiglie che hanno un solo reddito, lavorano part time o full time ma il contratto d’affitto risulta essere o equivalente al salario o l’affitto è comunque più di metà del salario percepito. Rispetto a questa situazione c’è un’impossibilità oggettiva a pagare nonostante soggettivamente le famiglie che hanno questo tipo di problema qui non dicono immediatamente che non vogliono pagare, anzi si vergognano del fatto di non poter pagare, fanno i sacrifici, tanti fanno prestiti in banca, alle finanziarie.. si giustificano dicendo “io ho sempre pagato ma adesso non ce la faccio più”. Questi sono i caratteri soggettivi che contraddistinguono questi soggetti quando si ritrovano in questa prima fase di emergenza abitativa e in questa prima fase di lotta attraverso gli sportelli. Dopo di che questa contraddizione viene fuori nel momento in cui c’è questa condizione oggettiva di non poter pagare per questa sproporzione tra reddito e salario che alle lunghe logora il rapporto tra inquilini e proprietario e porta ad uno scontro che lasciato a se stesso porta le famiglie ad essere schiacciate, il passaggio alla morosità, allo sfratto e vengono subito buttate fuori di casa con la depressione.. alcuni per evitare lo sfratto hanno reazioni autolesioniste, picchiano la testa sui muri, minacciano di buttarsi dalla finestra…

Rispetto a questo nodo qui quello che noi facciamo a partire dallo sportello e dai passaggi attraverso gli uffici preposti che ci sono assieme alle famiglie è chiamare assieme la proprietà e iniziare a dirgli “guarda io da questo mese non ce la faccio a pagare l’affitto, facciamo un tavolo d’incontro, parliamo dell’affitto ci sono diverse possibilità, per esempio facciamo un contratto d’affitto più basso. Questo passaggio è ancora più difficile per le famiglie anche rispetto a quello che dicevo prima sulle manutenzioni, perché è impensabile per una famiglia arrivare a dire al proprio proprietario “non ce la faccio a pagare l’affitto abbassamelo”. Però dal momento in cui c’è questa contraddizione oggettiva c’è una sicurezza e un riconoscimento collettivo in un’organizzazione a questo punto fare la telefonata per quanto difficile diventa uno strumento di soggettivazione tanto quanto il passaggio che dicevo prima rispetto al discorso delle manutenzioni. Quindi chiamare il proprietario comunicargli di volere un contratto d’affitto più basso altrimenti “io smetto di pagare”, a questo punto siamo noi con la lotta a decidere di smettere di pagare, la morosità e l’insolvenza diventano immediatamente uno strumento politico di attacco al padrone di casa invece che un qualcosa contro l’inquilino che lo porta a essere disperato a essere buttato fuori di casa.

L’ultima questione è il rapporto che c’è tra proprietario e inquilino, un pò quello che ho raccontato parlando di questi due nodi precedenti, sostanzialmente la leva dello scontro e del conflitto sull’abitare sta tutta qui nel rapporto tra proprietario e inquilino laddove questo immediatamente è un rapporto di potere, un rapporto di classe tra chi sta sopra e chi sta sotto. Il proprietario di casa nella maggioranza dei casi è anche disponibile e gentile nei confronti dell’inquilino nel momento in cui paga il canone d’affitto e nel momento in cui è “regolare” ma alla prima difficoltà, e si parla anche solo di ritardi, già lì il rapporto si mostra per quello che è. Il proprietario chiama “però siamo già in ritardo di cinque giorni, come mai non riesci a pagare, però cerca di organizzarti” e lì inizia questa pressione nei confronti dell’inquilino che cresce nel momento in cui il ritardo di cinque giorni diventa di 10 giorni, di 1 mese etc.. dal momento in cui inizia una morosità. Questo rapporto ha una valenza importante perché le famiglie stesse ne sono completamente subalterne, vittime, hanno paura e sono disperate anche solo nel parlargli al telefono.

