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“Per la strada non sarei più tornata” – una storia delle battaglie per l’abitare a Cagliari Ep.1

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Pubblichiamo di seguito la prima puntata di una serie di approfondimenti dedicati alla storia delle lotte per l’abitare nella città di Cagliari. Si tratta di un riadattamento di una tesi di laurea Magistrale curata da Gavino Santucciu che esamina una parabola di conflitto sociale nel capoluogo sardo a partire dagli anni ‘60. Lo sviluppo edilizio, l’inurbamento, l’affermarsi di un nuovo proletariato urbano e la contraddizione dell’abitare sono al centro dello studio. In particolare ci sembra particolarmente interessante ripercorrere una serie di pratiche di lotta e organizzazione che contraddistinsero quelle decadi: i comitati di quartiere, le lotte per l’autoriduzione, le lotta sui servizi, le scuole popolari. Una vivacità che ancora oggi sorprende e che rimette al centro l’attualità di interrogativi sempre vivi: come costruire forme autonome e collettive di decisione sulle condizioni della riproduzione sociale nelle nostre periferie?

Introduzione

Fin dal secondo dopoguerra la città di Cagliari si è sviluppata in modo disordinato e privo di regole. Sono nati quartieri popolari, come Sant’Elia e Is Mirrionis, privi dei servizi fondamentali per le tantissime persone che andavano ad abitarci; il suo centro storico, Castello e Villanova, ha progressivamente accentuato il suo degrado; il centro cittadino, da cui era espulso chi non era in grado di sostenere l’alto costo degli affitti, ha visto aumentare il numero delle banche e degli uffici presenti.

La narrazione riguardante la città ha sempre posto in risalto l’egemonia che la grande imprenditoria edilizia ha esercitato sui processi urbanistici del capoluogo sardo. Una narrazione talmente forte per cui è difficile conoscere anche solo superficialmente i processi di lotta che, invece, tra gli anni ’60 e ’80 si sono opposti a questa egemonia, pretendendo maggiori servizi nei quartieri popolari, il miglioramento della situazione abitativa e una città più vivibile per chi vi abitava. Inizieremo da quest’articolo e per cinque puntate, un viaggio volto a conoscere la storia delle lotte per l’abitare sviluppatesi a Cagliari. Ciascun racconto si avvarrà delle riflessioni di alcuni protagonisti di quella importante esperienza.

Avremo modo di raccontare la nascita e lo sviluppo dei Comitati di quartiere a Sant’Elia, Castello, Stampace, Marina e Fonsarda, della Scuola Popolare di Is Mirrionis, del Coordinamento dei Comitati e Circoli di quartiere e del Comitato di lotta per la casa. Questi organismi furono in grado di raccogliere la domanda di partecipazione proveniente dagli abitanti declinandola in un’attività politica che, attraverso azioni volte alla riappropriazione di spazi abbandonati e a mettere pressione alle amministrazioni comunali, fu in grado di imporre all’attenzione dell’opinione pubblica il problema abitativo esistente in città.

Questa prima puntata sarà dedicata alla storia del Comitato di quartiere a Sant’Elia.

Il comitato di quartiere di Sant’Elia

La storia comincia con il comitato di quartiere di Sant’Elia. Quando il comune decide di smantellare Sant’Elia, di deportare dicevamo noi, la gente altrove, si crea un movimento per la difesa del quartiere, potrei essere impreciso ma siamo intorno alla fine degli anni ’60, forse il movimento di Sant’Elia già come riferimento ha ’67, però appunto, le lotte più decise le abbiamo alla fine degli anni sessanta, ’69-’70-’711.

Il quartiere di Sant’Elia nacque poco prima della fine della seconda guerra mondiale, quando per fuggire dalla città divenuta oggetto degli intensi bombardamenti alleati un centinaio di persone occupò il Lazzaretto, struttura sanitaria nata nel Medioevo, dando vita ad una comunità di pescatori. Tra il 1951 e il 1956 nacque il Borgo Sant’Elia, in cui andarono ad abitare non solo chi aveva occupato il Lazzaretto ma anche le persone che emigravano dai paesi della Sardegna e chi era espulso dalla zona centrale della città. La caratteristica del quartiere immediatamente visibile era l’assenza di servizi.

