InfoAut
Immagine di copertina per il post

Italiani brava gente


«Gli escrementi, la pipì e il sangue presumo fossero la conseguenza degli interrogatori. Tutti i mille militari della base sapevano che esisteva questa casetta chiamata “White House” e che serviva per fare delle procedure d’interrogatorio». «Il waterboarding sarebbe una stoffa che viene imbevuta d’acqua, viene messa in bocca, poi viene versata sempre più acqua per dare la stessa sensazione dell’annegamento». «C’erano posti sotterranei dove nascondevano questi iracheni. Gli italiani andavano a prendere i carcerati iracheni e gli dicevano: “Se ti comporti bene ti facciamo uscire. Ti facciamo lavorare per noi italiani”. Quando ha visto certe cose è rimasto sconvolto. Massimiliano non credeva a quello che aveva visto. Mi diceva: “Se lo racconto non ci credono”».

Il primo si chiama Leonardo Bitti, ed è un ex militare che ha passato vent’anni nell’esercito, andando in missione in Bosnia, Kosovo, Albania, Macedonia e Iraq. Il secondo è un militare senza nome, intervistato anonimamente da Luigi Pelazza de “Le Iene”; un militare che di professione faceva il torturatore. La terza si chiama Pina Bruno, ed è vedova di Massimiliano, uno dei diciassette militari italiani rimasti uccisi assieme a due civili nell’attentato suicida al comando italiano a Nassiriya il 12 novembre 2003. Tutti e tre testimoni credibili di come gli italiani in guerra non siano esattamente “brava gente”.
Negli ultimi vent’anni l’Italia ha inviato soldati in missione di pace in Somalia, Bosnia, Libano, Timor Est, Kosovo, Macedonia, Afghanistan, Iraq, di nuovo Libano. Ci è stato detto che siamo andati laggiù per esportare la democrazia, per proteggere la popolazione civile, per aiutare la ricostruzione di Paesi distrutti dalla guerra, sempre amati dalla gente, noi italiani, “brava gente”. Nel frattempo c’è stato il G8 di Genova con la Diaz e Bolzaneto, ci sono stati i tanti omicidi da parte di secondini nelle carceri e pestaggi a morte nelle stazioni di carabinieri e in quelle di polizia. Possibile che le nostre forze dell’ordine si siano comportate così male in Italia e così bene all’estero?
Bitti ha deciso di raccontare la sua esperienza con la tortura «solo adesso, perché, essendo uscito dall’ambiente militare, si prende piano piano anche il coraggio di dire determinate cose». La sua ultima missione è stata in Iraq, nel 2003.

«Parto per Nassiriya, dove faccio quattro mesi di missione. La basa si chiamava White Horse. Un giorno mi chiedono di portare una cisterna d’acqua in una zona top secret della base, dove avevano accesso solo poche persone. Do il mio nominativo, verificano che sono autorizzato e mi fanno accedere. C’è una casa bianca, che non sapevo neanche che esistesse, situata all’estremità della base, lontana dal passaggio di mezzi e persone. Una casa quadrata di un centinaio di metri quadri».

Due militari del Col Moschin davanti ai resti della base dei carabinieri a Nassairiya, saltata in aria il 12 novembre 2003.

«Parcheggio davanti all’ingresso. Vedo dei ragazzi. Alcuni col passamontagna calcato in testa, altri col passamontagna rivoltato, per cui si vedeva la faccia. Tutti in magliettina. E alcuni avevano anche il manganello in mano. Quelli che avevano il manganello erano del Battaglione San Marco. Mentre gli altri militari facevano parte delle truppe speciali: Col Moschin e Comsubin, paracadutisti d’assalto e incursori della Marina. Una trentina erano quelli del Battaglione San Marco, una decina quelli delle truppe speciali».

Il racconto prosegue: «Uno di loro mi dice: “Porta all’interno il tubo d’acqua”. Quando entro nella casa mi rendo conto che è divisa in tre ambienti: una stanzina piccola, una media e poi c’è un camerone grande. L’unica finestra era stata oscurata. La cosa impressionante era l’odore che si sentiva, sia di escrementi, sia di urine. Si vedevano anche dappertutto tracce di sangue. Do loro la pompa a loro e iniziano a fare quello che devono fare. Raccolgono tutti i residui d’abbigliamento che c’erano e vengono raccolti in sacchi, poi portati via».

