
Israele sta perpetrando un olocausto a Gaza. La denazificazione è l’unica soluzione possibile
Di seguito traduciamo da 972mag l’importante presa di posizione di Orly Noy, presidente del consiglio direttivo di B’Tselem e attivista del partito politico Balad. B’Tselem è un’Ong israeliana che si occupa di informare sulle violazioni dei diritti umani nei territori occupati.
Il micidiale etno-suprematismo insito nella società israeliana è più radicato di Netanyahu, Ben Gvir e Smotrich. Deve essere affrontato alla radice.
La città di Gaza è avvolta dalle fiamme, mentre l’esercito israeliano dà il via alla sua tanto minacciata offensiva terrestre dopo settimane di bombardamenti incessanti. Il primo ministro Benjamin Netanyahu, già oggetto di un mandato di arresto internazionale con l’accusa di crimini contro l’umanità, ha descritto questo ultimo assalto come una “operazione intensificata”. Vi esorto a guardare le immagini che arrivano da Gaza per capire cosa significhi realmente questo eufemismo.
Guardate negli occhi delle persone colpite da un terrore senza pari, nemmeno nei momenti più bui di questo genocidio durato due anni. Guardate le file di bambini ricoperti di cenere distesi sul pavimento insanguinato di quello che un tempo era un centro medico: alcuni sono ancora vivi, altri urlano di dolore e paura, mentre mani disperate cercano di confortarli o di curarli con le poche forniture mediche rimaste. Ascoltate le urla delle famiglie in fuga senza una meta. Osservate i genitori che setacciano l’inferno alla ricerca dei propri figli; arti che spuntano da sotto le macerie; un paramedico che culla una bambina immobile, supplicandola invano di aprire gli occhi.
Quello che Israele sta facendo nella città di Gaza non è il tragico risultato di eventi caotici sul campo, ma un atto di annientamento ben calcolato, eseguito a sangue freddo dall’«esercito del popolo», ovvero dai padri, dai figli, dai fratelli e dai vicini di noi israeliani.
Come mai, nonostante le testimonianze sempre più numerose provenienti dai campi di concentramento e di sterminio di Gaza, in Israele non si è sviluppato alcun movimento di rifiuto di massa? È davvero inconcepibile che dopo due anni di questa carneficina solo una manciata di obiettori di coscienza si trovi in prigione. Persino i cosiddetti “rifiutanti grigi” – soldati di riserva che non si oppongono alla guerra per motivi ideologici, ma sono semplicemente esausti e ne mettono in discussione lo scopo – rimangono troppo pochi per rallentare la macchina della morte, figuriamoci per fermarla.
Chi sono queste anime obbedienti che mantengono in funzione questo sistema? Come può una società così profondamente divisa – tra religiosi e laici, coloni e liberali, kibbutznik e cittadini, immigrati di vecchia data e nuovi arrivati – unirsi solo nella volontà di massacrare i palestinesi senza un attimo di esitazione?

Negli ultimi 23 mesi, la società israeliana ha tessuto una rete infinita di menzogne per giustificare e rendere possibile la distruzione di Gaza, non solo agli occhi del mondo, ma soprattutto ai propri. La principale di queste menzogne è l’affermazione che gli ostaggi possano essere liberati solo attraverso la pressione militare. Tuttavia, coloro che eseguono gli ordini dell’esercito, seminando morte su Gaza, lo fanno ben sapendo che potrebbero uccidere gli ostaggi nel processo. I bombardamenti indiscriminati su ospedali, scuole e quartieri residenziali, insieme al disprezzo per la vita degli israeliani tenuti in ostaggio, dimostrano il vero obiettivo della guerra: lo sterminio totale della popolazione civile di Gaza.
Israele sta scatenando un olocausto a Gaza, e non può essere liquidato come la volontà dei soli attuali leader fascisti del Paese. Questo orrore va ben oltre Netanyahu, Ben Gvir e Smotrich. Quello a cui stiamo assistendo è la fase finale della nazificazione della società israeliana.
Il compito urgente ora è porre fine a questo olocausto. Ma fermarlo è solo il primo passo. Se la società israeliana vuole tornare nell’alveo dell’umanità, deve sottoporsi a un profondo processo di denazificazione.
Una volta che la polvere della morte si sarà posata, dovremo ripercorrere i nostri passi fino alla Nakba, alle espulsioni di massa, ai massacri, alle confische di terre, alle leggi razziali e all’ideologia di supremazia intrinseca che ha normalizzato il disprezzo per i popoli nativi di questa terra e il furto delle loro vite, delle loro proprietà, della loro dignità e del futuro dei loro figli. Solo affrontando questo meccanismo mortale insito nella nostra società potremo iniziare a sradicarlo.
Questo processo di denazificazione deve iniziare ora, e inizia con il rifiuto. Il rifiuto non solo di partecipare attivamente alla distruzione di Gaza, ma anche di indossare l’uniforme, indipendentemente dal grado o dal ruolo. Il rifiuto di rimanere ignoranti. Il rifiuto di essere ciechi. Il rifiuto di rimanere in silenzio. Per i genitori, è un dovere necessario proteggere la prossima generazione dal diventare autori di crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

La denazificazione deve anche includere il riconoscimento che ciò che è stato non può rimanere. Non sarà sufficiente sostituire semplicemente l’attuale governo. Dobbiamo abbandonare il mito del carattere “ebraico e democratico” di Israele, un paradosso la cui morsa ferrea ha contribuito a spianare la strada alla catastrofe in cui siamo ora immersi.
Questo inganno deve finire con il chiaro riconoscimento che rimangono solo due strade: o uno Stato ebraico, messianico e genocida, o uno Stato veramente democratico per tutti i suoi cittadini.
L’olocausto di Gaza è stato reso possibile dall’adozione della logica etno-suprematista insita nel sionismo. Pertanto va detto chiaramente: il sionismo, in tutte le sue forme, non può essere ripulito dalla macchia di questo crimine. Bisogna porvi fine.
La denazificazione sarà lunga e onnicomprensiva, toccando ogni aspetto della nostra vita collettiva. Probabilmente sacrificheremo altre generazioni – sia vittime che carnefici – prima che questo flagello sia completamente sradicato. Ma il processo deve iniziare ora, con il rifiuto di commettere gli orrori che si verificano quotidianamente a Gaza e il rifiuto di lasciarli passare come normali.
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