Dal punto di vista scolastico erano presenti soltanto una scuola elementare, una media e un asilo infantile. Dal punto di vista sanitario, invece, l’unico presidio presente era un ambulatorio che però funzionava solo alcune ore al giorno. Tra gli altri servizi presenti, possiamo citare solo una cabina telefonica, che spesso non funzionava, un tabacchino, una latteria e alcuni piccoli spacci di generi alimentari2. Per chi viveva nel quartiere il problema più sentito era la difficoltà a poter raggiungere il centro cittadino, distante circa tre o quattro chilometri.

Sant’Elia fu il risultato di una politica urbanistica favorevole alla grande imprenditoria immobiliare, che aveva l’obiettivo di costruire in estrema periferia dove il costo dei terreni era più basso e dove più ricche erano le occasioni di profitto. Negli anni ’50 furono costruiti 512 appartamenti, composti di un massimo di tre vani con una superficie di 54mq, in cui abitarono circa 470 famiglie. La spesa totale fu di 475 milioni, sostenuta in gran parte dal Comune e dalla Regione Sardegna3.

Nonostante ciò, per le classi dirigenti e imprenditoriali il quartiere non poteva avere la sola funzione di contenitore per i ceti meno abbienti della città. La sua straordinaria bellezza panoramica poteva essere sfruttata per ottenere maggiori profitti. Fu questo l’obiettivo che si poneva il piano particolareggiato approvato dal Consiglio comunale il 3 luglio 1968. Il Piano prevedeva la trasformazione del rione in un quartiere residenziale in cui avrebbero abitato circa 20.000 abitanti, da attuarsi attraverso l’abbattimento delle case fatiscenti del Borgo Vecchio e lo spostamento, si prometteva temporaneo, degli abitanti dal quartiere. Si pensava, inoltre, di creare strutture abitative moderne, di aumentare i servizi sanitari, sociali e scolastici, di creare un porticciolo e tre darsene dotate di tutte le attrezzature per gli sport nautici, di migliorare l’illuminazione pubblica e le linee di collegamento tra il quartiere e la città4.

Il piano fu accompagnato da molti quesiti: sarebbero potuti ritornare ad abitare nel quartiere i vecchi abitanti di Sant’Elia? Oppure sarebbero stati sostituiti da chi era in grado di sostenere le spese per l’acquisto dei terreni in cui sarebbero sorte le nuove abitazioni? La speculazione edilizia era in realtà il principale obiettivo di questo progetto? Erano queste le domande poste dal Comitato di quartiere, nato ufficialmente nel dicembre del 1971 grazie all’impegno di una ventina di persone tra cui studenti, lavoratori, abitanti del borgo e militanti della sinistra extra-parlamentare, del Pci e delle ACLI.

In particolare il Comitato chiedeva che l’abbattimento delle case del Borgo vecchio avvenisse solo dopo la costruzione delle nuove, in modo da non obbligare gli abitanti ad andarsene dal rione neppure provvisoriamente. Inoltre si chiedeva che il piano particolareggiato venisse incontro realmente alle esigenze delle persone che abitavano nel quartiere, sistemandoli in case finalmente adeguate e moderne, progettando attrezzature e servizi come una scuola a tempo pieno e un mercato, creando un porticciolo che fosse utile ai tanti pescatori presenti. Soprattutto, chiedevano che fosse progettato un quartiere realmente integrato con il resto della città5.

Il 18 febbraio 1972 il Comitato tenne la sua prima assemblea pubblica, cui parteciparono circa 300 persone, in cui furono indette due manifestazioni: la prima si svolse il 24 febbraio nel quartiere, cui parteciparono gli studenti della scuola media ed elementare presente nel rione; la seconda il giorno dopo, la cosiddetta “marcia sul municipio”, cui parteciparono migliaia di persone.

Unione Sarda 26 02 1972 Imponente marcia sul municipio di migliaia di abitanti di SantElia

Immediatamente fu chiaro sia al Comitato di Sant’Elia sia a moltissime realtà sociali e politiche dell’epoca che questa lotta poteva essere un momento ricompositivo fondamentale tra gli abitanti dei quartieri popolari e del centro storico della città.

Vennero organizzate alcune assemblee a cui parteciparono, tra gli altri, i Comitati di quartiere di Stampace, Sant’Elia, Sant’Avendrace, Castello e la Scuola Popolare di Is Mirrionis. Fu stilata una piattaforma comune di lotta, attraverso cui si chiedeva di costruire insediamenti a carattere economico e popolare in tutta la città e non solo nelle periferie; l’aumento dei servizi e il risanamento delle case presenti nelle frazioni e nel centro storico; il miglioramento e l’aumento di trasporti pubblici, scuole materne e a tempo pieno, asili-nido e servizi sanitari; la creazione di un nuovo piano regolatore a livello zonale6.