«Esco da lì e mi avvicino verso le tende. All’interno di ogni tenda c’erano delle persone piazzate a semicerchio. Alcune col classico abito arabo. Altri, invece, erano anche nudi. Erano cinque o sei, inginocchiati, con i piedi incrociati, in modo che non si potessero sollevare, con le mani chiuse da delle fascette da elettricista e un sacchetto in testa. I militari che stavano lì dovevano evitare che tra di loro si scambiassero anche solo delle parole. Qualcuno di quelli nudi aveva chiari segni di manganellata».

Il Battaglione San Marco sfila a via dei Fori Imperiali durante la parata del 2 giugno. Secondo la testimonianza di Leonardo Bitti, alcuni dei torturatori apparterrebbero proprio a questa unità.

 

«Un giorno è arrivata un’ambulanza in fretta e furia. Sono entrati con del materiale sanitario e hanno operato all’interno. Quello che abbiano fatto non lo so». «Sono andato alla casetta per un paio di mesi, due-tre volte a settimana. I prigionieri erano sempre diversi», conclude Bitti.

Dunque, in Iraq sono stati inviati dal nostro comando militare alcuni torturatori, con lo scopo, appunto, di torturare. E non solo in Iraq. «Il mio è un bel lavoro. Molto retribuito. Mi paga lo Stato italiano. Mi piace perché giro. Sono stato in Iraq, Afghanistan, Kosovo, Timor Est, Somalia, tutte le missione all’estero». Il militare, la cui identità e reparto non sono dati da sapere (per la sua protezione), è stato intervistato alcuni anni fa da “Le Iene”, a volto coperto e con la voce modificata. Di professione fa il torturatore. Anche se ufficialmente risulta impiegato e a sua madre ha raccontato che fa l’impiegato a Milano. «Faccio questa professione da prima del 1993. Prima o poi lascerò il mio lavoro e aprirà un negozio di alimentari».

Alcuni militari italiani a Herat, in Afghnanistan.

 

«All’interno dell’esercito mi occupo d’interrogatori. Chi interroga viene chiamato “esecutore”, mentre l’interrogato “prigioniero”. I “prigionieri” sono dei terroristi che minacciano il nostro Paese. Vengono individuati e rapiti. Non posso dire dove vengono custoditi». La sua confessione è cruda, senza fronzoli, essenziale. Non mostra mai segni di pentimento o di ravvedimento. Il suo è un lavoro come un altro, e lui è un esecutore come un altro. Non è responsabile di ciò che fa, del dolore che somministra. «L’interrogatorio termina quando si ha quello che si vuole ottenere. Vado avanti fino a quando non parla. Non importa se dice la verità o no. Non sono io che devo sapere se ha detto la verità. Io lo faccio parlare e basta. Non mi è mai capitato di interrogare due volte la stessa persona, e non ne ho più rivisto uno, neppure per caso. Se lo incontrassi non gli direi niente. Ma nemmeno lui, perché durante l’interrogatorio io ho il passamontagna e alla persona viene coperto il viso, quindi, non saprebbe riconoscermi».

«Gli interrogatori si svolgono in ogni luogo idoneo. Non posso dire che vi partecipa. L’interrogatorio avviene in italiano. Ci facciamo capire con la violenza».

alt

L’intervista al torturatore fatta da “Le Iene”.


 

«L’interrogatorio viene fatto per avere delle informazioni. La tortura avviene subito dopo l’interrogatorio, se la persona non parla. L’interrogatorio si svolge così: si prende la persona, la si porta in un posto, si inizia a fargli delle domande. Nel caso questa persona non dia delle risposte specifiche allora si inizia con il trattamento, fino a quando non si riesce a far parlare il prigioniero. Non c’è un tempo limite di durata».

«Calci, pugni, manganellate. Viene usata la corrente, viene incaprettato, viene attacco e messo in un sacco che viene sospeso per aria. Gli vengono anche fatte delle feci e dell’urina addosso, a questa persona. Soffocamento. Tutto quello che può servire per farlo parlare. La persona fisicamente deve crollare. Oltre agli schiaffi e ai pugni, mandare la corrente ai genitali è molto efficace. Mi è capitato di minacciare qualcuno, di umiliare qualcuno, di picchiare qualcuno, di ferire qualcuno, ma mai di violentare qualcuno. Per quanto riguarda eventuali mutilazioni inferte non posso dire nulla. Come non posso dire se ho mai ucciso qualcuno durante un interrogatorio».

alt

Ignazio La Russa e Silvio Berlusconi. Nel 2003 erano, rispettivamente, ministro della Difesa e presidente del consiglio. Potevano non sapere?