Quindi questo conflitto è quello che noi ci prefissiamo di ribaltare: siamo noi che chiamiamo il proprietario, che chiediamo di abbassare l’affitto, non solo come una procedura militante, tecnica di risoluzione di quel problema ma sopratutto come crescita soggettiva dell’individuo che scopre la forza che può mettere in campo, del ribaltamento che può operare… dev’essere lui che fa intendere al proprietario che se lui non paga l’affitto è il proprietario che non riscuote, il problema è del proprietario non dell’inquilino! Qui sta la crescita soggettiva, qui si marca una differenza tra quello che è assistenzialismo e quello che è lotta per la casa e possibilità di conflitto su una questione fondamentale! Sul tema dell’abitare si parla di un mercato e di un business che anche per la controparte è centrale.. si parla di equilibri e di poteri che non sono banali ma strategici per la controparti. Costruire un conflitto, ribaltare quelle procedure e quei processi di accumulazione della controparte è immediatamente conflittuale, una trasformazione dell’esistente. Questa era un’introduzione sulla premessa che facciamo agli sportelli di lotta per la casa e una narrazione di quella che abbiamo chiamato prima fase, ossia chi ancora paga.

 

Inciso su alcuni nodi trasversali…

Il primo è il rapporto tra quello che viene detto alla singola famiglia quando si rapporta negli uffici istituzionali, degli assistenti sociali, del comune ossia che non ci sono risorse. Su questo viene incrementata una paura che la famiglia interiorizza e sulla quale loro giocano. Viene detto che non ci sono le abitazioni da assegnare quando invece vediamo che nei quartieri popolari ci sono alloggi vuoti con le porte blindati; ci sono centinaia di alloggi privati tenuti vuoti per far lievitare i prezzi degli affitti e grazie alle leggi del libero mercato alloggi di 40mq fatiscenti arrivino a costare tantissimo. Dall’altra parte ci sono queste risorse abbandonate ma che di fatto è troppo lontano come prospettiva di ribaltamento nel caso di una situazione di sfratto vissuta in maniera individuale. Questa situazione è evidente ogni volta che una famiglia si reca agli uffici comunali e vede la bacheca delle chiavi attaccate con scritto “alloggi sfitti” e sono dietro la schiena dell’impiegato con cui dialoga. Già vedendo questa cosa qui la persona che ha lo sfratto, emerge l’odio.. Andando al catasto e vedendo queste situazioni la retorica delle scarse risorse viene meno.

Il secondo punto di questo nodo trasversale su tutte le fasi è il meccanismo perverso del debito e del senso di colpa che viene interiorizzato. L’impossibilità a non pagare vine vissuta come una tua colpa che non riesci a soddisfare, il meccanismo dei prestiti e delle finanziare risolvono solo momentaneamente il debito che poi invece si trasferisce dal proprietario alla finanziaria, sino ad arrivare a Equitalia nei casi peggiori. Da vent’anni a questa parte con l’abolizione della legge sull’equo canone (1998) questo meccanismo è stato accelerato e incrementato, le risposte che approfondiremo nella fase successiva sono quelle del servizio sociale, dell’umiliazione quando la legge del mercato è dettata dai proprietari di casa e dagli organi come Confedilizia che li tutelano e continuano a tenere il costo degli affitti su una determinata cifra che negli anni è aumentata mentre i salari sono scesi o spariti.

L’ultimo punto di questo inciso è quello dell’individualizzazione del problema: il problema è tuo, il senso di colpa viene fatto pesare ancora di più, la colpa è della famiglia che non si è sbattuta troppo per cercare lavoro o che è una scansafatiche. Questo viene detto negli uffici. Sappiamo che la dimensione non è mai individuale ma collettiva, che ci si può mettere insieme, ogni problema singolo. Questo è un punto di forza per ogni singola persona o famiglia che ha lo sfratto che permette di avere la forza di costruire una resistenza non solo allo sfratto quando c’è ma anche nell’affrontare le paure connesse a quest’evento. Questa dimensione collettiva va tutta costruita, in prima persona poi dalla famiglia dev’essere superato questo meccanismo in cui ci viene detto che la colpa è nostra, che il problema è individuale.  

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