Furono inoltre organizzati altri cortei cittadini: il primo, cui partecipò un migliaio di persone, si tenne il 14 aprile 1972 e si concluse con l’occupazione temporanea della sala consiliare del comune, in aperta polemica con i rappresentanti delle istituzioni che quel giorno non erano presenti per discutere il problema abitativo esistente in città; il secondo si tenne, invece, il 7 aprile 1973 e vide la partecipazione di circa 6000 persone.

Finalmente nel dicembre del 1973 la lotta portata avanti ottenne i primi risultati concreti: l’8 dicembre il sindaco presentò a Sant’Elia un piano particolareggiato completamente modificato e più vicino alle esigenze degli abitanti. Il piano prevedeva la creazione di un quartiere realmente integrato con il resto della città, in cui sarebbero state costruite abitazioni moderne e sarebbero stati inseriti negozi, una farmacia, alcune rivendite del pane, un ambulatorio e un centro sociale.

Gli anni successivi, però, rappresentarono una cocente delusione per gli abitanti di Sant’Elia: i primi 265 appartamenti furono pronti soltanto nel dicembre del 1978, addirittura i servizi non videro mai la luce. È interessante a questo punto riportare una riflessione di uno dei protagonisti del Comitato, che descrive così l’incontro tenutosi tra sindaco e abitanti della borgata:

Quando ci fu quel confronto-scontro, perché si chiedeva inevitabilmente alla popolazione di approvare o no quel piano, si sono mossi intelligentemente perché non era mica obbligatorio sottoporlo all’opinione degli abitanti ma era funzionale. Non era obbligatorio perché loro potevano dire ok, questo è il piano, lo facciamo e boh, non rompete. Scelta sbagliata sarebbe stata perché poi noi avremo avuto gioco più facile nello spiegare che occorreva battersi per avere sì il nuovo quartiere ma non con quelle carenze progettuali, quindi i servizi, gli spazi lavorativi, spazi sociali, collegamenti con la città, bla bla bla7.

Così prosegue il racconto:

Ricordo benissimo che si era riempito il cinema parrocchiale in occasione di un’assemblea di quartiere. Se non ricordo male, è stata quella più partecipata. Un cinema quanti posti poteva avere? 200 posti, é un grande numero riuscire a muovere 200 persone in un quartiere popolare, è un grande successo, certo è che non è difficile quando poi imposti una vera e propria campagna di appoggio oppure di critica. In quell’assemblea noi ne siamo usciti sconfitti alla grande, perchè tutto quello che potevamo dire, erano le nostre riserve, beh ok le case nuove, però voi state facendo un altro ghetto, e, infatti, è il risultato.

Nonostante la vittoria parziale, il Comitato di Sant’Elia rappresentò un esempio per la nascita degli altri Comitati di quartiere.

Nella prossima puntata ci dedicheremo alla storia e alle attività della Scuola Popolare di Is Mirrionis.
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1 Intervista con Franco M. (pensionato, ex appartenente alla Scuola popolare dei lavoratori di Is Mirrionis e al Coordinamento dei Comitati e Circoli di quartiere), registrata a Cagliari, 7-12-2017.

2 Selis G.M., Produzione e consumo di sottoproletariato. Un ghetto urbano in Sardegna. Il borgo S.Elia a Cagliari, Edizioni della Torre, Cagliari, 1975.

3 Polo L.(coordinato da), Sant’Elia: connotazione, storia: progetto scuola, città, beni culturali, tempo libero, Cagliari, Municipio, 1990.

4 Un centro residenziale sorgerà a Sant’Elia, Unione Sarda 12 giugno 1968.

5 Si rimette in discussione il piano particolareggiato, Unione Sarda, 19 dicembre 1971, pag.5.

6 Imponente manifestazione per le case ai lavoratori, Unione Sarda, 7 aprile 1973.

7 Intervista con Antonello Pa., (presidente dell’ASCE, ex appartenente al Comitato di quartiere di Sant’Elia e al Comitato di lotta per la casa di Cagliari) registrata a Selargius, 14-11-2017.

 

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