«Non posso dire dove vanno i prigionieri dopo l’interrogatorio. Quello che posso dire è che la percentuale delle persone che parla è molto soddisfacente. Non posso nemmeno dire se quello che faccio è legale. Ho imparato a farlo dove lavoro. Ci sono dei manuali. Ci sono dei corsi. E anche degli esami finali».

Corsi? Manuali? Esami finali? Per fare tutto ciò deve esistere una vera struttura. Ci devono essere degli ordini. Devono essere state prese delle decisioni molto in alto. Al vertice delle forze armate? Al vertice del ministero della Difesa? Al vertice del governo? Chi ha deciso? Chi è a conoscenza del fatto che i militari italiani praticano la tortura e vengono pagati per farlo?

alt

Pina Bruno, moglie di Massimiliano, uno dei carabinieri morti nella strage di Nassiriya.

«”Ho visto il carcere di questi iracheni, una cosa squallida, bruttissima, nudi”, mi aveva raccontato mio marito. Quando ha visto certe cose, era proprio stravolto. Massimiliano ha informato i suoi superiori, ma senza alcun esito». La vedova del carabiniere Massimiliano Bruno, deflagrato a Nassiriya, insieme ad altre diciotto persone, non ha dubbi su questo punto. Pina venne intervistata dal Tg3 pochi giorni dopo i funerali di Stato. «Massimiliano mi disse che ognuno aveva un compito. C’era una persona che comunicava quello che aveva visto, quello che succedeva e quello che stava per succedere. Tutte le informazioni arrivavano all’Italia. Tutte. È assurdo che dicono che non sapevano niente».

Com’era logico che fosse, arrivarono subito le smentite. Nessuno Stato ammetterebbe mai di violare il diritto internazionale e la Convenzione dei diritti dell’Uomo. «Il ministero della Difesa non ha mai avuto alcuna notizia o informazione da parte di qualsiasi fonte circa trattamenti dei prigionieri non conformi alle norme del diritto internazionale umanitario». «Il comando dell’Arma dei carabinieri non è mai venuto a conoscenza di sevizie nei confronti di detenuti da parte di appartenenti alle forze della coalizione».

Ma la testimonianza di Pina Bruno fu impietosa. Il marito le aveva raccontato tutti gli orrori a cui aveva assistito. «Non credeva a quello che aveva visto: se me lo raccontavano non ci credevo. Trattati peggio degli scarafaggi, mi ha detto».

alt

 

di Franco Fracassi

fonte: popoff

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

esercitoguerra

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Festival Altri Mondi / Altri Modi: i video della terza edizione

Si è conclusa la terza edizione del festival Altri Mondi / Altri Modi. Anche quest’anno centinaia di persone hanno condiviso quattro intense giornate di confronto, dibattito, socialità ed arte all’interno del giardino di Askatasuna.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Sulla guerra in OpenAI e sull’intelligenza artificiale che promuove le diseguaglianze

Continuiamo la pubblicazione di contributi in vista della terza edizione del Festival Altri Mondi / Altri Modi che si terrà dal 10 al 13 aprile a Torino. Di seguito potete trovare un interessante articolo di Stefano Borroni Barale sull’intelligenza artificiale. Stefano parteciperà al dibattito di giovedi 10 aprile alle 18 dal titolo “Transizione energetico-tecnologica: intelligenza artificiale, sfruttamento e […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Estrattivismo e scambio ineguale

L’estrattivismo è un concetto proveniente dal Sud globale. Deriva dal termine portoghese “extrativismo”, che originariamente si riferiva alle attività commerciali che coinvolgevano i prodotti forestali esportati nelle metropoli capitaliste.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’intelligenza artificiale, lo Studio Ghibli e la natura del capitalismo

Sta generando molte polemiche il nuovo aggiornamento di ChatGpt che permette di creare immagini nello stile dello Studio Ghibli. A gettare benzina sul fuoco l’utilizzo spregiudicato che l’amministrazione Trump sta facendo di questo generatore di immagini per propagandare la sua campagna di deportazione degli immigrati. Sono molti i temi che apre questo aggiornamento: dal dibattito […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Conflitto sociale, repressione, media: ancora il caso Askatasuna

Richieste di risarcimenti stratosferici, interventi a gamba tesa di vertici giudiziari, aggressioni mediatiche a catena: la criminalizzazione del conflitto sociale si arricchisce di nuove pagine.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Marx nell’Antropocene

Un convegno a Venezia dall’approccio interdisciplinare invita a ripensare le possibili traiettorie di convergenza tra marxismo ed ecologia.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Islam politico e religione: reazione o possibilità emancipatrice? 

A gennaio 2025 a Torino è stata organizzata una auto-formazione con Said Bouamama, storico militante algerino che abita in Francia e con cui avevamo già avuto modo di confrontarci in passato. Le pagine che seguono sono la trascrizione (e traduzione) di una parte di quel momento e quindi restituiscono il flusso del discorso direttamente dalle sue parole.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Geopolitica e lotta di classe nella crisi di sistema

0. Si apre un tempo di incertezza, che non fa ancora epoca. Per conquistarne l’altezza, occorre rovesciare il punto di vista. E cogliere, nell’incertezza del tempo, il tempo delle opportunità. da Kamo Modena 1. «La fabbrica della guerra». Abbiamo voluto chiamare così un ciclo di incontri dedicati a guardare in faccia, da diverse angolature e […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Intervista esclusiva all’Accademia della Modernità Democratica e Foza Yusif, membro del comitato di co-presidenza del Partito di Unione Democratica (PYD)

Abbiamo avuto l’occasione di realizzare questa intervista all’Accademia della Modernità Democratica con al suo interno un contributo (citato tra virgolette) di Forza Yusif, membro del comitato di co-presidenza del PYD..

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Tecnotrumpismo. Dalla Groenlandia al caso DeepSeek

Trump è diventato il referente politico delle Big Tech e non è una congiuntura.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Stop al riarmo, contro il Partito della Guerra. Organizziamoci verso e oltre il primo maggio

Le parole d’ordine uscite dall’assemblea per la costruzione dello spezzone del primo maggio torinese parlano chiaro: organizzarsi per stoppare il riarmo generale, contrastare il partito della guerra

Immagine di copertina per il post
Antifascismo & Nuove Destre

Per liberarsi dalle guerre: resistenza. Da ottant’anni il nostro modello. Il 25 aprile a Quarticciolo

“Per liberarsi dalle guerre: Resistenza. Da ottant’anni il nostro modello”: con queste parole d’ordine è stato lanciato il 25 aprile 2025 del quartiere Quarticciolo, a Roma, nell’ottantesimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

La lunga frattura – Un contributo al dibattito su guerra e riarmo

In questi mesi la storia corre veloce, in poco tempo alcuni dei capisaldi su cui si è retto l’ordine mondiale definitivamente consolidatosi dopo il crollo del muro di Berlino stanno vivendo profonde tensioni e ristrutturazioni.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sulla morte di Papa Francesco

In un mondo in cui comanda la prevaricazione e l’ipocrisia la morte di Papa Francesco segna un passaggio politico della nostra storia.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Armarsi per salvare il capitalismo finanziario! La lezione di Rosa Luxemburg, Kalecki, Baran e Sweezy

Per quanto grande sia una Nazione, se ama la guerra perirà; per quanto pacifico sia il mondo, se dimentica la guerra sarà in pericolo.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

NATO incontra Palantir: un’analisi critica del sistema di guerra basato su IA della NATO

È notizia di oggi che il 25 marzo 2025, la NATO ha finalizzato l’acquisizione del Maven Smart System NATO (MSS NATO), una piattaforma di guerra basata su intelligenza artificiale integrata sviluppata in collaborazione con Palantir Technologies. Acclamato come un passo avanti nelle capacità decisionali operative, il MSS NATO rappresenta l’ennesimo esempio dell’integrazione dell’IA nella sfera […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Come gli europei vanno incontro all’era complessa

Continuiamo la pubblicazione di contributi in vista della terza edizione del Festival Altri Mondi / Altri Modi che si terrà dal 10 al 13 aprile a Torino. Di seguito potete trovare un interessante articolo di Pierluigi Fagan sulla congiuntura europea. Fagan parteciperà al dibattito di sabato 12 aprile alle 16 dal titolo “Scenari della guerra globale“. L’articolo è apparso […]

Immagine di copertina per il post
Formazione

Immaginare un contropercorso nelle scuole, partire dalle condizioni oggettive della lotta

Ci troviamo in una fase in cui le organizzazioni studentesche della politica anti-istituzionale da anni si muovono solo in un terreno tattico di risposta alle grandi dichiarazioni scandalose dei politici e dei padroni, molto spesso assumendole come punto di vista generale.